tratto da Italia Oggi
Gli incarichi ai dirigenti a contratto vanno sempre motivati
di Luigi Oliveri
Gli incarichi ai dirigenti a contratto debbono sempre essere motivati. In quanto tali, anche se denominati atecnicamente «fiduciari» non possono fondarsi solo sull’intuitu personae: la scelta del soggetto da assumere come dirigente va necessariamente riferita al confronto tra i titoli dei candidati. La Corte di cassazione con la sentenza del 15 gennaio 2020, n. 712, fornisce un chiarimento estremamente importante, negando che l’assunzione dei dirigenti a contratto possa avere natura esclusivamente fiduciaria, come, pure, larga parte della giurisprudenza e della dottrina sostengono. Gli Ermellini sono piuttosto trancianti. «Va osservato che la natura fiduciaria di un incarico conferito da una pubblica amministrazione nell’ambito del rapporto di impiego pubblico contrattualizzato, non esclude, come invece prospetta la ricorrente, che in ragione dei principi di cui all’art. 97 Cost., di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa, l’Amministrazione espliciti le ragioni, sia pur fiduciarie, della scelta», scrivono.
Quanto afferma la sentenza trova puntuale riscontro nell’articolo 19, comma 6, del dlgs 165/2001 (applicabile alle amministrazioni statali, come anche a regioni ed enti locali), ai sensi del quale le amministrazioni possono assegnare incarichi dirigenziali a contratto non solo dopo aver dimostrato l’assoluta ed irrimediabile carenza di professionalità nei ruoli, ma soprattutto specificando che gli incarichi a contratto «sono conferiti, fornendone esplicita motivazione». Per la sanità, l’articolo 15-septies del dlgs 502/1992 richiede che i destinatari di incarichi dirigenziali a contratto dispongano di particolare e comprovata qualificazione professionale: elemento che, ovviamente va dimostrato e motivato, a ciò non bastando la semplice evidenziazione della fiducia del soggetto che assegna l’incarico. Non deve sviare l’attenzione sull’elemento fondamentale della sentenza in commento, cioè l’enunciazione che gli incarichi a contratto non possono essere esclusivamente fiduciari, la circostanza che essa abbia respinto le doglianze di un aspirante ad un incarico dirigenziale da parte di un ente del servizio sanitario, che aveva chiesto (ed ottenuto dalla Corte d’appello) il riconoscimento del proprio diritto all’incarico.
La Cassazione ha respinto la ricostruzione del giudice di secondo grado perché «all’annullamento della delibera di conferimento di incarico per mancanza di motivazione in ordine alla comparazione dei curricula degli aspiranti, non consegue, come erroneamente affermato dalla Corte d’appello, una presunzione di nomina nell’incarico dell’odierno ricorrente». Dunque, la Cassazione considera corretto l’annullamento del conferimento, disposto dalla Corte d’appello per mancanza di motivazione. A conferma che la «fiduciarietà» non è e non può essere l’elemento sulla base del quale determinare la scelta del dirigente esterno da incaricare. La riforma della sentenza della Corte d’appello si fonda esclusivamente sulle conseguenze dell’annullamento, che non possono consistere nell’affermazione del diritto del ricorrente ad ottenere l’incarico. Infatti, l’ente deve ripetere la procedura ed evidenziare, con la necessaria motivazione, le ragioni dell’esito della selezione. L’elemento di rilievo della sentenza 712/2020 resta quindi la rilevazione che gli incarichi a contratto, per quanto denominabili atecnicamente fiduciari, debbono essere motivati e, quindi, di certo non sono arbitrari, ma discrezionali, nel senso che il conferente ha la discrezione di scegliere tra i candidati quello ritenuto maggiormente idoneo, ma non per un apprezzamento legato ad un imponderabile sentimento come la «fiducia», bensì sulla base di una motivata, quindi esplicitata, indicazione delle ragioni per la quale il destinatario viene scelto invece di altri. E se la selezione assegni l’incarico ad un candidato con requisiti curriculari palesemente inferiori a quelli di altri, l’esito della selezione stessa è illegittimo.

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