tratto da lavoripubblici.it

PNRR: ancora ritardi nell’attuazione del Piano

Pubblicata la nuova Relazione semestrale della Corte dei Conti. Ancora evidenti gap territoriali e preoccupa la scarsità di manodopera nel settore costruzioni

La Corte dei Conti ha pubblicato la Relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, elaborata dalle Sezioni riunite in sede di controllo e che verrà presentata il prossimo 28 marzo al Parlamento.

Indice degli argomenti

La nuova relazione si inserisce in una fase in cui le iniziative del Piano hanno in larga parte preso avvio, quantomeno sotto il profilo amministrativo. Essa è suddivisa in due sezioni principali:

  • la Sezione I, composta a sua volta da due macrosezioni:
    • analisi degli aspetti generali legati alla struttura e all’organizzazione del Piano, con particolare riferimento al tema della governance del PNRR e a quello dell’articolazione delle risorse finanziarie;
    • verifica dell’attuazione del Piano, sotto molteplici prospettive:
      • il progresso verso il conseguimento degli obiettivi (target e milestone), sia di quelli concordati a livello europeo sia di quelli stabiliti in ambito nazionale in relazione al II semestre 2022 e a quello in corso (I semestre 2023)
      • il monitoraggio dell’attuazione del PNRR è stato approfondito attraverso la lente dei flussi finanziari che lo stesso movimenta
  • la Sezione II contiene tre temi di approfondimento:
    • gli interventi per la coesione territoriale;
    • l’esame delle altre due dimensioni trasversali del Piano: il superamento dei divari generazionali e di genere;
    • il settore delle costruzioni, tenendo conto che una parte significativa delle risorse mobilitate con il PNRR e con il Piano complementare va ad attivare la filiera delle costruzioni. L’analisi mette in evidenza i possibili vincoli dal lato dell’offerta e i problemi di reperimento della manodopera.

Al termine del 2022, avevano trovato completamento,soprattutto in termini di dotazione organica, le strutture o le unità di missione con compiti di coordinamento monitoraggio, rendicontazione e controllo ai sensi dell’art. 8 d.l. n. 77/2021, superando le difficoltà riscontrate nella copertura delle posizioni, soprattutto di livello dirigenziale, segnalate nella precedente relazione.

In particolare, a fine anno, le strutture dedicate al PNRR risultavano dirette da 107 unità dirigenziali (e disponevano di 544 unità di personale non dirigenziale, prevalentemente reclutato con formule contrattuali a tempo determinato. A ciò si aggiunge il contingente di esperti, in gran parte ex art. 7, c. 4, d.l. n. 80/2021, che vede, a fine 2022, 366 unità in servizio, non avendo tutte le Amministrazioni ministeriali ultimato le procedure di contrattualizzazione.

Come spiega la Corte dei Conti le modalità di reclutamento del personale dedicato al PNRR con formule non stabili hanno fatto emergere non poche difficoltà, per le amministrazioni, nel garantire la continuità operativa delle strutture che, al contrario, necessiterebbero di un quadro di risorse certo per tutto l’orizzonte temporale del Piano.

Proprio per questo è intervenuto il D.L. n. 13/2023 (c.d. “Decreto PNRR 3″) che ha previsto specifiche procedure di stabilizzazione e la riorganizzazione delle strutture deputate al PNRR, rimettendola alle singole amministrazioni ministeriali o disponendola direttamente, attraverso l’istituzione dell’Ispettorato generale per il PNRR presso il Ministero dell’economia e delle finanze e della Struttura di missione PNRR presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Sul punto, la Corte evidenza come l’importante azione di riorganizzazione richiederà un’attuazione senza soluzione di continuità con gli attuali moduli organizzativi per evitare ulteriori rallentamenti.

Rispetto alle previsioni iniziali, la nuova pianificazione – già annunciata dal Governo nella NaDef 2022 – contempla una traslazione in avanti delle spese originariamente assegnate al triennio 2020-2022, per oltre 20 miliardi complessivi. Nel successivo biennio 2024-2025 è poi stimato il picco di spesa, con valori annuali che supereranno i 45 miliardi.

Spostando l’attenzione sui profili di attuazione del Piano, risultano tutti conseguiti i 55 obiettivi europei del secondo semestre 2022: 38 iniziative hanno esaurito gli obiettivi europei fissati, di cui 31 riforme e 7 investimenti. Dette 38 misure in discorso non possono naturalmente considerarsi ultimate, in quanto le stesse potrebbero necessitare di step realizzativi ulteriori, rispetto agli obiettivi concordati in sede europea.

Per i 52 obiettivi nazionali, la ricognizione effettuata dalla Corte dei conti evidenzia un tasso di conseguimento più basso (62% pari a 32); a fine anno, le attività inerenti a 7 target risultavano solo avviate, 5 target figuravano ancora in via di definizione, mentre per ulteriori 8 obiettivi emergevano ritardi rispetto alla scadenza programmata.

Ancora intenso lo sforzo profuso nello scorso semestre sul fronte delle riforme strutturali, in particolare nel settore della giustizia civile e penale, in quello della concorrenza e delle politiche attive del lavoro. È proseguito il percorso riformatore che investe la pubblica amministrazione, nella prospettiva della semplificazione procedurale, del miglioramento del sistema di riscossione, di favorire la compliance dei contribuenti, nonché del miglioramento dell’efficienza della spesa, rafforzando le tecniche di analisi e valutazione.

Inoltre importanti avanzamenti registrati nel settore dell’istruzione e per gli investimenti infrastrutturali, prevalentemente legati al settore dei trasporti ferroviari, nonché sul fronte della transizione verde e digitale, in particolare nel settore pubblico e in campo sanitario.

Nel semestre in corso l’avanzamento del Piano impone ulteriori 27 obiettivi europei; continua ad essere prevalente il peso delle milestone (n. 20) rispetto ai target quantitativi (n. 7), seppure questi ultimi assumano un peso progressivamente maggiore, in coerenza con l’evoluzione del Piano verso le fasi realizzative. Di questi solo un target risulta allo stato come già conseguito.

Sulla base della ricognizione effettuata dalla Corte, le valutazioni delle Amministrazioni titolari in merito al grado di complessità di tali obiettivi restituiscono un quadro in cui tutti i traguardi e i target in scadenza sono classificati con gradi di difficoltà medi o bassi; i possibili ostacoli alla tempestiva realizzazione sono stati identificati:

  • nelle tempistiche di adozione dei provvedimenti normativi e regolamentari;
  • nella chiusura di eventuali procedure di gara e all’aggiudicazione dei contratti;
  • nel rischio di partecipazione ai bandi di un numero di soggetti inferiore al livello atteso;
  • nella rendicontazione dei progetti;
  • nelle criticità settoriali (in particolare nei progetti in materia di idrogeno).

Nel corso del primo semestre 2023, il quadro degli obiettivi da conseguire comprende anche ulteriori 54 scadenze nazionali, di cui 12 derivanti da scelte di riprogrammazione operate dalle amministrazioni responsabili.

Dal punto di vista finanziario risulta che a febbraio 2023, ammontano a 4,8 miliardi i fondi che le Amministrazioni centrali titolari di interventi hanno trasferito ai soggetti attuatori o ai realizzatori delle specifiche iniziative di spesa. Si tratta di circa il 70% di quanto ricevuto in disponibilità (7 miliardi) dai conti centrali su cui transitano le somme del Fondo di rotazione Next Generation EU-Italia.

Considerando anche i trasferimenti diretti a valere su tali due conti centrali, il complesso dei pagamenti dalle contabilità di tesoreria agli attuatori e ai realizzatori raggiunge il totale di 6 miliardi, interessando 97 misure; i destinatari di tali fondi sono stati in larga maggioranza le società pubbliche e gli enti territoriali.

Oltre la metà delle misure interessate dai flussi mostra ritardi o sia ancora in una fase sostanzialmente iniziale dei progetti.

Per quanto concerne le iniziative c.d. “in essere”, l’andamento denota un tasso di finalizzazione degli stanziamenti in crescita nel triennio, ma comunque fermo nel 2022 al 41%. Particolarmente a rilento l’avanzamento dei pagamenti nelle missioni legate alle politiche agricole, all’istruzione scolastica e agli interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni.

I progressi registrati dal sistema ReGiS, consentono inoltre di approfondire l’esame dello stato di avanzamento del Piano anche con riferimento ai progetti attivati nelle singole misure.

A fronte delle iniziative in corso e in mancanza del dato effettivo relativo alla quota di utilizzo della misura c.d. Superbonus a carico del PNRR, la spesa sostenuta dalle Amministrazioni può essere stimata, a fine 2022, in oltre 23 miliardi, circa il 12% delle dimensioni finanziarie complessive del Piano (191,5 miliardi). Essa è associabile a 107 delle 285 misure previste, di cui 2 riforme e 105 investimenti. Spiega la Corte che l’accelerazione rispetto al cronoprogramma, che prevedeva nel triennio 2020-2022 un livello di spesa sostenuta di 20,4 miliardi, è dovuta sostanzialmente alla misura dei crediti d’imposta del piano Transizione 4.0 relativi ai beni strumentali innovativi e alle attività di formazione, nonché all’intervento di rafforzamento dell’Ecobonus-Sismabonus; in entrambi i casi si è registrato un livello di spesa molto più elevato di quanto previsto.

Al netto di tali misure, il livello di attuazione finanziaria scende al 6%. Ad esclusione della missione 3 “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” (con un rapporto tra spesa sostenuta e totale delle risorse del 16,4%), tutte le altre missioni si attestano ben al di sotto del 10%; tre missioni (4, 5 e 6) non raggiungono nemmeno la soglia del 5%. Tale situazione mette in evidenza l’importante sforzo finanziario richiesto nei prossimi anni per assicurare il pieno utilizzo delle risorse stanziate nel Piano.

Nel periodo triennale, un progresso più lento, rispetto al cronoprogramma, si rileva nelle misure della componente 3 “Turismo e cultura 4.0” (ferma al 4,8%) della missione 1 “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, e nelle missioni 5 “Inclusione e coesione” (37,8%) e 6 “Salute” (23%).

Sempre analizzando i datu su ReGiS, il 39,2% delle risorse si è concentrato al Sud e Isole (28,6 miliardi), il 29,9% al Nord (21,7 miliardi) e il 15,2% al Centro (11 miliardi). Circa il 16% delle risorse (11,5 miliardi) si riferisce a misure il cui riparto non è riconducibile in maniera univoca ad una regione specifica, trattandosi di provvedimenti che rinviano la localizzazione puntuale ad atti successivi.

La distribuzione regionale delle risorse risente, in parte, della variabile demografica, ma emerge con evidenza la corsia preferenziale attivata per il Mezzogiorno, atteso che in tutte le regioni del Sud e nelle Isole la quota di risorse assegnata supera il relativo peso in termini demografici.

Il passaggio dalla fase della ripartizione delle risorse, a quella progettuale, preordinata alla attuazione degli investimenti, è segnato dalla approvazione dei singoli interventi, attività non ancora completata per tutte le misure che sono state oggetto di riparto. Alla data di osservazione, infatti, risultano attivati oltre 100 mila progetti riferibili a 64 misure, rispetto alle 84 formalmente territorializzate, per un totale di costo ammesso sulle risorse PNRR di 60,2 miliardi e finanziamenti complessivi pari a 72,05 miliardi.

Più del 53% dei progetti e il 42% del finanziamento delle misure ripartite vede come soggetto attuatore i Comuni.

La quasi totalità degli enti comunali risultano coinvolti nelle iniziative del Piano. Il livello elevato di partecipazione alle procedure di selezione e l’esito favorevole delle stesse evidenzia tre aspetti da valutarsi positivamente:

  • la capacità delle amministrazioni comunali di cogliere la portata del PNRR come opportunità per il rilancio e la crescita del sistema economico locale;
  • l’efficacia dell’azione amministrativa e tecnica messa in campo dalle amministrazioni,
  • la diffusione capillare del PNRR su tutto il territorio nazionale.

Gli enti comunali più svantaggiati risultano affidatari di oltre il 55% dei progetti, assorbendo circa il 22 % delle relative risorse finanziarie. Ne emerge un’articolazione degli investimenti coerente con l’obiettivo strategico di favorire gli enti caratterizzati da condizioni territoriali di marginalità, i quali, essendo prevalentemente di piccole dimensioni, sono impegnati nella realizzazione di iniziative di taglio più contenuto.

Pur non potendosi trascurare i timori sull’effettiva capacità di spesa delle amministrazioni comunali, I Comuni hanno registrato una spesa in media annua di 11,4 miliardi contro i circa 9 del periodo 2017-2020. Un andamento che sembra rispecchiare l’immissione di nuove risorse e l’avvio di una stagione progettuale fuori dall’ordinario.

Parallelamente al PNRR, anche i programmi del Piano complementare muovono i loro passi in avanti. Tuttavia, l’esame del progresso nel conseguimento degli obiettivi intermedi previsti nei cronoprogrammi evidenzia criticità e ritardi dovuti a

  • difficile situazione di contesto (inflazione e caro energia);
  • conseguimento delle autorizzazioni da parte della Commissione europea in tema di aiuti di Stato.

Tutto ciò ha richiesto un intervento straordinario di riprogrammazione delle scadenze, con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 1° agosto 2022 che ha disposto che gli adempimenti stabiliti per ciascuno dei primi tre trimestri del 2022 potessero essere realizzati entro il rispettivo trimestre successivo, ma comunque entro la fine dell’anno. Ne è conseguito un progressivo slittamento negli adempimenti, che non risultano smaltiti completamente a fine esercizio. Nel primo semestre del 2023, agli obiettivi non completati, in ritardo o parzialmente completati nel 2022 (n. 40) si aggiungono ulteriori 37 nuovi adempimenti, di cui 14 da realizzare nel primo trimestre e 23 nel secondo.

Dei 24 programmi osservati solamente per 21 sono stati concretamente avviati i progetti; ad essi si associano risorse del PNC per 16,7 miliardi. Rispetto a tale aggregato, gli importi complessivamente ripartiti ammontano a 15 miliardi, evidenziando un livello di attivazione delle risorse pari a poco meno del 90 %. L’attuazione di tali iniziative, consistenti in gran parte nella realizzazione di lavori pubblici, è prevalentemente affidata a società commerciali, con varia veste giuridica, al comparto degli enti territoriali, agli enti o autorità portuali e a quelli del servizio sanitario.

Sotto il profilo della destinazione territoriale, la quota di risorse oggetto di ripartizione per aree regionali (13,2 miliardi) è assegnata, per oltre il 42%, al sud e alle isole, mentre la restante quota è ripartita in misura uniforme tra centro e nord.

Nel primo capitolo della Sezione II della relazione si offre un approfondimento dedicato alla riduzione dei divari territoriali, uno degli obiettivi trasversali del PNRR.

L’analisi, in primo luogo, ha confermato come anche in questo campo il Sud presenti ritardi significativi rispetto alla media italiana. Un secondo tema messo in luce è quello della grande eterogeneità che caratterizza le regioni meridionali in fatto di dotazioni digitali. Ciò suggerisce l’opportunità di definire politiche che seguano un approccio verticale, con cui si selezionino le misure più adatte a completare le dotazioni digitali delle diverse aree meridionali.

Il secondo approfondimento tematico della Sezione II è dedicato agli altri due obiettivi trasversali del Piano, ovvero quelli della riduzione del divario generazionale e di genere:

  • il tasso di occupazione giovanile (al 31,1% tra i 15 e i 29 anni) è inferiore di oltre 16 punti alla media europea, i giovani che non studiano e non lavorano nella stessa fascia sono il 23% contro il 13 della UE;
  • il tasso di mancata partecipazione al lavoro delle donne è al 22,8% in Italia contro il 10,9% europeo (il 5,1 in Germania, il 9,8 in Francia);
  • le donne che vivono in famiglie con grave deprivazione abitativa sono il 6,1%in Italia contro l’1,3% in Germania e il 3,8 in Francia.

Il PNRR assegna 49,7 miliardi per il divario di genere e di 54,6 miliardi per interventi a favore della questione giovanile. A fine 2022 erano 131 i traguardi e obiettivi relativi a misure che intersecano le due dimensioni trasversali in discorso, di cui 24 in comune tra le stesse. Di tali obiettivi, sempre a fine anno, ne risultano completati 118, il 90 %, tra i quali rientrano tutti quelli aventi rilevanza europea. Nel 2023 dovranno essere conseguite altre 69 scadenze.

Infine, a chiusura della Sezione II, la relazione presenta un approfondimento sulle sfide che l’attuazione del PNRR riserva al settore delle costruzioni. Ricorda la Corte come fra la fine del 2019 e il secondo trimestre del 2022 gli investimenti in costruzioni hanno registrato una crescita del 29%, pari a 10 miliardi al trimestre (quindi circa 40 su base annua).

Su tale andamento hanno inciso, oltre alle condizioni favorevoli di contesto, gli incentivi fiscali particolarmente generosi, in parte finanziati dal PNRR e dal PNC nella prospettiva di favorire la transizione ambientale.

L’andamento positivo del settore ha, tuttavia, sollevato dubbi riguardo alla sostenibilità di una crescita così accesa da parte della filiera. Si sono registrati significativi incrementi occupazionali, sfociati in problemi di reperimento di manodopera.

Tali tensioni, cui si aggiungono quelle ampliate – dalle dinamiche dei mercati internazionali – sul fronte dei prezzi, segnalano come il comparto si approssimi alla saturazione della capacità produttiva, necessitando esso stesso di investimenti e allargamento della base produttiva per tenere il passo degli obiettivi del PNRR.

Come spiega la Corte, il flusso di opere attivato dal Piano e dal PNC, rapportato al periodo in cui andrebbero realizzati gli investimenti secondo il programma, potrebbe complicare la situazione.

In mancanza di una capacità produttiva adeguata, gli investimenti attivati potrebbero procedere a rilento, non riuscendo a rispettare gli obiettivi e mettendo a rischio i finanziamenti della UE al nostro Paese. In alternativa, gli investimenti del PNRR potrebbero anche venire realizzati, divenendo una sorta di canale prioritario rispetto ad altre attività, con conseguente “effetto spiazzamento” di queste ultime e un’attenuazione dello stimolo atteso dal PNRR sulla crescita.

Di fronte alle difficoltà di reperimento di manodopera emerse negli ultimi due anni, si pone quindi la necessità di assecondare la domanda di lavoro delle imprese, garantendo un adeguato flusso di lavoratori in ingresso nel mercato, eventualmente favorendo gli arrivi dall’estero. Politiche specifiche per l’occupazione in edilizia, legate, oltre che all’inserimento di lavoratori stranieri, all’avvicinamento dell’offerta alla domanda, possono agevolare la realizzazione dei piani del PNRR, data la scarsa preferenza dei giovani italiani per questo tipo di occupazioni.

In questo senso, la crescita delle costruzioni non appare risolutiva dei divari di genere, e può concorrere solo limitatamente a ridimensionare i gap generazionali in Italia.

Un contributo potrà invece derivare dalla progettazione, con la maggiore occupazione richiesta negli studi professionali, caratterizzati da una quota maggiore di giovani e donne con titoli di istruzione elevati, proprio in connessione alla realizzazione degli investimenti in costruzioni del PNRR.

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