Giudici di gara, il Tar Lazio frena il nuovo albo Anac
di Guglielmo Saporito
Mare agitato per le commissioni di gara per appalti pubblici di opere, servizi e forniture: il Tar Lazio ha sospeso (ordinanza 2 agosto 2018 n. 4710) il decreto del ministero delle Infrastrutture del 12 febbraio 2018, con il quale sono stati stabiliti i compensi minimi per i commissari di gara.
Il provvedimento sopravviene in un momento delicato perché è imminente (dal 10 settembre 2018, secondo il comunicato Anac del 18 luglio) l’apertura dei termini per l’iscrizione degli esperti nell’albo gestito dall’Autorità. Era quindi tutto pronto per estrarre i nominativi dei commissari di gara dall’albo, a partire da bandi o avvisi con offerte che scadranno dal 15 gennaio 2019 in poi.
La sospensione del Tar è anomala, perché riguarda solo i minimi tariffari, senza intaccare il meccanismo di iscrizione degli esperti o la loro procedura di estrazione a sorte. Il Tar interviene su ricorso di una centrale di committenza che, nell’organizzare le procedure di gara dei propri aderenti (enti locali appaltatori), si è posta il problema dell’incapienza delle risorse necessarie per retribuire i commissari di gara.
Ogni opera, servizio o fornitura ha infatti un «quadro economico» in cui, tra le varie voci, vi è quella delle «somme a disposizione», che è utilizzata per pagare i commissari di gara (articolo 77 comma 10 Dlgs 50/2016). Finchè i commissari sono interni all’amministrazione, non vi è un problema di retribuzione, essendo gratuita la loro attività a favore dell’ente di appartenenza: ma se occorre attingere dall’albo Anac, diventa necessario applicare le tariffe del ministero, che prevede minimi inderogabili. Ad esempio, come osserva il Tar, per le gare di minore calibro (per opere fino a 20 milioni di euro, servizi fino a un milione di euro ed ingegneria fino a 200mila euro) sono previste retribuzioni di 3mila euro per ogni commissario. Per soddisfare questi minimi, occorrerebbe modificare il quadro economico degli interventi (singoli appalti, servizi o forniture), oppure (come sembra ipotizzare il Tar) ridiscutere la logica dell’equo compenso e dei minimi inderogabili.
È quindi vero ciò che afferma il Tar nella motivazione dell’ordinanza, che cioè il Dlgs 50/2016 (Codice appalti) non prevede minimi tariffari per i commissari di gara, e che quindi il ministero non poteva inserirli autonomamente; ma è anche vero che il problema dei minimi è vitale per le libere professioni, come prova la vivacità del dibattito sulle prestazioni professionali gratuite (Consiglio di Stato 4614/2017 sul piano urbanistico di Catanzaro).
A seguito dell’ordinanza Tar, allora, i commissari potranno essere remunerati dalle stazioni appaltanti senza l’obbligo di rispettare i minimi di 3mila euro, lasciando tuttavia trasparire dubbi di correttezza ed imparzialità per lavori sottoremunerati. Ed è possibile che questa sospensione costringa, addirittura, a rivedere parti importanti del nuovo meccanismo. Una via di uscita, ipotizzata tempo fa, potrebbe essere la previsione di un contributo a carico dei partecipanti alla gara, ma la giurisprudenza dello stesso Tar si è espressa in termini sfavorevoli su tale tassa di partecipazione.
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