tratto da biblus.acca.it

Il TAR Lazio nella Sentenza 4557/2025 ha stabilito che, in assenza di elementi concreti che dimostrino un danno effettivo subito a causa della PA, non si può richiedere un risarcimento danni.

La decisione si fonda sul principio secondo cui l’ammissibilità di un ricorso richiede la cosiddetta “prova di resistenza“, ossia la dimostrazione che l’accoglimento del ricorso avrebbe potuto modificare l’esito della gara a favore del ricorrente.

Nel caso specifico, una gara pubblica era stata indetta per l’assegnazione di un servizio con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Un concorrente, insoddisfatto della valutazione delle offerte, aveva presentato ricorso chiedendo anche il risarcimento per il presunto danno subito. Tuttavia, il TAR ha dichiarato inammissibile l’istanza per mancanza di interesse, rilevando che il ricorrente non aveva fornito elementi specifici e concreti che potessero dimostrare la possibilità di ottenere un punteggio superiore rispetto all’aggiudicatario.

Secondo la giurisprudenza amministrativa, un ricorso è ammissibile solo se si dimostra che, senza le irregolarità contestate, il ricorrente avrebbe potuto risultare vincitore. Il giudice amministrativo può effettuare questa verifica solo se supportato da prove chiare e pertinenti presentate dal ricorrente. Nel caso in esame, tale dimostrazione è mancata, impedendo al tribunale di effettuare una valutazione prognostica sulla fondatezza della richiesta di risarcimento.

Il TAR ha ribadito, poi, che la responsabilità della PA ha natura extracontrattuale e si basa sui principi dell’articolo 2043 del Codice Civile, che richiede la presenza di un nesso di causalità, di un danno ingiusto e della colpa o del dolo dell’Amministrazione. Se l’operato della stazione appaltante è legittimo, viene meno uno degli elementi fondamentali per il riconoscimento del risarcimento, escludendo la possibilità di ottenere una compensazione per il presunto danno subito.

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