Poletti e i numeretti
Che accade, in un paese “normale”, se un ministero fornisce un dato economico palesemente errato, lo difende con dotte argomentazioni metodologiche, sul filo di dare di ignorante a chi non avesse afferrato le determinanti del numerone, ed il giorno successivo se ne esce con una rammaricata nota in cui conferma di aver compiuto un marchiano errore? Negli altri paesi non sappiamo: in Italia prevale un assordante silenzio, soprattutto sui media.
La sostanza è che, nel fornire i dati sulle comunicazioni obbligatorie relative ad attivazioni e cessazioni di contratti di lavoro cumulate nel periodo gennaio-luglio 2015, il ministero guidato da Giuliano Poletti si è inizialmente “scordato” di circa 400.000 cessazioni. Nella prima comunicazione ministeriale, del 25 agosto, nel periodo gennaio-luglio il saldo netto dei contratti a tempo indeterminato era pari a 420.325, con un incremento monstre del 112% sul corrispondente periodo del 2014. Un raddoppio dei contratti “stabili”, in pratica, e questo grazie al Jobs Act, in vigore da marzo 2015, ed ai sussidi alle assunzioni, in vigore da gennaio di quest’anno?
Troppo bello per essere vero ed infatti qualcuno si insospettisce e fa domande. Anche perché i conti proprio non tornano rispetto alla semplice somma algebrica delle comunicazioni mensili, che dava poco meno di 116.000 nuove attivazioni nette a tempo indeterminato. Un plauso alla tigna va a Marta Fana, che sul manifesto e sui social network aveva tempestivamente segnalato la discrepanza, ad e cui oggi spetta di diritto il victory lap.
Di fronte alle richieste di spiegazioni, peraltro provenienti da praticamente nessuno dei media, il ministero inforcava gli occhiali da dottor Balanzone imolese e faceva sapere per le vie brevi: “sono le revisioni, stupidi”:
«Si tratta di dati di flusso, aggiornati progressivamente. Fa così anche l’Istat, ma nessuno obietta mai»
Eh già, l’odiato Istat. Quello che porta brutte notizie per i trombettieri, quello che “fa sondaggi”, come disse il nostro consapevole e sereno premier. Bisognava dar sulla voce all’Istat, no? Inondare il paese di belle notizie, che poi sono “la realtà”, e basta con questi speciosi distinguo, che ci impediscono di comunicare bene le meravigliose cose che accadono in Italia. Certo che una “revisione” di dati di questa magnitudine nessuno l’aveva mai vista. E infatti non l’hanno vista nemmeno al Ministero del Lavoro, visto che ieri sono usciti con un comunicato che ammetteva l’errore, portando il saldo netto di nuove attivazioni a tempo indeterminato a 117.498, ed aggiungendovi 210.260 stabilizzazioni. Il che rappresenta occasione per dire che l’incremento dei tempi indeterminati è del 39,3% anziché del 30,5%. In altri termini “si, ci saremo anche sbagliati, ma sempre per difetto”.
Ed è bastata questa “correzione” per permettere ai nostri occhiuti media di rilanciare la notizia del “piùtrentanovepercento di nuovi posti fissi, venghino!”. E solo in tarda serata, quando ormai era evidente a tutti o quasi la cappellata algebrica del ministero, che le testate online hanno timidamente iniziato a lanciare la notizia, pur se rigorosamente in termini di “il ministero si corregge”. Tutti tranne SkyTg24, che ha proseguito tetragono a parlare del “piùtrentanovepercento”. Ah, il Tg La7 non pervenuto, per la cronaca minuta. Solo stamane, con le rassegne stampa cartacee, a Sky hanno deciso che la notizia poteva essere data senza troppi disturbi. Quindi, delle due l’una: o a Sky lavorano in modo molto pacioso e ritengono di poter prendere buchi allo stesso modo in cui prendono le buche sulla Salaria, oppure sono distratti. Il che non appare una medaglia al valore per la direttora Sarah Varetto, sempre così pronta e reattiva a denunciare sprechi, costi e furbetti. La reincarnazione del Gabibbo, in pratica. E comunque, che sarà mai un errore di 400.000 cessazioni non riportate? Sono le revisioni, signora mia.
È più chiaro, ora, quello che intendeva il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, nella sua intervista-sfogo di qualche tempo addietro? Ma sono sofismi di gufi. Il futuro ci sorride, i watchdog fanno le fusa. Poletti resta al suo posto. E andiamo avanti, portando il teatrino nei cento teatri d’Italia.
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