Autore Alexandra Marrazzo
- La disciplina europea di riferimento
Le concessioni balneari rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (c.d. Bolkestein), a mente del quale «qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento». La norma prescrive altresì la durata limitata del titolo, l’impossibilità di introdurre meccanismi di rinnovo automatico e di accordare vantaggi agli operatori uscenti.
A livello sistematico, trattandosi di Direttiva dell’Unione, la norma doveva essere recepita dagli Stati membri entro due anni dall’adozione, pena l’avvio da parte della Commissione Europea di procedure di infrazione nei confronti dello Stato inadempiente.
L’Italia da una parte non ha recepito la prescrizione della Direttiva e dall’altra ha disposto a più riprese la proroga delle concessioni scadute.
- Le prime proroghe ex lege, le sentenze della Corte di Giustizia del 2016 e le sentenze nn. 17 e 18 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
Nel dettaglio, l’Italia ha prorogato le concessioni in scadenza dapprima al 31 dicembre 2015 e successivamente al 31 dicembre 2020, rispettivamente con il D.L. 194/2009 e il D.L. 179/2012.
In questo contesto sono intervenute le prime sentenze della Corte di Giustizia, che ha affermato l’incompatibilità comunitaria della proroga automatica delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative (cfr. CGUE, sez. V, 14 luglio 2016, cause riunite C-458/14 e C-67/15, Promoimpresa e Melis).
Ancora, la L. 30 dicembre 2018, n. 145 ha prorogato le concessioni in corso al 2018 fino al 31 dicembre 2033; tuttavia, la norma è stata ritenuta contrastante con il diritto dell’Unione laddove «prevede la proroga ex lege delle concessioni demaniali già rilasciate» (Ad. Plen. Cons. Stato, 9 novembre 2021, nn. 17 e 18).
- L’ulteriore proroga al 31 dicembre 2023; il parere del 2023 nell’ambito della procedura di infrazione della Commissione Europea n. 4118/2020; le sentenze della Cassazione e l’ulteriore intervento del Consiglio di Stato in materia di scarsità della risorsa delle coste
Nonostante i principi espressi dall’Adunanza Plenaria, la L. 5 agosto 2022, n. 118 ha previsto la perdurante efficacia fino al 31 dicembre 2023 delle proroghe e dei rinnovi adottati in conformità alla L. 145/2018. Con la L. 24 febbraio 2023, n. 14, la proroga è slittata al 31 dicembre 2024.
Ciò ha comportato anzitutto l’adozione da parte della Commissione Europea dell’ultimo parere motivato nell’ambito della procedura di infrazione n. 4118/2020 avviata contro l’Italia per il mancato recepimento della Direttiva in questione (cfr. Commissione europea 16 novembre 2023, n. INFR(2020)4118 C(2023)7231 final).
Al contempo, la sentenza Cass. SS.UU. 23 novembre 2023, n. 32559 ha annullato la sentenza n. 18/2021 dell’Adunanza Plenaria per soli motivi inerenti alla giurisdizione -senza entrare nel merito dei principi espressi in tema di proroghe ex lege dei titoli autorizzativi-. Sicché la pronuncia non ha concretamente intaccato i principi consolidati in tema di illegittimità delle proroghe.
Respingendo la tesi che pretendeva di attribuire legittimità alle proroghe per carenza del requisito della scarsità della risorsa naturale delle coste (che impone di per se l’indizione delle procedure) è stato ulteriormente giudicato che «tutte le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – anche quelle in favore di concessionari che avessero ottenuto il titolo in ragione di una precedente procedura selettiva laddove il rapporto abbia esaurito la propria efficacia per la scadenza del relativo termine di durata (Cons. St, sez. VII, 19 marzo 2024, n. 2679) – sono illegittime e devono essere disapplicate dalle amministrazioni ad ogni livello, anche comunale, imponendosi, anche in tal caso, l’indizione di una trasparente, imparziale e non discriminatoria procedura selettiva» (Cons. Stato, sez. VII, 20 maggio 2024, nn. 4479 4480 e 4481, cfr. anche Cons. Stato, sez. VII, 30 aprile 2024, n. 3940).
- La proroga al 31 dicembre 2027 e le recenti pronunce TAR Liguria, sez. I, 19 febbraio 2025, n. 183eConsiglio di Stato, sez. VII, 26 febbraio 2025, n. 1688
Da ultimo, il D.L. 16 settembre 2024, n. 131 ha prorogato le concessioni fino al 30 settembre 2027, facendo tuttavia salve le procedure competitive avviate prima dell’entrata in vigore della norma.
Oltre alla proroga ex lege, la norma ha introdotto disposizioni specifiche rivolte agli enti locali in relazione all’indizione delle procedure, tra le quali si segnalano:
– l’obbligo di indizione della procedura almeno sei mesi dalla scadenza del titolo;
– la durata della concessione commisurata alla remunerazione degli investimenti contenuti nel PEF, in ogni caso non inferiore a 5 anni e non superiore a 20 anni;
– i criteri da applicare per la valutazione delle offerte, volti a valorizzare le tradizioni locali, l’accessibilità e le pari opportunità;
– l’indennizzo nei confronti del concessionario uscente per gli investimenti non ammortizzati;
– la facoltà di riconoscere l’ulteriore “proroga tecnica” fino al 30 settembre 2028 in caso di contenzioso ovvero di difficoltà oggettive connesse al completamento della procedura.
Nonostante il tentativo del legislatore di razionalizzazione le proroghe in vista delle nuove gare, nel solco dell’orientamento già tracciato dagli organi di giustizia amministrativa diffusi sul territorio nazionale (cf. anche TAR Campania, sez. VII, 14 gennaio 2025, n. 365), la sentenza TAR Liguria, sez. I, 19 febbraio 2025, n. 183, ha affermato che la «disapplicazione investe oggi anche l’art. 1, comma 1, lett. a), n. 1.1), del d.l. n. 131/2024, conv. in l. n. 166/2024, che ha differito al 30 settembre 2027 il termine finale di durata dei titoli concessori (sul punto v. T.A.R. Liguria, sez. I, 14 dicembre 2024, n. 869)».
Il citato principio è stato da ultimo ribadito anche dal Consiglio di Stato, secondo il quale l’illegittimità delle proroghe ex lege delle «concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, e la conseguente disapplicazione di tale disciplina, costituiscono ormai acquisizione consolidata della giurisprudenza di questo Consiglio» (Cons. Stato, sez. VII, 26 febbraio 2025, n. 1688).
Non sembrano dunque residuare margini di incertezza circa la necessità di disapplicare le proroghe contrastanti con il diritto comunitario.
- Considerazioni finali
In questo contesto, ci si chiede quale sia l’approccio più corretto degli amministratori locali.
Da una parte, la norma nazionale di proroga delle concessioni è di per se efficace: conseguentemente, le concessioni prorogate potrebbero proseguire fino alla scadenza fissata dalla legge in assenza di un intervento delle amministrazioni locali.
Questo scenario esporrebbe tuttavia le amministrazioni a eventuali istanze di soggetti interessati volte a stimolare l’indizione delle procedure; nei confronti delle quali non è possibile escludere in radice il dovere di provvedere dell’amministrazione.
Dall’altra, nel momento in cui le amministrazioni comunali optassero per l’esercizio del potere, dovrebbero disapplicare la norma interna contrastante con il diritto comunitario; il che si tradurrebbe inevitabilmente nell’avvio di procedure competitive per l’affidamento della gestione dei tratti di litorale; attribuendo così definitiva prevalenza alla Direttiva Bolkestein e all’orientamento giurisprudenziale ormai granitico sul punto.
Per tal via, l’amministrazione non correrebbe particolari rischi: se gli operatori economici uscenti dovessero impugnare gli atti di indizione della procedura -ovvero gli atti di annullamento in autotutela delle proroghe espresse-, invocare la lesione della norma che impone la proroga potrebbe non risultare decisivo ai fini del riconoscimento della tutela anelata. Infatti, con buona probabilità, i giudici amministrativi disapplicherebbero la norma che dispone la proroga ex lege asseritamente violata.
L’avvio della procedura non frustrerebbe tuttavia necessariamente le aspettative degli operatori uscenti, che potrebbero comunque risultare aggiudicatari della procedura.
Come accennato, nell’ambito della valutazione delle offerte, i Comuni potranno inserire criteri che valorizzano: la qualità degli impianti anche sotto il profilo delle tradizioni locali; l’offerta di servizi integrati che valorizzino specificità culturali ed enogastronomiche del territorio; la fruibilità delle aree da parte degli animali; l’accessibilità delle persone con disabilità; l’esperienza tecnica rispetto alle attività turistico-ricreative comparabili.