10/07/2019 – Sulla disciplina sanzionatoria degli abusi nelle costruzioni edili

Sulla disciplina sanzionatoria degli abusi nelle costruzioni edili

di Giuseppe Cassano – Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics
Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato, adito per la riforma della sentenza del T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, n. 577 del 2015 si sofferma in tema di abusivismo edilizio precisando come il quadro normativo di riferimento gradui tre ipotesi di abusi e precisamente:
– interventi in assenza di permesso o in totale difformità;
– variazioni essenziali rispetto al titolo edilizio;
– parziale difformità dal titolo edilizio.
Il Collegio di Palazzo Spada analizza (tra l’altro) l’ipotesi della difformità parziale dal permesso di costruire per le nuove costruzioni (art. 34D.P.R. n. 380 del 2001).
Si osserva in giurisprudenza come la difformità totale o le variazioni essenziali del manufatto (sanzionabili con la demolizione ex art. 31D.P.R. n. 380 del 2001) siano ravvisabili allorché i lavori riguardino un’opera diversa da quella assentita con il permesso di costruire per conformazione, strutturazione, destinazione ed ubicazione, mentre si configura la difformità parziale dal permesso di costruire, riguardata dal diverso corredo sanzionatorio di cui all’art. 34 cit., quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e concretizzino divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera (Cons. di Stato, Sez. VI, 30 marzo 2017, n. 1484Cons. di Stato, Sez. IV, 10 luglio 2013, n. 3676).
Più in dettaglio, la difformità totale si verifica allorché si realizzi un “aliud pro alio” rispetto alla costruzione progettata e cioè qualora siano ravvisabili opere non rientranti tra quelle consentite, che abbiano una loro autonomia e novità oltre che sul piano costruttivo anche su quello della valutazione economico-sociale.
Difatti, l’art. 31 cit. considera interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire (o concessione edilizia) «quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile».
L’espressione «organismo edilizio» indica sia una sola unità immobiliare sia una pluralità di porzioni volumetriche facenti parte del medesimo edificio, mentre la difformità totale può riconnettersi sia alla costruzione di un corpo autonomo sia all’effettuazione di modificazioni con un intervento incidente sull’assetto del territorio attraverso l’aumento del cd. carico urbanistico.
Inoltre, il riferimento alla «autonoma utilizzabilità» non impone che il corpo difforme sia fisicamente separato dall’organismo edilizio complessivamente autorizzato, ma ben può riguardare anche opere realizzate con una difformità quantitativa tale da acquistare una sostanziale autonomia rispetto al progetto approvato.
Analogamente, è riconducibile al concetto di “variazione essenziale” (art. 32D.P.R. n. 380 del 2001) solo un aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato con il permesso di costruire, mentre è da escludere che una diversa distribuzione interna delle singole unità abitative possa configurare una variazione di tale specie.
Al contrario, il concetto di difformità parziale (art. 34 cit.) si riferisce ad ipotesi tra le quali possono farsi rientrare gli aumenti di cubatura o di superficie di scarsa consistenza, sebbene incidenti sulla sagoma dell’edificio, nonché le variazioni relative a parti accessorie che non abbiano specifica rilevanza (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 4 luglio 2013, n. 3472T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 9 giugno 2010, n. 1067).
Quanto al profilo sanzionatorio l’art. 34, comma 2, cit. subordina il mantenimento dell’opera abusiva, ferma l’applicazione della sanzione pecuniaria, alla condizione che la rimozione dell’intervento pregiudichi la stabilità della porzione di fabbricato legittimamente costruita.
E dunque: « Affinché possa trovare applicazione la sanzione pecuniaria deve risultare cioè in modo inequivoco che la demolizione, per le sue conseguenze materiali, inciderebbe sulla stabilità dell’edificio nel suo complesso: la sanzione pecuniaria prevista dal secondo comma dell’art. 34D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 per gli interventi in parziale difformità dal titolo edilizio deroga alla regola generale della demolizione negli illeciti edilizi prevista dal primo comma: è perciò applicabile solo quando sia “oggettivamente impossibile” procedere alla demolizione delle parti difformi senza incidere, per le sue conseguenze materiali, sulla stabilità dell’intero edificio (ex plurimis, Cons. di Stato, Sez. VI, 30 marzo 2017, n. 1484Cons. di Stato, Sez. VI, 9 aprile 2013 n. 1912)» (Cons. di Stato, Sez. VI, 16 agosto 2017, n. 4013).
Da parte sua così si è espressa la giurisprudenza penale: «Come è stato già chiaramente affermato da questa Corte, il provvedimento adottato dall’autorità amministrativa a norma dell’art. 34, comma 2 citato trova applicazione solo per le difformità parziali e, in ogni caso, non equivale ad una sanatoria, atteso che non integra una regolarizzazione dell’illecito ed, in particolare, non autorizza il completamento delle opere, considerato che le stesse vengono tollerate, nello stato in cui si trovano, solo in funzione della conservazione di quelle realizzate legittimamente (così, Cass. pen., Sez. III, n. 19538 del 22 aprile 2010, Alborino, Rv. 247187. Conf. Cass. pen. Sez. III, n. 24661 del 15 aprile 2009, Ostuni, Rv. 244021; Cass. pen. Sez. III, n. 13978 del 25 febbraio 2004, Tessitore, Rv. 228451).
5. Tali principi sono pienamente condivisi dal Collegio dovendosi pertanto ribadire che la disciplina prevista dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380art. 34, comma 2, cosiddetta procedura di fiscalizzazione dell’illecito edilizio, trova applicazione, in via esclusiva, per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, e non equivale ad una “sanatoria” dell’abuso edilizio, in quanto non integra una regolarizzazione dell’illecito e non autorizza il completamento delle opere realizzate» (Cass. pen., Sez. III, 21 giugno 2018, n. 28747).
Si vedano ancora in giurisprudenza:
– «ai fini dell’applicazione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001art. 34, comma 2-ter, “Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire”, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezze, distacchi, cubature o superficie coperta che non eccedono, per singola unità immobiliare il 5 per cento delle misure progettuali (a seguito del D.L. 29 maggio 2018, n. 55, convertito con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2018, n. 89, ha disposto (con l’art. 1-sexies, comma 2) che “Ai fini dell’applicazione del comma 1, la percentuale di cui al citato D.P.R. n. 380 del 2001art. 34, comma 2-ter è elevata al 5 per cento”)» (Cass. pen., Sez. III, 12 dicembre 2018, n. 55483);
– «l’ingiunzione di demolizione costituisce la prima ed obbligatoria fase del procedimento repressivo, in quanto la sanzione demolitoria ha natura di diffida e presuppone solo un giudizio di tipo analitico-ricognitivo dell’abuso commesso, mentre il giudizio sintetico-valutativo, di natura discrezionale, circa la rilevanza dell’abuso e la possibilità di sostituire la demolizione con la sanzione pecuniaria (disciplinato dagli artt. 33 e 34, comma 2, D.P.R. n. 380 del 2001 con riferimento alle ristrutturazioni edilizie abusive o in totale difformità ed agli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire) deve essere verificato soltanto in un secondo momento, cioè quando il soggetto privato non ha ottemperato spontaneamente alla demolizione e l’organo competente deve emanare l’ordine di esecuzione in danno delle ristrutturazioni realizzate in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire o delle opere edili costruite in parziale difformità dal permesso di costruire» (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 23 febbraio 2017, n. 311).

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