Il Codice Appalti si sofferma molto sulla disciplina delle esclusioni dalla gara per inaffidabilità, introducendo il principio della fiducia come elemento fondante nel rapporto tra stazioni appaltanti e operatori economici. Ma fino a che punto questo principio può estendere il margine di manovra delle amministrazioni? E in che modo deve essere esercitato il potere discrezionale per rimanere nei confini della legittimità?
A queste domande ha dato risposta il TAR Campania con la sentenza n. 3888 del 20 maggio 2025, fornendo indicazioni utili per chi, nel settore degli appalti, si confronta quotidianamente con le dinamiche dell’affidamento e della selezione degli operatori.
Il principio della fiducia, previsto dall’art. 2 del Codice, non è una mera dichiarazione di intenti. Esso rappresenta un riferimento concreto che attribuisce maggiore autonomia decisionale ai funzionari pubblici, soprattutto nelle valutazioni tecniche legate all’affidamento e all’esecuzione dei contratti. Tuttavia, come chiarisce il TAR, questa autonomia non equivale ad un potere illimitato. La discrezionalità, per quanto ampia, resta vincolata da limiti normativi precisi e non può trasformarsi in arbitrio. Il richiamo alla fiducia deve essere sempre accompagnato da un’analisi concreta e da una motivazione sostanziale, pena l’illegittimità del provvedimento.
Esclusione per inaffidabilità: quali condizioni devono sussistere
L’esclusione dalla gara per grave illecito professionale è una questione particolarmente delicata. Il TAR Campania ha ribadito che, per essere legittima, essa deve basarsi su tre elementi fondamentali:
- l’esistenza di una delle fattispecie previste dall’art. 98, comma 3 del Codice;
- l’utilizzo di un mezzo di prova idoneo, selezionato tra quelli indicati al comma 6 dello stesso articolo;
- una motivazione che spieghi perché quel fatto incide in modo concreto e attuale sull’affidabilità dell’operatore.
La valutazione deve essere specifica e contestualizzata: non è sufficiente il richiamo a precedenti provvedimenti o condotte passate se non si dimostra chiaramente il nesso con l’affidabilità nella commessa oggetto di gara.
Il caso in esame: automatismi e carenza di motivazione
Nel caso esaminato dal TAR, l’esclusione era stata disposta dalla Centrale unica di committenza senza una vera motivazione. Mancavano riferimenti espliciti al bene giuridico leso e alla gravità concreta della condotta. In sostanza, la stazione appaltante si era limitata ad un’applicazione automatica di precedenti, senza una valutazione autonoma.
Questo approccio è stato ritenuto in violazione dell’art. 98, che impone, al comma 7, una motivazione puntuale sull’idoneità del fatto a compromettere l’affidabilità dell’operatore, e, al comma 8, l’obbligo di esplicitare tutte le condizioni richieste. Inoltre, è stato violato il principio di proporzionalità, più volte richiamato anche dalla Direttiva 2014/24/UE, che impone una particolare cautela nell’applicazione di cause di esclusione non tipizzate.
Possiamo quindi affermare che la valutazione dell’affidabilità deve sempre essere svolta caso per caso, sulla base di elementi concreti, proporzionati e motivati. Non è ammissibile un approccio meccanico o la semplice riproposizione di giudizi formulati da altri soggetti, come l’ANAC o altre stazioni appaltanti.