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Danno erariale da mancata trasparenza: 1) sussiste anche se è stata abrogata la norma; 2) è responsabile anche il sindaco; 3) non è responsabile il dirigente della Ragioneria

 
 

Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, sentenza n. 185 del 5 marzo 2018

Ai fini del decisum, è bene svolgere una breve ricostruzione normativa per meglio comprendere il significato e la portata delle disposizioni violate, posta alla base dell’azione di responsabilità di cui al presente giudizio, e costituite dall’art. 11, commi 8 e 9, del decreto legislativo 27 ottobre 2009 n. 150 (vigenti al tempo), che recitano per la parte che qui occupa:

«8. Ogni amministrazione ha l’obbligo di pubblicare sul proprio sito istituzionale in apposita sezione di facile accesso e consultazione, e denominata: “Trasparenza, valutazione e merito”: lettera a) omissis; lettera i) gli incarichi, retribuiti e non retribuiti, conferiti ai dipendenti pubblici e a soggetti privati.

9. In caso di… mancato assolvimento degli obblighi di pubblicazione di cui ai commi 5 e 8 è fatto divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti preposti agli uffici coinvolti» (la disposizione in esame è rimasta in vigore sino alla sua abrogazione, intervenuta per effetto dell’art. 53, comma 1, lett. B, del D. lgs. 14.03.2013, n. 33, contestualmente sostituita, con modificazioni, dall’art. 15 dello stesso decreto).

In punto di applicabilità della riferita disciplina normativa alle autonomie locali ci si muove nel solco della precedente decisione di questa Sezione n. 384 del 2016 e della Sez. Lazio n. 81 del 2015 e n. 323 del 2016.

Nemmeno può assumere rilievo la successiva, intervenuta abrogazione dell’art. 11 d.lgs. n. 150 del 2009 e, quindi, anche del divieto posto dal nono comma, da parte dell’art. 53, comma 1, lett. i), del ridetto D. lgs. n. 33 del 2013, così come la asserita natura “sanzionatoria” della disposizione de qua, che richiederebbe, perciò solo, l’attualità della violazione.

Osserva, sul punto, il collegio, che solo in ambito penale vale il principio dell’applicazione retroattiva della lex mitior (ex art. 2 c.p.), quale corollario del principio del favor rei, costituzionalmente garantito (secondo autorevole dottrina, sulla base dell’art. 3 e del principio di uguaglianza sostanziale e della parità di trattamento). In materia opera invece il principio del tempus regit actum previsto dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al cod. civ. (c.d. preleggi), secondo cui la legge ordinariamente dispone solo per l’avvenire, non potendo avere efficacia retroattiva se non in base ad una espressa previsione. Ciò comporta che lo ius superveniens si applichi esclusivamente (salvo il caso in cui la legge stessa, come detto, non disponga anche per il passato) alle fattispecie sorte successivamente alla sua entrata in vigore. Ne consegue che la norma preesistente continua ad essere applicata ai rapporti sorti durante il tempo in cui era vigente, anche se successivamente intervenga una nuova norma che regoli diversamente la stessa fattispecie.

La condanna per danno erariale presuppone l’attualità del medesimo e non certo della violazione.

Quanto alla concorrente responsabilità del dirigente della Ragioneria, opina il collegio che non era certamente compito suo verificare se nelle relazioni del Nucleo di Valutazione e nelle determinazioni dei dirigenti che via via hanno disposto la liquidazione della indennità di cui trattasi, fossero stati rispettati tutti i presupposti normativi richiesti dalla legge ai fini di una valutazione positiva dei medesimi dipendenti, e se nulla ostasse alla erogazione di tale emolumento (in senso conforme, anche il principio contabile n. 2, predisposto dall’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali, al par. 91, vigente ratione temporis, secondo cui in fase di liquidazione la verifica della completezza della documentazione prodotta e della idoneità della stessa a comprovare il diritto del creditore fosse appannaggio del dirigente che liquida la spesa).

Quanto alla mancanza dell’elemento soggettivo della colpa grave nell’ex sindaco, val la pena rammentare che tutto il sistema di valutazione della dirigenza, si basa sul principio secondo cui l’organo politico fissa le linee direttrici e gli indirizzi programmatici e strategici dell’Amministrazione, e assegna ai dirigenti le necessarie risorse umane, finanziarie e strumentali affinché questi possano realizzare tali obiettivi, il cui grado di raggiungimento rileva in termini di erogazione della retribuzione di risultato.

Alla luce di tali previsioni, non è dunque revocabile in dubbio che il sindaco, in qualità di capo dell’Amministrazione comunale e quindi come organo di governo dell’ente, fosse tenuto ad introdurre, a livello organizzativo generale, le pregnanti novità introdotte dal decreto n. 150 del 2009, e ad attribuire specificamente a monte, ai dirigenti, gli obiettivi di trasparenza ivi imposti; e di verificarne, a valle (anche per il tramite del Nucleo di valutazione), il conseguente raggiungimento, pena il divieto di erogazione dell’indennità di risultato. Così come era tenuto a provvedere ad individuare (giusta l’art. 50, comma 12, e 109, comma 1 del TUEL) il responsabile della trasparenza, la cui nomina (avvenuta solo nell’anno 2014) avrebbe probabilmente consentito di mettere in luce gli inadempimenti in questione.

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