Deposito di documenti in secondo grado
Sentenza del 28/03/2025 n. 188 – Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo Sezione/Collegio 6
Intitolazione:
Nessuna intitolazione presente
Massima:
Nessuna massima presente
Testo:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
- Con sentenza N. 681/02/2023 depositata il 29.11.2023 la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Pescara rigettava il ricorso proposto da L. V. O. F. avverso l’intimazione di pagamento n. ——/000 emessa dall’Agenzia delle Entrate Riscossione relativa alla cartella n. —— per mancato pagamento tributi, imposte dirette oltre interessi e sanzioni.
- Dopo aver rigettato la preliminare eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione passiva sollevata dall’agente della Riscossione, i primi Giudici hanno ritenuto non maturata la prescrizione decennale della pretesa tributaria alla luce delle sospensioni e degli atti interruttivi intervenuti.
- L. V. O. F. presentava rituale appello, deducendo violazione e/o erronea applicazione dell’art. 32 D.Lvo 546/92per non aver rilevato la decadenza dell’Agenzia, costituitasi tardivamente in primo grado, dal potere di produrre documentazione, posto che la relata di notifica della originaria cartella risultava depositata oltre il termine prescritto ex art. 32 D.Lvo cit e, pertanto, non doveva essere presa in considerazione, considerato, altresì, che il ricorrente ne aveva anche espressamente eccepito la tardività e inammissibilità, non accettando il contraddittorio sulla documentazione così tardivamente depositata.
Pertanto, stante l’impossibilità di rilevare e ritenere provata l’esistenza di altri atti interruttivi diversi da quello impugnato, il termine decennale del credito tributario presupposto doveva considerarsi inutilmente spirato e, pertanto, il relativo credito prescritto, tenuto conto del tempo trascorso dall’anno di riferimento del debito – anno 2005 – alla data di notifica dell’unico atto interruttivo legittimamente valutabile e, cioè, l’intimazione impugnata avvenuta in data 9.9.2022. Il contribuente deduceva, altresì, violazione e/o erronea applicazione dell’art. 2948 n. 4 c.c. per il credito tributario e dell’art. 20 D.Lvo 472 del 1997 per le sanzioni, ritenendo che, nel caso di specie, sia per la natura del credito tributario sia per le sanzioni irrogate, che la prescrizione estintiva dovesse essere quella quinquennale.
- L’Agenzia delle Entrate Riscossione, ritualmente costituitasi nel giudizio di appello, contestava tutte le censure mosse dall’appellante, richiedendo l’integrale conferma della sentenza impugnata.
- All’udienza del 21/10/2024 la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Abruzzo rigettava l’istanza di sospensione della sentenza impugnata rinviando per la discussione all’udienza del 16/12/2024 all’esito della quale la stessa Corte di giustizia tributaria tratteneva la causa in decisione, depositando successivamente il dispositivo e la motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è infondato e va, pertanto, rigettato.
Va preliminarmente ribadita la ritualità della produzione, almeno in sede di gravame, della relata di notifica della cartella, posto che, secondo quanto più volte espressamente affermato dalla Corte di Cassazione, “nel processo tributario, il giudice del gravame potrà esaminare i documenti irritualmente prodotti in primo grado solamente nell’ipotesi in cui la parte provveda alla tempestiva costituzione nel processo di secondo grado ed al nuovo deposito secondo le formalità di legge” (così Cass. Sez. V, 26/6/2024 n. 17638; nello stesso senso Cass. Sez. V, 7/8/2024 n. 22328) e che, comunque, “ai sensi dell’art. 58 comma 2 D.Lvo 546/1992, le parti possono produrre in appello prove documentali, anche se preesistenti al giudizio di primo grado e pure se, in quast’ultimo giudizio era rimasta contumace, purchè tale produzione avvenga entro il termine perentorio di venti giorni liberi prima dell’udienza, in osservanza del diritto di difesa e del principio del contraddittorio. La produzione in appello della relata di notifica della cartella di pagamento non costituisce nuovo documento ai sensi dell’art. 58 D.Lvo 546/1992, purchè tale documento risulti preesistente e non sia stato precedentemente esibito per contumacia della parte” (Cass. Sez. V, 24/7/2024 n. 20550).
D’altro canto, il novellato art. 58 D.Lvo 546/92 consente la produzione in appello anche di nuovi documenti che il collegio ritenga comunque indispensabili ai fini della decisione, tanto più che, nel caso di specie, tale documentazione appare idonea a meramente supportare l’intervenuta irretrattabilità della pretesa tributaria dell’ufficio e, pertanto, a far ritenere non adeguatamente provata la prescrizione del credito e, cioè, la ricorrenza dei fatti estintivi il cui onere probatorio deve ritenersi gravante su parte ricorrente/appellante.
Deve, inoltre, ribadirsi che, con riguardo alla cartella oggetto dell’intimazione impugnata e considerata la natura del relativo credito tributario, il termine di prescrizione concernente le relative pretese creditorie erariali è certamente quello ordinario decennale ex art. 2946 c.c., stante l’assenza di una specifica disposizione derogatoria. Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, i crediti erariali, del tipo di quelli portati dalla cartella oggetto della presente impugnazione, non sono soggetti al termine prescrizione quinquennale previsto dall’art. 2948 n. 4 c.c. solo “per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi” (come riconosciuto per alcuni tributi locali quali TARSU, TOSAP e contributi di bonifica, v. Cass. Sez. V, 23.2.2010 n. 4283); bensì all’ordinario termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c., in quanto la relativa prestazione tributaria attesa l’autonomia dei singoli periodi di imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito, anno per anno, da una nuova e autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi (v. ad es. Cass. 6/6/2024 n. 15877 che ha espressamente affermato che il credito erariale per la riscossione di IRPEF, IRAP ed IVA e canone RAI si prescrive nell’ordinario termine decennale in assenza della previsione di un termine più breve; non opera l’estinzione quinquennale ex art. 2948, comma 1, n. 4 c.c. poichè l’obbligazione tributaria ha carattere autonomo ed unitario e il singolo pagamento non è legato ai precedenti ma risente delle nuove valutazioni circa la sussistenza dei presupposti impositivi; analogamente Cass. Sez. V 28/8/2024 n. 23215 secondo cui “in tema di riscossione di crediti tributari relativi a IRPEF ed IVA, il termine di prescrizione è quello ordinario decennale di cui all’art. 2946 c.c. Questo perché l’obbligazione tributaria ha natura autonoma e non periodica, con ogni periodo di imposta che costituisce un nuovo presupposto impositivo”).
Nel caso di specie, come già evidenziato nella motivazione della sentenza di primo grado, tenuto conto delle sospensioni e degli atti interruttivi ivi specificamente indicati, la prescrizione decennale non risulta maturata con riferimento al tributo oggetto dell’intimazione impugnata.
Le regolamentazione delle spese deve seguire il criterio generale della soccombenza
P.Q.M.
respinge l’appello e condanna l’appellante al pagamento delle spese, liquidate in € 3.000, oltre accessori di legge se dovuti