In applicazione dell’art. 22 del testo unico sulla tutela della maternità e paternità, in base al quale i periodi di congedo di maternità devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, applicabile anche alle lavoratrici madri che hanno stipulato con le pubbliche amministrazioni un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, il periodo di astensione obbligatoria deve essere integralmente computato anche ai fini del calcolo della durata dei contratti di lavoro flessibile necessaria per il conseguimento requisito di cui all’art. 20, comma 2, d.lgs. n. 75 del 2017 (1).
Ha rilevato il Tar che detta norma deve essere applicata anche alle lavoratrici madri che hanno stipulato con le pubbliche amministrazioni un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ai sensi dell’art. 1, comma 791, l. 27 dicembre 2006, n. 296, che ha previsto l’emanazione di un decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, per disciplinare l’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 17 e 22 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, a tutela e sostegno della maternità delle lavoratrici iscritte alla gestione separata sopra indicata, nei limiti delle risorse rivenienti dallo specifico gettito contributivo da determinare con il medesimo decreto.
Pertanto, è stato emanato il decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 12 luglio 2007, Pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale del 23 ottobre 2007, concernente “L’applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 17 e 22, d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, a tutela e sostegno della maternità e paternità nei confronti delle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, l. 8 agosto 1995, n. 335.”
Pertanto, la Sezione ha affermato che deve ritenersi che la tutela delle lavoratrici madri che hanno stipulato con le pubbliche amministrazioni un contratto di collaborazione coordinata e continuativa deve essere equiparato a quello delle lavoratrici dipendenti, anche con riferimento all’applicazione dell’art. 22 del testo unico, invocato nel dalla ricorrente.
Un trattamento deteriore della lavoratrice madre solo in ragione della tipologia di contratto di lavoro comporterebbe una illegittima discriminazione ai dell’art. 25, d.lgs. 198 del 2006 nonché dell’art. 15 direttiva comunitaria 54/2006, oltre ad essere in contrasto con l’intendimento del legislatore cui sopra si è fatto cenno.
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