27/12/2023 – IMU – Agevolazioni ed Esenzioni

Sentenza del 20/12/2023 n. 864 – Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo Sezione/Collegio 6

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TESTO

Intitolazione:

IMU – Agevolazioni ed Esenzioni – L’esenzione si applica a tutti gli alloggi sociali che abbiano la funzione di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati – Sussiste – L’esenzione è subordinata all’onere di presentazione della dichiarazione – Non Sussiste

 

Massima:

A seguito delle modifiche apportate alla disciplina dell’IMU dal d.l. 102/2013 a decorrere dal 1 gennaio 2014 gli alloggi sociali espressamente destinati a ridurre il disagio abitativo di nuclei familiari svantaggiati sono equiparati alle abitazioni principali, con la conseguente loro esenzione dall’IMU, anche quando non vengano utilizzati direttamente dagli enti istituiti per la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Inoltre la Suprema Corte (v. Cass. 236802020) ha avuto modo di precisare che l’esenzione dell’imposta municipale propria per i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali, come definiti nel d.m. infrastrutture 22 aprile 2008, stabilita dall’art.13, comma 2, lett. b, d.l. n. 201 del 2011 come modificato dall’art. 1, comma 707, della l. n. 147 del 2013, non è subordinata all’onere di presentazione della dichiarazione, attestante il possesso dei requisiti e contenente gli identificativi catastali degli immobili. Una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme induce quindi a ritenere che l’esenzione dall’IMU si applichi a tutti gli alloggi sociali che abbiano la funzione di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati; e che la detrazione in misura fissa si applichi, invece, agli alloggi, che vengano concessi in locazione a canoni di mercato.

 

Testo:

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO L’A. ha impugnato l’avviso di accertamento che le era stato notificato dal Comune di Furci, per l’omesso pagamento dell’IMU dovuta per l’anno 2015, in relazione ad alcuni immobili di sua proprietà. Ha eccepito la decadenza del Comune dal potere impositivo, posto che l’avviso le era stato notificato oltre il termine di legge; mentre nel merito ha dedotto che l’IMU non era dovuta, posto che quegli immobili erano stati concessi in locazione a nuclei familiari svantaggiati, sulla base di apposite graduatorie, formate e gestite dallo stesso Comune impositore. Si trattava, quindi, di alloggi sociali, destinati a mitigare il disagio abitativo, e perciò esentati dall’imposta. Il Comune ha chiesto il rigetto del ricorso, e tale istanza è stata poi condivisa dal Giudice di primo grado. Il quale ha ritenuto che la notifica dell’avviso fosse tempestiva, dovendo per un verso tenersi conto delle sospensioni che il termine per l’accertamento aveva subito per effetto della pandemia da COVID; e dovendo farsi applicazione, per altro verso, del principio della cd. scissione degli effetti della notifica, per il notificante e per il destinatario: principio che si applicava anche agli atti di natura processuale, e che comportava che la notifica si considera tempestiva quando sia stata chiesta prima della scadenza del termine, a nulla rilevando che si sia poi perfezionata in epoca successiva. Mentre nel merito la Corte di primo grado ha ritenuto (sulla scorta di Cass. 281602008; 123132017) che l’esenzione spetti soltanto quando ricorra la duplice condizione che l’A. utilizza gl’immobili direttamente, e che gli stessi non producono redditi di sorta. Con l’appello l’A. ha reiterato entrambe le difese: in relazione alla prima (tardività della notifica dell’avviso di accertamento) ha ribadito che la notifica dell’avviso s’era perfezionata solo il 2932021, e quindi oltre il termine di legge (quinto anno successivo a quello in cui il versamento o la dichiarazione sono stati o avrebbe dovuto essere effettuati): termine che, per effetto delle anzidette sospensioni dovute alla pandemia, risultava prorogato fino al 2532021. Ed ha dedotto (citando a sostegno Cass. 100122021) che l’intero procedimento notificatorio avrebbe dovuto esaurirsi entro quel termine; ulteriormente lamentando che la sentenza, non avendo esaminato tale specifica difesa, era vulnerata da un difetto di motivazione. Quanto al merito, l’A. ha fatto presente che il primo Giudice aveva deciso la controversia senza tenere conto delle modifiche che erano state apportate, alla disciplina dell’IMU, dall’art. 2, comma 4, del d.l. 1022013, convertito nella l. 1242013: modifiche che avevano equiparato gli alloggi destinati a svolgere funzioni sociali alle abitazioni principali, con la conseguente loro esenzione dall’IMU, anche se gl’immobili non fossero stati utilizzati direttamente da essa A. A sostegno della tesi ha aggiunto che l’art. 6, comma 1, della l. R. Abruzzo n. 441999 stabilisce che la Regione “riconosce la funzione sociale degli alloggi di edilizia residenziale pubblica”; mentre la l. R. Abruzzo n. 961996 prevede che siano i Comuni ad indire i bandi di concorso per l’assegnazione di tali alloggi, ad istruire le relative pratiche, ad assegnarli agli aventi diritto, ed a quantificare il canone di locazione (tenendo conto del reddito del nucleo familiare e delle caratteristiche dell’alloggio); mentre la Regione avrebbe istituito un fondo col quale avrebbe concorso al pagamento del canone, nel caso che l’assegnatario avesse avuto un reddito inferiore ad una certa soglia. Il Comune ha chiesto il rigetto del gravame, ribadendo che l’avviso di accertamento era stato spedito tempestivamente (il 2432021), per cui era irrilevante la circostanza che fosse stato poi consegnato all’A. in data (nella specie 2632021, e non 2932021, come da quella dedotto) successiva alla scadenza del termine. Quanto al merito, ha fatto presente che il primo Giudice s’era uniformato alla giurisprudenza della Suprema Corte (v. anche Cass. 201352019), secondo cui l’esenzione spetta soltanto al verificarsi della duplice condizione dell’utilizzo diretto degli immobili, e della loro destinazione ad attività che non siano produttive di reddito: con la conseguenza che l’IMU è invece dovuta quando gli alloggi vengono concessi in locazione, anche se ad un canone ridotto. In subordine, il Comune ha fatto presente che, al più, potrebbe essere riconosciuta la detrazione (di ? 200 per ogni immobile) prevista dall’art. 13, comma 10, del d.l. 2012011, convertito nella l. 2142011. Ciò perché tale norma stabilisce esplicitamente che gl’immobili che erano di proprietà degli IACP, ed oggi sono delle A., beneficiano soltanto della riduzione, mentre l’esenzione (art. 13, comma 2, lett. b) della legge appena indicata) è riservata ai soli alloggi sociali. Ed una volta che la disposizione che prevede l’esenzione è di norma carattere speciale, non può farsene interpretazione analogica (art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale), ma va interpretata secondo il suo tenore letterale (art. 12 delle stesse disposizioni). Il Comune ha eccepito ulteriormente che l’A., per accedere al beneficio, avrebbe dovuto presentare una dichiarazione, con la quale individuava gl’immobili per i quali chiedeva l’esenzione, attestando che si trattava di alloggi sociali: ma anche tale dichiarazione era stata omessa. Da ultimo, il Comune ha fatto presente che i conduttori degli alloggi erano stati a suo tempo individuati da una commissione regionale di cui facevano parte funzionari dello I. e di esso Comune: sicchè i beneficiari non erano stati individuati dal Comune, che s’era invece limitato alla semplice consegna degl’immobili agli aventi diritto. Nel corso del giudizio, infine, il Comune ha eccepito ulteriormente che il difensore dell’A. sarebbe carente di “ius postulandi”, per essere un commercialista iscritto alla sezione A del relativo albo professionale. MOTIVI DELLA DECISIONE Ciò premesso in fatto, va subito respinta l’eccezione a cui si è fatto appena cenno, posto che, per venire iscritti alla sezione A) dell’albo professionale, è necessario avere conseguito la laurea magistrale in scienza dell’economia, oppure in scienze economico-aziendali, ovvero ancora una laurea rilasciata dalle facoltà di economia; ed avere superato l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di dottore commercialista, secondo le norme vigenti all’epoca in cui l’esame è stato sostenuto. E gli artt. 12, comma 3, lett. b) del d.lgs. 5461992 (come sostituito dall’art. 9 del d. lgs. 1562015), e 1, comma 3, del d. lgs. 1392005 stabiliscono che i commercialisti iscritti nella sezione A) dell’albo sono abilitati alla difesa tecnica dinanzi agli organi di giustizia tributaria. Passando ad esaminare il merito del gravame, questa Corte ritiene che la sentenza impugnata debba essere confermata nella parte in cui ha ritenuto che l’avviso di accertamento è stato notificato tempestivamente. A tale fine è utile ricordare che l’avviso avrebbe dovuto essere notificato (art. 1, comma 161, l. 2962006) “entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati”. Per cui quel termine sarebbe spirato il 31122020, ma a causa della pandemia da COVID è rimasto sospeso (art. 67, comma 1, d.l. 182020, convertito nella l. 272020) dall’8 marzo al 31 maggio del 2020, e quindi per 85 giorni, per cui scadeva il 2632021. Ed il Comune ha dimostrato d’avere proceduto alla notifica dell’avviso con lettera raccomandata, consegnando il plico all’Ufficio postale il 2432021 (v. l’attestazione dello stesso Ufficio postale, allegata in primo grado). Per cui trova applicazione il principio (v. Cass. SS.UU. n. 405432021; 223202014) della cd. scissione soggettiva degli effetti della notificazione, secondo cui “in materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria e degli effetti di questa sull’osservanza dei termini, previsti dalle singole leggi d’imposta, di decadenza dal potere impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, sancito per gli atti processuali dalla giurisprudenza costituzionale, e per gli atti tributari dall’art. 60 del d.P. R. n. 600 del 1973, trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti, né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli elementi necessari ai fini della notifica dell’atto e non quella, eventualmente successiva, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente”. Con la conseguenza che il primo motivo di gravame va respinto. Nel merito deve poi rilevarsi che tutte le sentenze di cui s’è detto in narrativa (Cass. 123132017; 281602008, che il primo Giudice ha posto a sostegno della decisione impugnata; e Cass. 201352019, citata dal Comune con la memoria di costituzione in appello) si riferiscono ad anni d’imposta anteriori al 2013: per cui non tengono conto delle modifiche che sono state apportate alla disciplina dell’IMU dal d.l. 1022013, convertito nella l. 1242013: il cui art. 2, comma 4, stabilisce che, a decorrere dal 112014, gli alloggi destinati a svolgere funzioni sociali sono equiparati alle abitazioni principali, con la conseguente loro esenzione dall’IMU, anche quando non vengano utilizzati direttamente dall’A. Analoga previsione, peraltro, era contenuta anche nell’art. 13, comma 2, lett. b) del d.l. 2012011, convertito nella l. 2142011, e poi modificato dall’art. 1, comma 707 della l. 1472013: articolo che stabiliva che, a decorrere dal 112014 “l’imposta municipale propria non si applica […] ai fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministero delle infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008”. Il richiamato D.M. del 22 aprile 2008, all’art. 1, definisce alloggio sociale “l’unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato”. A ciò deve aggiungersi che in Abruzzo le A. sono state istituite con la L.R. n. 441999; e tale legge, all’art. 6, stabilisce che “la Regione riconosce la funzione sociale agli alloggi di edilizia residenziale pubblica”. Mentre la L.R. Abruzzo n. 961996 prevedeva che spettasse ai Comuni (benché gli immobili fossero di proprietà degli I., ed oggi delle A.), la competenza ad indire i bandi di concorso per l’assegnazione degli alloggi (art. 3); a ricevere le relative domande (art. 5) ed a procedere alla loro istruttoria (art. 6); ad accertare la permanenza dei requisiti prima dell’assegnazione (art. 12) e ad assegnare in locazione gli alloggi (art. 13). Il successivo art. 22 stabiliva che il canone di locazione degli alloggi doveva essere determinato tenendo conto delle caratteristiche dei singoli appartamenti, e del reddito complessivo del nucleo familiare degli assegnatari. Ed infine l’art. 29 prevedeva l’istituzione, da parte della Regione, di un Fondo Sociale destinato a concorrere al pagamento del canone in favore di assegnatari disoccupati o pensionati, il cui reddito non superasse una determinata soglia. In applicazione dell’anzidetto complessivo quadro normativo, questa Corte ha già ritenuto (v. sent. n. 2512022) che la funzione sociale degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, espressamente riconosciuta dalla legge regionale istitutiva delle A. in Abruzzo (L.R. 441999), è evidenziata, per un verso, dal fatto che gl’immobili di cui si discute sono, per pacifica acquisizione processuale, destinati a ridurre il disagio abitativo di nuclei familiari svantaggiati, per cui non possono essere locati a canoni di mercato. E per altro verso dal fatto che viene attribuita ai Comuni la competenza ad individuare i nuclei familiari che, in base alle domande presentate ed alla relativa graduatoria, hanno diritto ad occupare quegli immobili. Per cui il Comune, dopo essere stato parte attiva dell’intero procedimento di assegnazione, ben conosceva la destinazione ad “alloggi sociali” degli immobili oggetto di accertamento, ed i nomi degli assegnatari. Con la conseguenza che resta superata anche l’ultima eccezione del Comune, secondo cui l’esenzione non spetterebbe, per non avere l’A. assolto l’onere di presentare la dichiarazione attestante il possesso dei requisiti e contenente gli identificativi catastali degli immobili: l’Ente territoriale, infatti, avendo partecipato al procedimento di assegnazione, aveva già compiuta contezza di tutte le inerenti notizie. E comunque, la Suprema Corte (v. Cass. 236802020) ha avuto modo di precisare che “l’esenzione dell’imposta municipale propria per i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali, come definiti nel d.m. infrastrutture 22 aprile 2008, stabilita dall’art.13, comma 2, lett. b, d.l. n. 201 del 2011 (conv. con modif. dalla l.n. 214 del 2011), come modificato dall’art. 1, comma 707, della l. n. 147 del 2013, non è subordinata all’onere di presentazione della dichiarazione, attestante il possesso dei requisiti e contenente gli identificativi catastali degli immobili, prevista dall’ 2, comma 5-bis, del d.l. n. 102 del 2013 (conv. con modif. dalla l. n. 124 del 2013)”. Da ultimo, non può essere condivisa la richiesta subordinata del Comune, secondo cui il comma 10 dell’art. 13 del D.L. 2012011 avrebbe introdotto una disciplina specifica per gl’immobili appartenenti alle A. (e prima agli I.), con la previsione di una detrazione di euro 200 per ogni immobile: con la conseguenza che gl’immobili delle A. resterebbero assoggettati all’imposta, ma fruirebbero dell’anzidetta detrazione in ragione della funzione sociale che svolgono; mentre fruirebbero dell’esenzione totale soltanto i restanti alloggi sociali, quale categoria residuale. Così interpretando la norma, infatti, si verrebbe a creare una disparità di trattamento irragionevole tra gli alloggi sociali appartenenti all’A., che godrebbero di una detrazione in misura fissa, e gli alloggi sociali appartenenti a soggetti diversi dall’A., che godrebbero invece di un’esenzione totale. Ed inoltre, un’interpretazione siffatta finirebbe per svuotare di contenuto la concreta portata applicativa della norma, una volta che si consideri che la quasi totalità degli alloggi sociali appartenevano agli ex I., ed oggi alle A.: le quali vedrebbero in tal modo ridotta la capacità di adempiere la funzione sociale loro riconosciuta dalla legge. Un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme fin qui citate induce, quindi, a ritenere che l’esenzione dall’IMU si applichi a tutti gli alloggi sociali che abbiano la funzione di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati: e quindi anche agl’immobili di cui oggi si discute; e che la detrazione in misura fissa si applichi, invece, agli alloggi, anche dell’A., che vengano concessi in locazione a canoni di mercato. In conclusione, quindi, deve ritenersi che gli alloggi di cui oggi si discute, essendo destinati a svolgere la funzione di alloggi sociali, sono esonerati dal pagamento dell’IMU. Per cui l’appello va accolto nei limiti anzidetti; ma il parziale rigetto del gravame, le modifiche legislative che si sono succedute nel tempo, e l’oggettiva controvertibilità delle questioni sottese alla decisione consigliano di compensare le spese del doppio grado. P.Q.M. accoglie l’appello nei limiti di cui alla motivazione, annulla l’avviso di accertamento, e compensa le spese del doppio grado

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