La locuzione “pianificazione strategica” (Strategic Planning) è una delle più “saccheggiate” dello strabordante strumentario di termini e teorie emerso negli ultimi quarant’anni intorno ai canoni del cosiddetto New Public Management:
Public Choice Theory, Change Management, Reinventing Government, Best Value, Performance Budgeting, Balance Scorecard, Reenginering, Lean Management, Accountability, Better Regulation, Total Quality Management, Management by Objectives (MbO) “New Public Governance”, “Open Government” , “New Weberian State” e svariate altre. Su ciascuna di queste dottrine sono stati costruiti modelli di comportamento aziendale, suggeriti negli anni per le burocrazie pubbliche, anche da consessi internazionali quali l‘OCSE (vedi qui) e la Banca Mondiale. Qui in Italia furono non poche le amministrazioni che intesero applicare qualcuna di quelle dottrine alla loro vita aziendale, senza risultati apprezzabili.
Da un quadro teorico, oggettivamente disorganico (si veda qui fra i tanti un antico documento del Formez), è difficile individuare uno o più riferimenti forti, utili per comprendere l’utilità di quelle teorie se trasferite alla burocrazia pubblica. Se, tuttavia, guardiamo quali di quelle teorie siano state effettivamente adottate dalle più efficienti amministrazioni pubbliche occidentali – U.S.A., Regno Unito, Francia, Canada, Australia, Olanda, Austria (con particolare riferimento alle prime tre) – osserviamo che le discipline collegate alla locuzione “pianificazione strategica” sono praticamente le uniche realmente operanti oggi. Vediamo perchè.
Innanzitutto va compreso il significato del termine “pianificazione (o programmazione) strategica“. Specialmente qui in Italia i due termini furono “caricati” per decenni da opposti riflessi automatici. Al tempo della Segreteria generale della programmazione guidata da Giorgio Ruffolo (anni ’60), un coraggioso manipolo di politici e studiosi – fra i tanti Ugo La Malfa, Antonio Giolitti, Sylos Labini, Manin Carabba, Franco Archibugi – tentarono di porre al centro delle politiche di governo nazionale dell’economia una “programmazione generale degli obiettivi strategici” e dei metodi e strumenti attraverso i qualli attuare tali obiettivi. Il frutto più corposo di quell’impegno generoso fu il famoso Progetto ’80 – Rapporto preliminare al programma economico nazionale 1971-1975 (vedi qui), documento che non si tradusse mai in legge e fu bollato come “libro dei sogni” da Amintore Fanfani. Nel pieno della guerra fredda operavano gli opposti pregiudizi: un documento chiamato “pianificazione quinquennale”, di leniniana suggestione, non poteva non provocare la reazione allarmata della Democrazia Cristiana e, dall’altra, del Partito Comunista che non tollerava percorsi di riforma disegnati “dentro il sistema capitalista”.
Altri Paesi occidentali, non appesantiti da simili pregiudizi ma ispirati da sano pragmatismo, iniziarono a lavorare proprio in quegli anni su una prospettiva di “programmazione pluriennale delle attività amministrative pubbliche“. Fu il Segretario della Difesa U.S.A. Robert Mc Namara che introdusse la dottrina del Planning, Programming and Budgeting System (PPBS), con la quale venivano collegati gli atti di fissazione degli obiettivi pluriennali aziendali, elaborazione degli strumenti e dei procedimenti connessi e loro evidenziazione nelle previsioni di bilancio (budgeting). In Italia, agli albori degli anni ’70 ci fu chi colse in pieno il valore intrinseco di quelle teorie; non poteva che essere uno degli uomini che lavoravano con Ruffolo nei progetti di programmazione: il prof. Franco Archibugi predispose per l’ISPE uno studio d’avanguardia, basato sul PPBS e mai riscontrato, sulla “Programmazione di Bilancio in Italia” (vedine qui il testo integrale). Quello studio presentava per l’Italia i canoni del PPBS che il Congresso degli Stati Uniti, riprendendo l’ispirazione emersa vent’anni prima, tradusse in una legge bipartisan: il Government Performance and Result Act (GPRA) del gennaio 1993.
Archibugi, all’epoca docente alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, colse immediatamente la portata, insieme innovativa e classicamente tradizionale del metodo della programmazione strategica (non a caso Henry Fayol aveva pubblicato nel lontano 1916 un testo di organizzazione aziendale intitolato “Administration industrielle et generale: prevoyance, organisation, commandement, coordination, controle“ – vedilo qui). Ne scrisse per primo al direttore della scuola Guglielmo Negri con il rapporto che presentiamo qui sotto.
Relazione 1996 al prof. Guglielmo Negri: cos è il GPRA
Non accadde assolutamente niente; il prof. Archibugi raccontò in seguito della sordità del mondo politico e accademico, non tanto verso i suoi scritti, quanto verso percorsi di riforma che si avviavano a piena attuazione in U.S.A., Gran Bretagna e Francia (vedi qui le sue costernate osservazioni). Con giovanile entusiasmo si gettò a scrivere un corpo di lezioni e rapporti intorno a quelle riforme che sono la testimonianza di un magistero tutt’oggi sconosciuto ai più. Noi lo riproponiamo per un semplice assorbente motivo: l’amministrazione federale U.S.A. e quasi tutti gli Stati dell’Unione (vedi qui), il civil service inglese (vedi qui) e l’amministrazione pubblica di Francia (vedi qui) operano oggi incardinate su quei principi. Dulcis in fundo: l’Unione Eurpea nel 2021, a quali principi pensiamo possa aver ispirato la struttura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, coi suoi indicatori di risultato (target e milestone)?
E l’Italia?….