A differenza della irregolarità di carattere tributario la cui soglia di gravità è fissata dall’art. 48-bis, commi 1 e 2-bis, D.p.r. 602/1973, il criterio di gravità della irregolarità contributiva è individuato dall’art. 3 del DM 30 gennaio 2015, mediante un meccanismo che demanda all’Autorità previdenziale il potere di assumere le relative certificazioni Durc;
Ciò posto, a marcare una prima differenza tra le due fattispecie rileva il fatto che l’art. 3, comma 2, DM. 30 gennaio 2015 contempla svariate ipotesi (di rateizzazione, sospensione dei pagamenti, compensazioni con crediti, ecc…) in cui “la regolarità sussiste comunque”, pur in presenza del superamento della soglia fissa indicata nel comma 3. Dunque la previsione in materia previdenziale rende sicuramente meno impattante e tutt’altro che ineluttabile e manifesta l’asserita disarmonia con il principio di proporzionalità ipotizzata per quella tributaria.
Un’ulteriore connotazione differenziale (e premiale) di quest’ultima rispetto alla prima è ravvisabile nell’art. 4, comma, 1 e 2 del DM 30 gennaio 2015, a norma del quale è previsto un termine (di 15 gg) che, ancorché non faccia immediatamente venir meno la regolarità, tuttavia, comportando l’inibizione delle verifiche durante la sua pendenza, concede all’impresa partecipante una possibilità di regolarizzazione che “in sostanza produce l’effetto – che premia la sollecitudine – di azzerare gli effetti della precedente situazione di irregolarità” (Cons. Stato, sez. VI, n. 8251 del 2024)