Concorsi, nessuna discrezionalità sulla equipollenza tra titoli di accesso
di Pietro Alessio Palumbo
In breve
L’equivalenza tra titoli di studio deve essere prevista da una norma e non può essere desunta in modo implicito dall’ente in fase di verifica
Se il bando di concorso prevede il possesso di uno specifico titolo di studio, questo requisito è da intendersi tassativo. Eventuali equipollenze del titolo possono essere previste solo da specifiche norme; non possono essere frutto di valutazioni «sostanziali» dell’ente che gestisce le procedure. Ai concorsi pubblici neppure è applicabile la cosiddetta «sanatoria legale» – normata per le abilitazioni professionali – secondo cui chi è ammesso alle prove d’esame con riserva, se poi le supera, resta valido vincitore. Con la sentenza 5460/2020, il Consiglio di Stato ha precisato che in ragione delle insite difformità tra i percorsi formativi, nemmeno può essere chiamata in soccorso la cosiddetta «teoria della continenza» secondo la quale un titolo di studio quadriennale – per ciò stesso – ne assorbirebbe uno similare più breve, triennale.