Commissariati i comuni che non rispettano gli standard di servizi?
La prime anticipazioni della legge di bilancio prefigurano un ennesimo pasticcio sulla già contorta vicenda delle quote vincolate del fondo di solidarietà comunale.
Nella sentenza n. 71 del 2023 la Corte costituzionale ha censurato il meccanismo di distribuzione di queste risorse, espressamente finalizzate al miglioramento di alcuni servizi, ovvero i servizi sociali, gli asili nido e il trasporto degli studenti con disabilità. Il relativo meccanismo – presentato come rivoluzionario – è in realtà palesemente in contrasto con la Costituzione vigente, che all’art. 119 esclude la possibilità per lo Stato di imporre vincoli di destinazione sulle somme destinate al finanziamento delle funzioni fondamentali degli enti territoriali, fatta eccezione per quelle di cui al quinto comma, che però devono configurarsi come risorse aggiuntive e/o interventi speciali in favore di “determinati” Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
La Corte ha ricordato che le risorse derivanti da tributi ed entrate propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e perequazione devono essere sufficienti a consentire agli enti territoriali di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite, senza che residuino spazi per forme ordinarie di finanziamento statale con minor grado di autonomia, quali i fondi vincolati. La Corte, del resto, fin dalla sentenza n. 370 del 2003, ha sostenuto con fermezza che l’art. 119 Cost. prevede espressamente, al quarto comma, che le funzioni pubbliche regionali e locali debbano essere “integralmente” finanziate tramite i proventi delle entrate proprie e la compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibili al territorio dell’ente interessato, di cui al secondo comma, nonché con quote del “fondo perequativo senza vincoli di destinazione”, di cui al terzo comma.
Pertanto, nel nuovo sistema, per il finanziamento delle normali funzioni di Regioni ed Enti locali, lo Stato può erogare solo fondi senza vincoli specifici di destinazione, in particolare tramite il fondo perequativo di cui all’art. 119, terzo comma, della Costituzione.
Ciò che riflette l’esigenza di evitare il rischio di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente» (ex multis, già sentenza n. 16 del 2004 e n. 187 del 2021; più di recente, nello stesso senso, sentenza n. 40 del 2022) a quelli derivanti dall’autonomia di spesa degli enti sub-statali, la quale, in virtù della maggiore vicinanza al territorio e della inerente responsabilità politica, dovrebbe tendenzialmente garantire una più efficace allocazione delle risorse. Per tale motivo, la Corte, anche di recente, ha ribadito che le funzioni degli enti territoriali devono essere assicurate in concreto mediante le risorse menzionate ai primi tre commi del medesimo art. 119 Cost., attraverso un criterio perequativo trasparente e ostensibile, in attuazione dei principi fissati dall’art. 17, comma 1, lettera a), della legge n. 42 del 2009” (sentenza n. 220 del 2021).
Nella pronuncia in commento, inoltre, è stata evidenziata anche un’altra distorsione prodotta dalla ibridazione delle due forme perequative, ovvero la mancanza di coerenti meccanismi per l’effettivo raggiungimento degli obiettivi di servizio, tale non potendosi considerare la revoca dei contributi, che penalizza più le collettività amministrate che gli enti.
Anzichè correggere queste storture, mantenendo una generica finalizzazione delle risorse alle suddette finalità, ma eliminando il meccanismo di recupero delle risorse eventualmente destinate dai comuni ad altre finalità, il legislatore pensa addirittura a rafforzarne la coercitività, prevedendo niente di meno che il commissariamento per gli enti non allineati agli standard i servizio. Con quali modalità e soprattutto per fare cosa non è al momento dato sapere, ma siamo pronti al peggio.
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