Segretari comunali: lotteria della qualifica dirigenziale nel caos Madia
di LUIGI OLIVERI
Le varie riforme “epocali” della Pubblica Amministrazione hanno inciso in maniera particolarmente profonda ed insistita nei confronti dei segretari comunali.
Sono passati ormai 19 anni dall’intervento che ha dato la stura allo spoil system della categoria, prossimo ora a diffondersi per tutta la dirigenza pubblica, la ben nota legge 127/1997, o Legge Bassanini 2. Gli effetti tutt’altro che fausti prodotti dalla riforma si fanno sentire non solo “a futura memoria” in quanto la legge 124/2015 è sciaguratamente ispirata al fallimentare modello pensato quasi 20 anni fa, ma anche per il passato.
La riforma in stile spoil system all’amatriciana del 1997 contemplò la possibilità per i segretari comunali di trasferirsi presso altre amministrazioni pubbliche.
Naturalmente, il tutto avvenne nell’assoluto caos o, meglio, in presenza di regole prima normative, poi contrattuali e successivamente ancora normative in contraddizione piena tra loro, tali da creare un disastro organizzativo e gestionale. Per orientarsi nel ginepraio normativo, ci facciamo aiutare dalla citazione letterale della ricostruzione operata dalla Corte di Cassazione, con la sentenza delle Sezioni Unite civili 19 gennaio 2016, n. 786: ai sensi dell’articolo 18, comma 11, del d.P.R. 465/1997 “Il funzionario trasferito è collocato nei ruoli della amministrazione ricevente conservando il trattamento economico pensionabile e la qualifica in godimento, ove più favorevole, mediante attribuzione di assegno ‘ad personam’ pari alla differenza tra il trattamento economico in godimento e quello previsto per la nuova qualifica, fino al riassorbimento a seguito dei futuri miglioramenti economici”.
15. La materia fu regolata poi dal contratto collettivo nazionale di lavoro dei segretari comunali e provinciali 1998-2001 sottoscritto il 16 maggio 2001, che (con decorrenza 17 maggio 2001) distinse la disciplina in relazione alle qualifiche dei segretari. Costoro, in base all’art. 35 del medesimo ceni, erano stati divisi in tre fasce professionali, dalla più bassa (la C) alla più alta (la A), con una fascia intermedia, la B, al cui interno erano previste distinte posizioni stipendiali.
16. L’art. 32, del ccnl, intitolato, “Mobilità presso altre amministrazioni”, stabilì: “In caso di mobilità presso altre pubbliche amministrazioni, con la conseguente cancellazione dall’Albo:
a) il segretario collocato nella fascia professionale C del precedente articolo viene equiparato alla categoria o area professionale più elevata prevista dal sistema di classificazione vigente presso l’amministrazione di destinazione;
b) il segretario collocato nella fascia professionale B, con lo stipendio tabellare iniziale di cui all’art. 39, comma 2, viene equiparato alla categoria o area professionale più elevata prevista dal sistema di classificazione vigente presso l’amministrazione di destinazione; la presente disciplina ha natura transitoria e si applica sino alla data del 31.12.2001;
c) il segretario collocato nella fascia professionale B, con lo stipendio tabellare economico di cui all’art. 39, comma 1, è equiparato al personale con qualifica dirigenziale;
d) il segretario collocato nella fascia A, è equiparato al personale con qualifica dirigenziale”.
17. Quindi, il Ccnl previde che i segretari comunali di fascia A, nonché quelli di fascia B con livello economico più elevato, in caso di mobilità venissero inquadrati nella nuova amministrazione con qualifica dirigenziale, mentre tutti gli altri venivano inquadrati nelle categorie o aree professionali più elevate, ma non dirigenziali.
18. Una nuova normativa fu introdotta dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, che abrogò l’art. 18 dal dpr 465 del 1997, salvando solo principio di corrispondenza tra la qualifica di provenienza e quella di accesso alla nuova amministrazione fissato dall’undicesimo comma, e dispose che la materia veniva regolata dalla disciplina generale sulla mobilità del personale dettata dall’art. 30 del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (c.d. testo unico sul pubblico impiego).
19.Pertanto, a seguito di quest’ultima riforma, il quadro normativo di riferimento in materia di mobilità dei segretari comunali e provinciali fu uniformato a quello degli altri dipendenti pubblici.
20. Pochi mesi dopo, la. legge 30 dicembre 2004, n. 311 apportò alcune ulteriori modifiche alla disciplina della mobilità dei segretari comunali e provinciali, affidate ai commi 47-49 dell’art. 1, che così recitano: comma 47. “In vigenza di disposizioni che stabiliscono un regime di limitazione delle assunzioni di personale a tempo ‘indeterminato, sono consentiti trasferimenti per mobilità, anche intercompartimentale, tra amministrazioni sottoposte al regime di limitazione, nel rispetto delle disposizioni sulle dotazioni organiche e, per gli enti locali, purché abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l’anno precedente”. Comma 48: “In caso di mobilità presso altre pubbliche amministrazioni, con la conseguente cancellazione dall’albo, nelle more della nuova disciplina contrattuale, i segretari comunali e provinciali appartenenti alle fasce professionali A e B possono essere collocati, analogamente a quanto previsto per i segretari appartenenti alla fascia C, nella categoria o area professionale più alta prevista dal sistema di classificazione vigente presso l’amministrazione di destinazione, previa espressa manifestazione di volontà in tale senso”.
Comma 49: “Nell’ambito del processo di mobilità di cui al comma 48, i soggetti che abbiano prestato servizio effettivo di ruolo come segretari comunali o provinciali per almeno tre anni e che si siano avvalsi della facoltà di cui all’articolo 18 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, sono inquadrati, nei limiti del contingente di cui al comma 96, nei ruoli unici delle amministrazioni in cui prestano servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero di altre amministrazioni in cui si riscontrano carenze di organico, previo consenso dell’interessato, ai sensi ed agli effetti delle disposizioni in materia di mobilità e delle condizioni del contratto collettivo vigenti per la categoria”.
Una Babele dalla quale è derivato l’inevitabile carico di decine e decine di contenziosi, alcuni sfociati appunto in Cassazione, mossi da ex segretari comunali transitati in mobilità presso altre amministrazioni proprio in applicazione dell’articolo 18, comma 11, del d.P.R. 465/1998 per essere inquadrati nei ruoli della dirigenza in applicazione del citato comma 49 dell’articolo 1 della legge 311/2004, essendo in possesso dei requisiti richiesti dalla norma stessa.
Naturalmente, a fronte di situazioni giuridiche soggettive assolutamente identiche degli ex segretari, si è formata una giurisprudenza totalmente contraddittoria. Una cospicua parte dei giudici di merito si è dimostrata favorevole ai lavoratori; una minoranza dei giudici di primo e secondo grado ha invece negato il riconoscimento della qualifica dirigenziale; la Cassazione, nei pochi casi giunti alla sua cognizione, è tetragona nel negare il diritto alla qualifica dirigenziale.
Il risultato è inevitabile: un’evidente disparità di trattamento tra ex segretari, tanto più paradossale, perché in molti casi è stata determinata dalla maggiore o minore pervicacia delle amministrazioni di destinazione nel proporre appello e poi ricorso in cassazione avverso le sentenze eventualmente favorevoli dei giudici di merito. Sicché, per alcuni ex segretari comunali è stato possibile acquisire la qualifica dirigenziale per la semplice fortuita circostanza che il fascicolo è andato alla cognizione di quella parte di giudici di merito favorevole al loro inquadramento dirigenziale, senza che l’amministrazione abbia alimentato la vertenza fino in Cassazione, ove l’orientamento è fortemente contrario.
La delicatezza della questione e le contraddizioni evidenti in termini di diritto, comunque, non sono sfuggite alla Suprema corte, tanto è vero che la Sezione Lavoro, dopo aver preso cognizione di alcuni casi, ne ha rimesso uno alle Sezioni Unite, allo scopo di ottenere una pronuncia chiarificatrice di ordine nomofilattico, giunta (solo parzialmente ed in modo molto ambiguo) con la citata sentenza delle Sezioni Unite 786/2016.
Le Sezioni Unite hanno confermato l’orientamento maturato in seno alla Sezione Lavoro della Cassazione contrario al riconoscimento della dirigenza sull’assunto che “Il comma 49 dell’art. 1 della legge 311 del 2004 non si applica alle procedure di mobilità dei segretari comunali e provinciali già concluse alla data di entrata in vigore di tale legge”. Il che lascia, dunque, pienamente operative le difformità plateali di trattamento per situazioni esattamente identiche.
Nonostante questo avviso, comunque le Sezioni Unite, non appaiono affatto sicure dell’opportunità della statuizione. Infatti, la sentenza afferma: “È in atto un complesso processo di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (legge delega 7 agosto 2015, n. 124), all’interno del quale sono previsti tanto interventi in materia di dirigenza pubblica, che interventi sulla posizione dei segretari comunali e provinciali. I decreti delegati in corso di elaborazione potrebbero costituire occasione per procedere ad eventuali chiarimenti ed interpretazioni autentiche della normativa che regola il caso in esame. Allo stato, la lettura della legge delega non offre elementi che incidano sull’interpretazione qui seguita”.
Appare piuttosto singolare che una pronuncia giudiziale si riferisca non al diritto vigente, bensì alle possibili evoluzioni normative, come affidandosi ad esse per correggere un orientamento del quale, evidentemente, non si è del tutto convinti.
Sta di fatto che, come noto, il disegno attuativo della legge 124/2015 introduce ulteriori stratificazioni e differenziazioni tra quelli che, entrato in vigore il decreto attuativo, saranno tutti (purtroppo) ex segretari comunali. Infatti, ritornando all’originale disegno del 1998 e del Ccnl, i segretari in fascia A e B verranno inseriti automaticamente nel ruolo unico dei dirigenti locali (il che non fornisce, comunque, alcuna certezza sul prosieguo degli incarichi, vista l’impostazione della riforma Madia). I segretari di fascia C, invece, avranno davanti a sé l’ordalia della possibilità di essere inseriti (in ruolo? In sovrannumero? Non si è capito) negli organici degli enti locali come funzionari per un biennio, accompagnati da un “progetto formativo”, come se il concorso già vinto non fosse sufficiente; alla fine del percorso formativo potrebbero essere incaricati come dirigenti, ma superando un ulteriore esame. I più assistiti dalla volontà divina (come del resto sempre avviene nelle ordalie), invece, potranno essere incaricati direttamente come “dirigente apicale” e se permarranno in questa carica per 18 mesi consecutivi, accederanno automaticamente al ruolo unico della dirigenza.
Sostenere che in questo modo si aggiunge caos al caos appare scontato e oggettivo.
Ma, non finisce qui. Lo schema di decreto legislativo attuativo della legge 124/2015 non ha traccia alcuna di una norma come quella auspicata dalle Sezioni Unite della Cassazione. Però, nella Relazione Tecnica di accompagnamento vistata dalla RGS, a pagina 6, penultimo capoverso, (nell’ambito dell’analisi all’art. 10) si afferma quanto segue: “ulteriore disposizione transitoria, finalizzata a superare situazioni di contenzioso in atto e comunque limitata ad un numero limitato di unità di personale, riguarda i soggetti che hanno prestato servizio come segretari comunali di cui all’articolo 1, comma 49, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nei cui confronti la mobilità verso altre pubbliche amministrazioni si è conclusa prima dell’entrata in vigore della suddetta legge e che prestano o hanno prestato servizio quali dirigenti di pubbliche amministrazioni con contratto di lavoro a seguito di sentenza favorevole, anche non definitiva, nonché quelli di cui all’articolo 10-bis, comma 3, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, previa rinuncia espressa ad ogni ulteriore contenzioso: per essi, si prevede l’inquadramento nel ruolo unico dei dirigenti statali”.
La “norma fantasma”, presente solo nella relazione tecnica, aggiungerebbe disparità ulteriore, perché finirebbe per esaltare ulteriormente l’effetto divino del tocco del Fato, in quanto attribuirebbe la qualifica dirigenziale ai pochi fortunati che hanno avuto sentenze favorevoli non definitive. Una norma, insomma, che trarrebbe la Cassazione dall’imbarazzo di confermare il proprio orientamento, dando di fatto ragione ai giudici di merito, ma senza incidere sull’orientamento della Suprema corte, però ulteriormente frammentando la categoria in figli e figliastri, essendo questi ultimi in particolare quelli che, invece, hanno visto il proprio contenzioso giungere fino appunto in Cassazione
Forse, quindi, il testo del decreto legislativo attuativo riserverà ulteriori sorprese, non certamente positive, né per i segretari comunali, né per la coerenza del sistema.
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