Niente diritti di rogito ai segretari degli enti con dirigenza
di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan
Ai segretari comunali di enti con dirigenti non spettano i diritti di rogito. Lo ha deciso il Tribunale di Bergamo, con la sentenza n. 762/2016. Il contenzioso nasce dalla mancata liquidazione dei diritti di rogito al segretario di un ente capoluogo di provincia con dirigenza. La richiesta, apparentemente ardita, era fondata sulla «riserva di contrattazione collettiva» in materia di trattamento economico e sull’ultrattività del contratto collettivo nazionale rispetto all’articolo 10 del Dl 90/2014. La sentenza taglia corto ricordando che la riforma Brunetta (Dlgs 150/2009) ha ri-consegnato al legislatore la materia del lavoro pubblico «regolandone in maniera inderogabile gli aspetti più rilevanti» e mettendo in secondo piano il ruolo della contrattazione. La sentenza è chiara: ne deriva un nuovo ruolo del legislatore nazionale che disciplinerà a livello centrale gli aspetti salienti del rapporto di lavoro, con la conseguente riduzione dell’autonomia contrattuale delle parti. Il principio giuridico è sancito dall’articolo 2 del Dlgs 165/2001 secondo il quale gli accordi e i contratti collettivi possono derogare dalla legge solo a fronte di una espressa previsione in tal senso. Eventuali previsioni contrattuali difformi sono nulle e immediatamente sostituite.
A questo punto si dovrebbe fare una riflessione in merito alla funzione dei contratti collettivi se è vero che, in ogni momento, il legislatore (parte datoriale che firma i contratti nazionali) può intervenire unilateralmente per modificarne i contenuti. Non si può dimenticare che un contratto collettivo è sempre frutto di equilibri e compromessi e che la modifica di un istituto (se noto alla firma del contratto collettivo) potrebbe bloccare l’accordo stesso.
La disparità di trattamento
Il segretario lamentava, inoltre, la disparità di trattamento rispetto agli enti privi di dirigenza e l’illegittimità costituzionale. Il Giudice ritiene che la norma non presenti alcun elemento di irragionevolezza e di incostituzionalità. La sentenza, anche per questi aspetti, presenta dei contenuti interessanti in quanto, sulla scorta delle precedenti pronunce di primo grado, ritiene che i diritti di rogito non possano essere riconosciuti ai segretari cui risulta applicabile (anche solo astrattamente) il galleggiamento. Questo istituto equipara il trattamento economico del segretario a quello dei dirigenti in servizio con la conseguente applicazione dell’onnicomprensività. Per questo motivo non vi è alcuna disparità di trattamento. Il Giudice ribadisce che i diritti di rogito debbano essere riconosciuti a tutti i segretari che operino, a prescindere dalla fascia di inquadramento, in enti privi di dirigenza ai quali non può essere applicato il galleggiamento. In questo senso viene segnato un ulteriore punto a favore dei segretari.
Considerazioni conclusive
Ma chi pensa ai responsabili del personale che devono gestire questa complessa vicenda, con i segretari che vincono costantemente davanti al giudice del lavoro e la Corte dei conti che non ne vuole sapere? Da una parte il divieto di estensione del giudicato e il rischio di essere condannati alle spese e dall’altra la magistratura contabile monolitica anche di fronte alla stessa Corte costituzionale. Ma in una situazione così articolata come potrà un magistrato contabile rinvenire la colpa grave qualora si dovessero liquidare i diritti ai segretari di enti privi di dirigenza? Ma se così è (per ora non ci sono sentenze), perché correre il rischio di mettersi contro il segretario? Non vi è dubbio che la conclusione dovrebbe portare a un pilatesco invito alla prudenza ma dall’altra parte la colpa grave sembra davvero difficile da dimostrare dopo almeno 5 sentenze di primo grado.
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