di Luigi Fadda
Prima di parlare della durata del vincolo preordinato all’esproprio, è necessaria una precisazione preliminare.
I vincoli urbanistici preordinati all’esproprio consistono in previsioni urbanistiche da cui deriva l’inedificabilità di aree determinate, in attesa che le stesse vengano espropriate per la realizzazione di opere di interesse generale. Si tratta, dunque, di misure puntuali a contenuto particolare, perché precludono a specifici proprietari la facoltà di costruire, riservandola alla pubblica amministrazione per finalità collettive, previa apprensione del bene. Tali misure rappresentano una sorta di anticipazione dell’effetto ablativo che si produrrà mediante l’emissione del provvedimento espropriativo, destinando il bene che ne è interessato esclusivamente al fine pubblico cui mira la pianificazione.
Secondo costante giurisprudenza costituzionale, si tratta di misure che comportano come effetto pratico uno svuotamento, di rilevante entità e incisività, del contenuto della proprietà stessa, mediante imposizione, immediatamente operativa, di vincoli a titolo particolare su beni determinati (sentenza n. 6 del 1966, sviluppata nella successiva n. 55 del 1968, e, tra le più recenti, le sentenze n. 344 del 1995; n. 379 del 1994; n. 186 e n. 185 del 1993; n. 141 del 1992), comportanti inedificabilità assoluta» (sentenza n. 179 del 1999).
Sul piano costituzionale, il principale problema posto dai vincoli urbanistici preordinati all’esproprio attiene alla loro compatibilità con l’art. 42 Cost., che tutela il diritto di proprietà condizionando l’espropriazione per motivi di interesse generale al riconoscimento di un indennizzo.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 55 del 1968, ha dichiarato costituzionalmente illegittimi i numeri 2), 3) e 4) dell’art. 7, secondo comma, della legge n. 1150 del 1942, nonché l’art. 40 della stessa legge, nella parte in cui non prevedevano un indennizzo per le limitazioni espropriative a tempo indeterminato.
A seguito di questa sentenza, il legislatore statale, chiamato a sciogliere l’alternativa tra un indennizzo da corrispondere immediatamente, al momento dell’apposizione del vincolo di durata indeterminata, e un vincolo senza immediato indennizzo ma a tempo determinato, ha optato per tale seconda soluzione, con la legge n. 1187 del 1968, il cui art. 2, secondo comma, ha stabilito la durata quinquennale del vincolo, periodo comunemente detto di franchigia, durante il quale la necessità di corrispondere un indennizzo è esclusa.
Con la citata sentenza n. 179 del 1999 la Corte Costituzionale ha poi dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 7, secondo comma, numeri 2), 3) e 4), e 40 della legge n. 1150 del 1942, e 2, primo comma, della legge n. 1187 del 1968, nella parte in cui consentiva alla pubblica amministrazione di reiterare i vincoli espropriativi scaduti senza la previsione di un indennizzo.