Tratto da: Ministero Interno 
 
Territorio e autonomie locali 11 Luglio, 2025
Categoria 06 Deliberazioni Comunali e Provinciali
 
 
Sintesi/Massima

La previsione regolamentare, sebbene finalizzata a garantire una maggiore trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa, incide su un quadro normativo che può essere modificato solo dal legislatore statale.

Testo

(Parere n.11899 dell’8.4.2025) Si fa riferimento alla nota del …, pervenuta a quest’Ufficio in data …, con la quale una Prefettura, nel trasmettere la richiesta di parere del sindaco di …, ha chiesto se l’ente possa prevedere, nel regolamento per l’alienazione del patrimonio immobiliare comunale, l’ampliamento della platea di soggetti esclusi dalla partecipazione alle procedure aperte finalizzate alla vendita di beni comunali. In particolare, il sindaco dell’ente in parola, per prevenire eventuali controversie, ha chiesto se sia possibile, al fine di garantire una maggiore trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa, ampliare i soggetti che non possono partecipare all’asta per l’alienazione dei beni immobili e, quindi, se sia corretto quanto previsto nel sopra citato regolamento all’articolo 8, comma 19, che di seguito si riporta “Oltre ai casi previsti dall’articolo 1471 del codice civile, non possono partecipare all’asta per l’alienazione dei beni immobili: coloro che si trovano in una causa di interdizione legale o giudiziale ovvero in una delle condizioni che comportino incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione; i dipendenti del Comune che abbiano preso parte o prendano parte alla procedura di alienazione e che abbiano potere decisorio in merito; i professionisti, i titolari ed i legali rappresentanti delle società ovvero i dipendenti dell’Agenzia delle Entrate cui sia stato affidato l’incarico di valutare l’immobile – gli amministratori comunali in carica e i loro parenti entro il 4° grado – i soci degli amministratori in carica e dei parenti entro il 4° grado degli amministratori comunali in carica”. Al riguardo, in via generale si osserva che i comuni non hanno alcun potere legislativo; il potere regolamentare costituzionalmente previsto di loro pertinenza attiene alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite, come si evince dall’art.117, comma 5, Cost.. L’articolo 7 del d.lgs. n.267/2000, rubricato “Regolamenti”, attribuisce ai comuni un potere regolamentare di carattere normativo nei limiti delle competenze che sono loro proprie e che riguardano l’organizzazione ed il funzionamento delle istituzioni, degli organismi di partecipazione, degli organi ed uffici e dell’esercizio delle funzioni proprie (cfr. TAR Piemonte-Torino, sez.II, 17.10.2017 n.1125). Se il regolamento è competente a disciplinare l’organizzazione dell’ente, esso dovrà attuare e rispettare lo statuto, il quale ha la funzione di realizzare i principi stabiliti dalla normativa statale sugli enti locali. Riguardo alla questione in esame, occorre evidenziare che la stessa non rientra nella potestà regolamentare del comune, ma rientra nella legislazione esclusiva dello Stato, come espressamente stabilito dalla Costituzione all’art.117, comma 2, lett.l). Si evidenzia che in tema di espropriazione forzata il divieto di acquisto previsto, a pena di nullità, dal combinato disposto del primo comma, n.2, e del secondo comma dell’art.1471 c.c. si applica ai soggetti che istituzionalmente concorrono o possono concorrere allo sviluppo della procedura esecutiva e, quindi, ad esempio al giudice dell’esecuzione designato per la procedura e ai suoi sostituti istituzionali ed occasionali (cfr. Cass. civ., sez.III, 13.02.2019, n.4149). Il divieto in questione colpisce, quindi, solo coloro i quali, nell’esercizio di una pubblica funzione, prendono parte alla procedura relativa al trasferimento coattivo di un bene da un soggetto ad un altro (cfr. Cass. Civ.-sez.I, sentenza 10.02.2017, n.3618). L’articolo 1471 c.c. recante i “divieti speciali di comprare”, rappresenta una norma di carattere eccezionale ed, in quanto tale, insuscettibile di applicazione analogica, avente valenza solo per i casi in essa tassativamente contemplati (cfr. Tribunale di Larino, 21.03.2012, n.63). Ciò premesso, si osserva che il testo del comma 19 dell’articolo 8 del citato regolamento oltre a non poter ampliare le ipotesi dell’articolo 1471, potere che il comune non ha, sembra prevedere in alcune parti ipotesi già disciplinate da altre norme. In particolare, le ipotesi di divieto previste dall’articolo 8, comma 19, relative alla parte “coloro che si trovano in una causa di interdizione legale o giudiziale ovvero in una delle condizioni che comportino incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione …” sono ipotesi già contemplate in altre disposizioni normative, quali ad esempio dall’art.32 c.p. rubricato “Interdizione legale”, l’art.32 ter c.p. rubricato “Incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione” e l’art.32 quater c.p. rubricato “Casi nei quali alla condanna consegue l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione”. Quanto poi all’altra espressione contenuta nel citato comma 19, “… i dipendenti del Comune che abbiano preso parte o prendano parte alla procedura di alienazione e che abbiano potere decisorio in merito; i professionisti, i titolari ed i legali rappresentanti delle società ovvero i dipendenti dell’Agenzia delle Entrate cui sia stato affidato l’incarico di valutare l’immobile …”, si evidenzia che tale previsione sia già considerata dall’articolo 1471 c.c. e dalla relativa giurisprudenza in materia. Infatti, si osserva che il divieto di comprare stabilito dall’articolo 1471, n.2 c.c. si applica per esempio anche al custode dei beni pignorati o sequestrati il quale, pur non essendo citato è inquadrabile nella più generale categoria prevista al n.2 dell’articolo 1471 c.c. poiché, essendo un soggetto al quale viene affidato l’esercizio di una funzione pubblica temporanea da svolgere quale longa manus degli organi giudiziari, proprio in tale veste partecipa alla procedura esecutiva, provvedendo alla conservazione dei beni sottoposti a vincolo ed alla relativa amministrazione, eventualmente necessaria (cfr. Cass. Civ., 21.08.1985, n.4464). Relativamente all’ultima parte del citato comma 19 “… gli amministratori comunali in carica e i loro parenti entro il 4° grado – i soci degli amministratori in carica e dei parenti entro il 4° grado degli amministratori comunali in carica…” si ritiene che gli amministratori comunali già rientrino nel divieto posto dall’art.1471, comma 1 c.c. , mentre i soci degli amministratori e i parenti entro il 4° grado degli amministratori comunali non possono essere ricompresi nel divieto in quanto il comune non può legiferare in una materia di esclusiva competenza del legislatore statale. La previsione regolamentare proposta dal sindaco di …, sebbene finalizzata a garantire una maggiore trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa, incide su un quadro normativo che può essere modificato solo dal legislatore statale. L’ente locale potrebbe indicare nel regolamento, richiamandole espressamente, le fattispecie individuate dal legislatore statale in materia di divieti a contrattare con la Pubblica Amministrazione senza, tuttavia, introdurre previsioni che, come si è detto, si riflettono sul contenuto delle disposizioni statali vigenti in materia.

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