tratto da quotidianopa.leggiditalia.it

La violazione di norme imperative conduce all’annullamento dell’assunzione disposta anche se con ritardo

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone

Un ente locale procedeva all’annullamento dell’assunzione del comandante della Polizia Locale, stabilizzato in via diretta, anziché mediante concorso pubblico con riserva non superiore al 40% ovvero mediante applicazione di specifici punteggi atti a valorizzare i precedenti contratti a tempo determinato, previa, in ogni caso, l’obbligatoria mobilità volontaria. L’errore sulla corretta procedura di stabilizzazione discendeva dalle regole precedenti alle disposizioni della Legge Brunetta (D.L. n. 78 del 2009), dove era possibile procedere alla stabilizzazione del personale precario ai sensi della L. n. 296 del 2006 (Finanziaria 2007), integrata con le previsioni della L. n. 244 del 2007 (Finanziaria 2008). Successivamente il D.L. n. 78 del 2009 non ha più consentito l’assunzione diretta dei precari, ma la possibilità di stabilizzazione è stata disciplinata nell’ambito dei principi di carattere generale. In particolare, l’art. 17, comma 10, del citato D.L. n. 78 del 2009 ha previsto che, nel triennio 2010-2012, le Amministrazioni pubbliche – nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno nonché dei vincoli finanziari previsti dalla normativa -, potessero esclusivamente bandire concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato, sia pure con una riserva di posti, non superiore al 40 per cento di quelli messi a concorso, per il personale non dirigenziale in possesso dei requisiti di cui all’art. 1, commi 519 e 558L. 27 dicembre 2006, n. 296 e di cui all’art. 3, comma 90L. 24 dicembre 2007, n. 244 (citate leggi finanziarie per gli anni 2007-2008). Da tale norma ne è conseguito che per la stabilizzazione dei dipendenti a tempo determinato, che hanno acquisito un’anzianità triennale come previsto dalle leggi finanziarie del 2007-2008 è solo prevista la riserva del 40% nell’ambito dei pubblici concorsi indetti dall’ente, sicché la valorizzazione della loro esperienza è effettuata sempre e soltanto nell’ambito di prove concorsuali pubbliche in termini di punteggio. Pertanto, qualora la procedura fosse stata conclusa entro la data del 31/12/2009 risultava legittima la stabilizzazione diretta, mentre in caso di conclusione della procedura a partire dal 01/01/2010 l’ente locale avrebbe dovuto seguire esclusivamente le nuove disposizioni normative che imponevano un concorso pubblico.

Pertanto, essendo la stabilizzazione diretta contenuta nella deliberazione di Giunta Comunale adottata nell’anno 2009, pur tuttavia solo con successiva deliberazione di Giunta Comunale del 2010 è stata data attuazione alla prevista stabilizzazione. Tanto che il relativo contratto a tempo indeterminato veniva sottoscritto nel dicembre del 2010. Su tale questione sono intervenuti sia i revisori dei conti che il responsabile dei servizi del personale, a parere dei quali non era possibile tenere in vita il rapporto a tempo indeterminato, in quanto disposto in violazione di legge. L’ente, pertanto, procedeva ad annullare la deliberazione di Giunta Comunale nonché i successivi atti, ivi incluso il contratto di lavoro stipulato a tempo indeterminato con il Comandante.

I motivi di impugnazione del ricorrente

In considerazione dell’annullamento dell’assunzioni il Comandante impugna innanzi al TAR le disposizioni, affidandosi ai seguenti motivi di doglianza: a) violazione dell’art. 7L. n. 241 del 1990, stigmatizza l’omessa comunicazione di avvio del procedimento da parte dell’ente e la conseguente lesione dei suoi diritti partecipativi; b) violazione dell’art. 21-noniesL. n. 241 del 1990 e dell’art. 97 Cost. per non aver l’Ente correttamente esercitato il potere di annullamento in autotutela, non avendo motivato in ordine all’interesse all’adozione dell’atto, al di là di quello tendente al ripristino della legalità violata, sacrificando l’interesse del privato senza una ragionevole motivazione e in spregio all’affidamento che questi nutriva nel proprio ruolo, a distanza di tre anni dall’assunzione.

L’indicazione dei giudici amministrativi

Il Collegio amministrativo ha avuto modo di esprimersi su un caso similare (sentenza 21 luglio 2014, n. 4047) le cui conclusioni venivano confermate anche dai giudici amministrativi di appello (Cons. di Stato, Sez. V, 4 marzo 2015, n. 1078). Anche in tale caso, a seguito delle norme succedutesi nel tempo, era stato affermato che in assenza di un’apposita disciplina transitoria, debba applicarsi la disciplina sopravvenuta dettata dal D.L. n. 78 del 2009. In altri termini, la stabilizzazione del Comandante effettuata in via diretta avrebbe violato le norme imperative sopravvenute con il citato D.L. n. 78 del 2009. Pertanto, una volta entrata in vigore la nuova normativa, nel procedere alla stabilizzazione del personale precario, l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto attenersi alle previsioni del decreto legge sopravvenuto, e, in particolare, procedere alla necessaria indizione di un pubblico concorso, nel quale prevedere una riserva di posti, non superiore al 40% del totale in favore del personale precario in possesso dei requisiti di anzianità di cui al comma 558 dell’art. 1L. n. 296 del 2006. Il potere di autotutela esercitato dall’ente deve, quindi, ritenersi legittimo. D’altra parte, le norme in materia di stabilizzazione costituiscono norme imperative volte al soddisfacimento di superiori interessi pubblici concernenti l’assunzione a tempo indeterminato alle dipendenze della PA e, quindi risultano inderogabili dalle parti, con conseguente impedimento alla prosecuzione ulteriore del rapporto, pur restando fermi, ai sensi dell’art. 2126 c.c., gli effetti del rapporto per il periodo in cui questo ha avuto esecuzione (tra le tante Cass. civ., sent. n. 11559 del 2011).

In merito alle ulteriori doglianze del ricorrente, rileva il Collegio contabile come l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione poteva dirsi certamente attenuato in ragione della rilevanza degli interessi pubblici tutelati e adeguatamente soddisfatto attraverso il richiamo svolto alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni imperative in concreto violate, che normalmente possano integrare, ove necessario, le ragioni di interesse pubblico che depongano nel senso dell’esercizio di autotutela. D’altra parte il ricorrente non può reclamare un affidamento sulla stabilità del posto di lavoro acquisito in deroga al principio costituzionale del pubblico concorso.

Non merita, inoltre, condivisione la reclamata violazione dell’art. 21-noniesL. n. 241 del 1990, sussistendo, nel caso di specie, tutti i presupposti alla cui presenza la legge subordina il potere di autotutela della P.A. di annullamento degli atti amministrativi, ovvero: 1) l’illegittimità degli atti della procedura di stabilizzazione, per le considerazioni sopra esposte; 2) il preminente interesse pubblico al corretto espletamento delle procedure finalizzate al reclutamento dei pubblici dipendenti, motivato nei termini innanzi precisati; 3) un ragionevole lasso di tempo intervenuto tra il compimento della procedura di stabilizzazione (dicembre 2010) e il suo annullamento (maggio 2014), attesa la complessità delle procedure e la non immediata intelligibilità dell’evoluzione normativa intervenuta, aspetti che trovano conferma nella durata degli accertamenti compiuti per riscontrare le violazioni dedotte e nella natura delle valutazioni effettuate, avuto particolare riguardo alla rilevanza degli interessi di tutela in concreto perseguiti e richiamati nei provvedimenti impugnati.

Infine, non merita accoglimento il reclamato omesso avvio del procedimento, imposto dall’art. 7L. n. 241 del 1990, diretto a garantire l’instaurazione di un contraddittorio procedimentale tra le parti interessate in relazione a tutti gli aspetti che assumeranno rilievo ai fini della decisione finale. In questo caso, infatti, il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, né il ricorrente nel proprio ricorso ha mostrato elementi tali che avrebbero potuto indurre l’ente all’adozione di un atto conclusivo di diverso.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 20 novembre 2018, n. 6701

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