La comunicazione di avvio procedimento necessaria anche per il taglio di alberi sulla strada
di Roberto Rossetti – Comandante Polizia Locale
Con ordinanza emessa dal dirigente dell’Area tecnica, Il Comune impone il taglio di vegetazione radicata nel fondo privato che si protende sulla pubblica via, la potatura delle siepi e la rimozione di quanto già caduto sulla strada.
Il proprietario del fondo si rivolge al T.A.R. per opporsi a tale provvedimento, eccependo l’incompetenza dell’organo emittente, perché il provvedimento impugnato avrebbe natura di ordinanza a tutela dell’incolumità pubblica e, perciò, sarebbe stato di competenza del Sindaco, ai sensi dell’art. 54, D.Lgs. n. 267 del 2000, T.U. Enti locali, nonché per la violazione dell’art. 7, L. n. 241 del 1990, non essendo stato comunicato l’avvio del procedimento amministrativo e dell’art. 21-octies, L. n. 241 del 1990, in quanto l’ordinanza sarebbe stata emessa in spregio ai criteri di economicità, efficacia ed efficienza, senza tenere conto del parere del Corpo Forestale dello Stato.
Il Comune si costituisce in giudizio lamentando, per il rito, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e l’inammissibilità del ricorso perché l’ordinanza impugnata non sarebbe l’atto conclusivo del procedimento e, nel merito, l’infondatezza dei motivi del ricorrente.
Il Collegio, preliminarmente, respinge le eccezioni del Comune, perché prive di fondamento, in quanto:
– il Comune sostiene il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto l’ordinanza impugnata è fondata nel Regolamento Comunale di Polizia Urbana, che, a sua volta, richiama l’art. 17, L. n. 689 del 1981 (modiche al sistema penale) per l’individuazione dell’Autorità competente ad irrogare la sanzione amministrativa, inoltre vengono richiamati gli artt. 29 (piantagioni e siepi) e 211(sanzione accessoria del ripristino dello stato dei luoghi), D.Lgs. n. 285 del 1992 (nuovo codice della strada), il cui art. 205 prevede la possibilità dell’opposizione davanti al Giudice Ordinario; tale tesi non è condivisa dal T.A.R., semplicemente perché, l’applicazione della sanzione amministrativa, disciplinata dalla L. n. 689 del 1981 è atto distinto ed eventuale, connesso all’inadempimento del destinatario del provvedimento, che rimane, a tutti gli effetti, atto amministrativo e, come tale, soggetto alla giurisdizione generale del giudice amministrativo;
– l’Ente pubblico sostiene, altresì, che l’ordinanza impugnata, sarebbe solo un atto endoprocedimentale, un invito o diffida, comunque, un atto interlocutorio e privo di portata lesiva per il ricorrente, perché il vero atto conclusivo del procedimento sarebbe l’eventuale atto sanzionatorio; ma anche tale posizione non è condivisibile, perché dalla semplice lettura del provvedimento impugnato, si evince l’ordine di eseguire una serie di lavori (taglio di vegetazione, potatura di siepi, rimozione di alberi, ramaglie e terriccio presenti sulla strada) ed è quindi di tutta evidenza che si tratti di un atto che impone un comportamento obbligatorio e che è direttamente lesivo degli interessi del ricorrente; inoltre, è la stessa P.A. procedente che ha configurato l’ordinanza in questione come provvedimento direttamente lesivo ed autonomamente impugnabile, indicando nel corpo dell’atto impugnato, ai sensi dell’art. 3, comma 4, L. n. 241 del 1990, l’Autorità a cui è possibile ricorrere con l’indicazione del relativo termine.
Smontate le tesi difensive, il Collegio ravvisa la manifesta fondatezza (o infondatezza) dei motivi del ricorso e decide per emettere la sentenza in forma semplificata (ex art. 74, D.Lgs. n. 104 del 2010, codice del processo amministrativo).
Il Collegio ritiene infondata l’eccezione di incompetenza dell’organo emittente, poiché il provvedimento impugnato non ha natura di ordinanza contingibile e urgente, non richiamando in esso né l’art. 50, né l’art. 54 del TUEL, ma il regolamento di Polizia Urbana del Comune.
Si tratta, perciò, di un atto gestionale, che rientra nelle competenze dirigenziali ai sensi dell’art. 107, D.Lgs. n. 267 del 2000, T.U. Enti Locali, (cfr.: Cons. di Stato, Sez. V, 26 settembre 2013, n. 4778).
Il T.A.R. ritiene, invece, meritevole di accoglimento la censura dell’omessa comunicazione di avvio del procedimento, che ha impedito all’interessato di parteciparvi e, pur avendo il Comune obiettato che, ai sensi dell’art. 7, comma 1, L. n. 241 del 1990, la comunicazione di avvio del procedimento può essere omessa qualora vi siano particolari esigenze di celerità procedimentale, lo stesso si contraddice, affermando, poi, che l’interessato avrebbe comunque la possibilità di presentare memorie e documenti.
Qualora la P.A. decida per il mancato ricorso alle prescritte garanzie partecipative, ha l’onere di specificare le “ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento“, che giustificano l’omissione di dette garanzie (cfr:. T.A.R. Liguria, Sez. II, 17 maggio 2010, n. 2677), invece, è illegittima l’omissione dell’avviso di avvio del procedimento motivata da esigenze di celerità del procedimento indicate genericamente (cfr:. T.A.R. Valle d’Aosta, 16 gennaio 2002, n. 5).
Nella fattispecie non solo il provvedimento impugnato reca il solo generico ed insufficiente riferimento alla “urgente necessità di eliminare i pericoli in atto segnalati“, una motivazione, che, a giudizio del Collegio, appare, pretestuosa, perché il Comune, nelle more del celere espletamento del contraddittorio procedimentale, potrebbe adottare opportuni accorgimenti (ad es. recintare l’area interessata, apporre cartelli e segnalazioni di pericolo, ecc.), così da scongiurare rischi per persone e cose.
Negli stessi termini anche il terzo motivo del ricorso è da accogliere, nella parte in cui lamenta il difetto di motivazione, perché carente in ordine all’urgenza della sua adozione.
Il ricorso, è, dunque, accolto e annullata l’ordinanza impugnata.
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