tratto da mauriziolucca.com

In generale, l’occupazione di un’area pubblica (strada/piazza) richiede un titolo autorizzatorio, che può variare in relazione alla natura (destinazione) del bene, potendo, in presenza di determinate circostanze, sottrarre il bene dall’uso collettivo (senza possibilità di sottrazione dalla destinazione), avendo cura di giustificarne le ragioni: un esercizio della discrezionalità amministrativa nella comparazione di due interessi (quello privato richiedente e quello pubblico concedente)[1].

Destinazione dei beni pubblici

Si può, altresì, sottrarre il bene dalla sua particolare destinazione pubblica con la sdemanializzazione[2], con una destinazione per scopi diversi, dove le parti del rapporto assumono posizioni paritetiche: manca l’esercizio di un potere sovrano da parte della PA, passando dal regime autorizzatorio della concessione (per l’utilizzo temporaneo del bene) al contratto (di locazione per l’utilizzo del cit. bene)[3].

L’insieme si riflette inevitabilmente sull’estensione del potere discrezionale sia:

  • per consentirne un uso temporaneo diverso, sottraendolo alla disponibilità collettiva, per meglio perseguire l’interesse pubblico;
  • qualora sia venuto meno l’interesse pubblico con una diversa destinazione, in previsione anche della sua alienazione (c.d. valorizzazione).

Non da ultimo, i beni pubblici vanno concessi attraverso una procedura aperta, comparativa, trasparente mediante un interpello del mercato (c.d. evidenza pubblica), trattandosi sempre di una risorsa che appartiene alla Comunità e che la Pubblica Amministrazione è chiamata ad amministrare nell’interesse della civitas.

Orientamenti

La sez. V del Consiglio di Stato, sez. V, 7 gennaio 2025, n. 87, interviene per confermare il potere ampiamente discrezionale[4] della PA sulla scelta di concedere o meno un bene pubblico, negando l’autorizzazione all’occupazione del suolo stradale antistante ad un’attività di ristorazione: la motivazione si soffermava su ragioni di sicurezza e di tutela della vivibilità.

Nello specifico, il diniego veniva motivato dal fatto che l’occupazione, con sedie e tavoli di una porzione stradale, in prossimità di un edificio condominiale (entrata ai box) comportava serie criticità da una parte, di natura viaria dei residenti e dei mezzi di soccorso, dall’altra parte, la loro collocazione si poneva ad un limitata distanza dalle finestre degli abitanti al piano delle del condominio.

I Giudici di Palazzo Spada, dopo le questioni di rito, respingono il ricorso, ritenendo corretto (motivato) il provvedimento di parziale diniego della concessione di occupazione di suolo pubblico, sulle seguenti considerazioni:

  • il provvedimento si connota da una spiccata discrezionalità;
  • l’esercizio concreto della discrezionalità ha tenuto conto della situazione di fatto e delle esigenze pubbliche, indipendentemente dalle doglianze dei privati: una scelta, tra le più soluzioni astrattamente legittime, quella più rispondente alla tutela dell’interesse pubblico;
  • l’inopportunità (ovvero, quella valutazione attinente al merito) di sottrarre la strada al suo uso naturale, ossia alla destinazione della stessa alla fruizione pubblica, concedendola parzialmente ad un uso esclusivo in favore di un privato non prevaleva sull’interesse pubblico;
  • il bilanciamento fra i contrapposti interessi coinvolti ha fatto prevalere quello a non ostacolare il libero accesso dei mezzi di soccorso, nonché ai boxes del condominio, anche in considerazione dell’ampia porzione di area pubblica che comunque era stata concessa in occupazione alla società richiedente (la parte ricorrente).

Il precipitato riconferma la piena legittimità delle valutazioni discrezionali fatte dall’Amministrazione, dove sono presenti valide argomentazioni (ex art. 3 della legge n. 241/1990)[5] per non poter sottrare il bene pubblico all’uso collettivo (come una strada) in favore dell’uso privato:

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