tratto da lavoripubblici.it
Permesso di costruire annullato: i 3 rimedi previsti dal Testo Unico Edilizia
23/10/2019
Cosa accade nel caso di interventi edilizi eseguiti sulla base di un permesso di costruire che è stato successivamente annullato? Per rispondere a questa domanda basterebbe leggere attentamente l’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) ma, come spesso accade quando si parla di edilizia, è anche possibile avere una risposta dalla giustizia amministrativa.
Con sentenza n. 7057 del 17 ottobre 2019 il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato da una amministrazione comunale per la riforma di una decisione dei giudici di primo grado che avevano accolto il ricorso presentato da un terzo avverso il provvedimento del Comune avente ad oggetto irrogazione della sanzione pecuniaria alla parte controinteressata, in luogo della demolizione di un immobile edificato sulla base di un permesso di costruire successivamente annullato.
I giudici del Consiglio di Stato hanno accolto il ricorso del Comune sulla base dei principi già espressi all’art. 38 del Testo Unico Edilizia che, ispirandosi ad un principio di tutela degli interessi del privato, mira ad introdurre un regime sanzionatorio più mite proprio per le opere edilizie conformi ad un titolo abilitativo successivamente rimosso, rispetto ad altri interventi abusivi eseguiti sin dall’origine in assenza di titolo, per tutelare un certo affidamento del privato, sì da ottenere la conservazione d’un bene che è pur sempre sanzionato.
Il fondamento del regime sanzionatorio
Il fondamento del regime sanzionatorio più mite riservato dalla norma agli interventi edilizi realizzati in presenza di un titolo abilitativo che solo successivamente sia stato dichiarato illegittimo rispetto al trattamento ordinariamente previsto per le ipotesi di interventi realizzati in originaria assenza del titolo va rinvenuto nella specifica considerazione dell’affidamento riposto dall’autore dell’intervento sulla presunzione di legittimità e comunque sull’efficacia del titolo assentito. A tal fine, all’amministrazione si impone di verificare se i vizi formali o sostanziali siano emendabili, ovvero se la demolizione sia effettivamente possibile senza recare pregiudizio ad altri beni o opere del tutto regolari. In presenza degli anzidetti presupposti per convalidare l’atto, «l’integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all’articolo 36 del Testo Unico Edilizia.
In caso di interventi eseguiti sulla base di un titolo annullato, il DPR n. 380/2001 ha previsto tre possibili rimedi:
a) la sanatoria della procedura nei casi in cui sia possibile la rimozione dei vizi della procedura amministrativa, con conseguente non applicazione di alcuna sanzione edilizia;
b) nel caso in cui non sia possibile la sanatoria, l’Amministrazione è obbligata ad applicare la sanzione in forma specifica della demolizione;
c) soltanto nel caso in cui non sia possibile applicare la sanzione in forma specifica, in ragione della natura delle opere realizzate, l’Amministrazione è obbligata ad applicare la sanzione pecuniaria nel rispetto delle modalità sopra indicate.
Si tratta di una gradazione di sanzioni modulata alla luce della gravità della violazione della normativa urbanistica.
Cosa significa possibilità di ripristino?
Il concetto di possibilità di ripristino non è inteso come “possibilità tecnica“, occorrendo comunque valutare l’opportunità di ricorrere alla demolizione, dovendosi comparare l’interesse pubblico al recupero dello status quo ante con il rispetto delle posizioni giuridiche soggettive del privato incolpevole che aveva confidato nell’esercizio legittimo del potere amministrativo.
La scelta di escludere la sanzione demolitoria, infatti, laddove adeguatamente motivata ed accompagnata alle indicazioni contenute nell’annullamento, appare quella maggiormente rispettosa di tutti gli interessi coinvolti nella singola controversia ed anche del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, di diretta derivazione dal diritto dell’Unione Europea, principio che impone all’Amministrazione il perseguimento del pubblico interesse col minor sacrificio possibile dell’interesse privato.
La corretta interpretazione di tale nozione di “impossibilità” ha dato luogo a dibattiti anche dottrinali. In proposito, appare ragionevole l’opzione ermeneutica a mente della quale l’individuazione dei casi di impossibilità non può arrestarsi alla mera impossibilità (o grave difficoltà), tecnica, potendo anche trovare considerazione ragioni di equità o al limite di opportunità. Al riguardo, si è ritenuto che, nel caso di opere realizzate sulla base di titolo annullato, la loro demolizione debba essere considerata quale extrema ratio, privilegiando, ogni volta che ciò sia possibile, la riedizione del permesso di costruire emendato dai vizi riscontrati.
Conclusioni
In definitiva, l’art. 38 rappresenta “speciale norma di favore” che differenzia sensibilmente la posizione di colui che abbia realizzato l’opera abusiva sulla base di titolo annullato rispetto a coloro che hanno realizzato opere parimenti abusive senza alcun titolo, tutelando l’affidamento del privato che ha avviato i lavori in base a titolo ottenuto. In tale ambito, a seguito di annullamento di titolo abilitativo edilizio, l’Amministrazione non può dirsi vincolata ad adottare misure ripristinatorie, dovendo anzi la scelta – tipicamente discrezionale quale essa sia, nel senso della riedizione o della demolizione – essere adeguatamente motivata.
Nel procedere a tale rilevante attività valutativa la p.a., sulla scorta delle indicazioni di principio sin qui richiamate, deve, per un verso, verificare l’emendabilità dei vizi e, per un altro verso, se la demolizione sia effettivamente possibile senza recare pregiudizio ad altri beni o opere del tutto regolari.
Nel caso di specie il Comune ha svolto una valutazione che, oltre ad apparire corroborata da elementi istruttori sufficienti (nei limiti di sindacato giurisdizionale sugli aspetti di dettaglio tecnico), appare coerente ai principi suddetti.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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