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Ulteriore stretta per il ricorso alle forme flessibili di assunzioni

di Amedeo Di Filippo – Dirigente comunale

 

L’art. 9D.Lgs. n. 75 del 2017 opera diverse incisioni sul corpo dell’art. 36D.Lgs. n. 165 del 2001, a comunicare dalla rubrica, che da “Utilizzo di contratti di lavoro flessibile” si trasforma in “Personale a tempo determinato o assunto con forme di lavoro flessibile”. Rimane al comma 1 il principio cardine, in base al quale per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall’art. 35.

Per quanto concerne le forme flessibili, dopo vari rimaneggiamenti il comma 2 aveva sancito che al fine di rispondere ad “esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale” è possibile ricorrere alle forme contrattuali flessibili di assunzione nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti, rinviando ai contratti collettivi nazionali la facoltà di disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della somministrazione di lavoro ed il lavoro accessorio di cui all’art. 70D.Lgs. n. 276 del 2003.

La versione introdotta dal D.Lgs. n. 75 del 2017 assume come primo impegno quello di nominare specificamente le tipologie di contratto cui è possibile fare ricorso: i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, i contratti di formazione e lavoro, i contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, le forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa. Con una immediata postilla: il relativo utilizzo può avvenire “esclusivamente nei limiti e con le modalità in cui se ne preveda l’applicazione nelle amministrazioni pubbliche”.

Rimangono imprescindibili le esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale, che ora però devono essere anche “comprovate”, così come resta il rispetto delle condizioni e modalità di reclutamento stabilite dall’art. 35.

I contratti a tempo determinato

Vengono quindi aggiunte due specificazioni. La prima riguarda i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, che possono essere stipulati nel rispetto degli artt. da 19 a 29D.Lgs. n. 81 del 2015. In base alle norme del jobs act, al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine (risultante da atto scritto) di durata non superiore a trentasei mesi. Fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi, la durata dei rapporti di lavoro intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, non può superare i trentasei mesi. Nel caso di superamento del suddetto limite, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento. E’ comunque consentita la stipulazione, fra gli stessi soggetti, di un ulteriore contratto a tempo determinato della durata massima di dodici mesi.

Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la sua durata iniziale sia inferiore a trentasei mesi, e, comunque, per un massimo di cinque volte nell’arco di trentasei mesi a prescindere dal numero dei contratti. Se il numero delle proroghe è superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della sesta proroga.

Salvo diversa previsione dei contratti collettivi e a meno che non si tratti di lavoratore stagionale, se il lavoratore viene riassunto a tempo determinato entro dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi (venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi), il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. Se il rapporto di lavoro prosegue oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi (oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi), il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.

Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi e a meno che non si rientri in uno dei casi specificamente individuati, non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. In caso di violazione del suddetto limite non si applica la trasformazione dei contratti interessati in contratti a tempo indeterminato, ma si prevede, per ciascun lavoratore, una sanzione amministrativa di importo pari al 20% o al 50% della retribuzione.

L’unica regola esclusa per le pubbliche amministrazioni è il diritto di precedenza, che si applica al solo personale reclutato mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo.

I contratti di somministrazione

La seconda specificazione involge i contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, che sono disciplinati dagli artt. da 30 a 40 dello stesso D.Lgs. n. 81 del 2015, in base ai quali la somministrazione è utilizzata nei limiti quantitativi individuati dai contratti collettivi applicati dall’utilizzatore. Tali limiti non si applicano però relativamente ai lavoratori in mobilità, ai soggetti disoccupati che percepiscono trattamenti di disoccupazione non agricola da almeno sei mesi, ai soggetti percettori di ammortizzatori sociali da almeno sei mesi e ai lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati (di cui al Regolamento CE n. 800/2008).

Il contratto a tempo determinato tra somministratore e lavoratore è escluso dall’ambito di applicazione del limite generale di durata previsto per i contratti di lavoro a termine (pari a 36 mesi). E’ vietato per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; dopo licenziamenti collettivi avvenuti nei sei mesi precedenti o nelle unità produttive nelle quali sono operanti sospensioni o riduzioni di orario; da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Oltre le sanzioni amministrative pecuniarie previste in caso di violazione della normativa in materia di somministrazione, quando questa avviene in violazione delle disposizioni relative ai limiti quantitativi, ai divieti e alla forma del contratto, il lavoratore può chiedere, anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione. Tale ultima previsione non trova applicazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni.

L’utilizzazione dei contratti di somministrazione nelle PA è possibile “fatta salva la disciplina ulteriore eventualmente prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro”. Restano le esclusioni per l’esercizio di funzioni direttive e dirigenziali. Così come resta la facoltà di sottoscrivere contratti a tempo determinato con i vincitori e gli idonei delle graduatorie vigenti a tempo indeterminato al fine di prevenire il precariato.

Gli abusi

Per quanto concerne gli abusi nell’utilizzo del lavoro flessibile, il comma 3 dell’art. 36 aveva posto l’onere a carico delle PA di redigere, in base alle istruzioni fornite annualmente dal Dipartimento della funzione pubblica, un analitico rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate, da trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai nuclei di valutazione o ai servizi di controllo.

Nel comma 3 novellato resta la finalità di combattere gli abusi nell’utilizzo del lavoro flessibile, restano anche le istruzioni che però saranno fornite tramite direttiva del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e resta anche l’obbligo per le PA di redigere un analitico rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate, con le seguenti novità: del rapporto è necessario dare informazione alle organizzazioni sindacali tramite invio all’Osservatorio paritetico presso l’Aran; nel rapporto dovranno anche essere indicati i dati identificativi dei titolari del rapporto, nel rispetto della normativa vigente in tema di protezione dei dati personali.

Resta infine l’obbligo di trasmettere il rapporto ai nuclei di valutazione e agli organismi indipendenti di valutazione nonché al Dipartimento della funzione pubblica, che redige una relazione annuale al Parlamento. Così come resta il comma 4, che obbliga ad inserire nel rapporto medesimo anche le informazioni concernenti l’utilizzo dei lavoratori socialmente utili (LSU).

Le responsabilità

Il comma 5 dell’art. 36 non ha subito modificazioni, per cui la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative e le amministrazioni hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.

Così come rimane il comma 5-quater, in base al quale i contratti di lavoro posti in essere in violazione dell’art. 36 sono nulli e determinano responsabilità erariale. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente articolo sono, altresì, responsabili ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 165 del 2001. Al dirigente responsabile di irregolarità nell’utilizzo del lavoro flessibile non può essere erogata la retribuzione di risultato.

Vengono invece cassati i commi 5-bis e 5-ter, che rinviavano a disposizioni del D.Lgs. n. 368 del 2001, abrogate dal D.Lgs. n. 81 del 2015.

E’ stato infine aggiunto il comma 5-quinquies, che disapplica l’art. 36, fatto salvo il comma 5, al reclutamento del personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), a tempo determinato presso le istituzioni scolastiche ed educative statali e degli enti locali, le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica.

Art. 9D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75 (G.U. 7 giugno 2017, n. 130)

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