Il DEHOR permanente necessita del permesso di costruire
TAR TORINO SEZ II SENTENZA 318 DEL 4/4/2022
L’apposizione, come nel caso di specie, di vetrate scorrevoli non destinate a sorreggere la tenda, bensì a chiudere lo spazio esterno, snatura l’opera ingenerando un ampliamento dei locali del ristorante e la creazione di un nuovo volume o superficie (in senso conforme, cfr. T.A.R. Genova, Sez. II, 5 maggio 2021, n. 408; Id., 23 giugno 2021, n. 571). Anche l’apposizione degli impianti termici (indipendentemente dalla circostanza che in sede di sopralluogo essi risultassero staccati dalla spina) denota la diversa modalità di fruizione del locale, destinato a un uso continuativo anche a fronte di condizioni climatiche non compatibili con la permanenza all’esterno. Ne consegue l’assoggettamento dell’opera al permesso di costruire ex artt. 3, comma 1, lett. e), e 10, comma 1, lett. a), d.p.r. 380/2001.
Pubblicato il 04/04/2022
N. 00318/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00009/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9 del 2021, proposto da
Osteria del Mercato s.a.s. di Landone Silvia & Bisagni Lorenzo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Cristina Belvisi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Oleggio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Teodosio Pafundi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Torino, corso Re Umberto n. 27;
per l’annullamento
dell’ordinanza del Comune di Oleggio n. 218 del 24 ottobre 2020, recante l’ordine di riduzione in ripristino dello stato dei luoghi presso l’immobile di via Novara n. 76/D;
degli atti presupposti, consequenziali e connessi, fra cui, in particolare: il verbale di sopralluogo urbanistico edilizio del 16 settembre 2020; la comunicazione prot. n. 3466 del 14 febbraio 2020 di avvio del procedimento; per quanto occorrer possa, l’art. 24 delle Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) del Piano Regolatore Generale (P.R.G.) vigente nel Comune di Oleggio,
e per la condanna del Comune di Oleggio al risarcimento di tutti i danni derivanti dai provvedimenti impugnati;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Oleggio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2022 la dott.ssa Martina Arrivi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società ricorrente, esercente attività di ristorazione in un immobile in Oleggio, via Novara n. 76/D, impugna l’ordinanza con cui il Comune di Oleggio le ha ingiunto la riduzione in pristino delle seguenti opere:
A. «una parte di recinzione costituita da una base in muratura sopra la quale risultano posate fasce metalliche (doghe) di colore chiaro, divise in moduli e sostenute da listelli verticali», in quanto difforme dal permesso di costruire con cui era stata assentita «una recinzione in paletti in ferro e rete metallica plastificata» e dal criterio di trasparenza delle recinzioni, sancito dall’art. 24, comma 2, delle N.T.A. del P.R.G.;
B. «un dehors “chiuso”, con presenza di alcuni tavoli apparecchiati e sedie, due impianti termici attaccati alla parte superiore, con copertura superiore costituita da un telo retrattile in PVC e montanti, reggitenda e piantoni in alluminio e con pareti esterne caratterizzate dalla presenza di vetri, chiudili all’occorrenza», il quale, «vista la presenza delle pareti esterne, perde la caratteristica di stagionalità e si configura a tutti gli effetti come realizzazione di un nuovo fabbricato, peraltro quale ampliamento della superficie di somministrazione autorizzata, realizzato in assenza della prescritta distanza minima di arretramento dalla sede stradale e della verifica della Sul (superficie utile lorda) e della Sc (superficie coperta)».
1.1. La ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento per i seguenti motivi di diritto:
(I) violazione delle garanzie procedimentali, poiché il Comune avrebbe emesso una comunicazione di avvio del procedimento generica e inidonea alla formulazione di compiute difese;
(II) violazione degli artt. 3, 6 e 6 bis d.p.r. 380/2001 e travisamento dei fatti, poiché l’inserzione, nella recinzione, delle doghe al posto della rete costituirebbe attività edilizia libera o, quantomeno, attività subordinata a C.I.L.A. e non sarebbe violato il principio di trasparenza di cui all’art. 24, comma 2, N.T.A.; in subordine, la ricorrente chiede che venga dichiarata l’illegittimità si siffatta previsione urbanistica;
(III) violazione degli artt. 3, 6 e 6 bis d.p.r. 380/2001, nonché travisamento dei fatti e sviamento di potere, poiché il dehor, benché chiuso dalle vetrate scorrevoli, rimarrebbe assimilabile ad una pergotenda e pertanto ascrivibile all’attività edilizia libera o, quantomeno, alla manutenzione straordinaria soggetta a C.I.L.A.; in ogni caso, il riferimento dell’ordinanza all’ampliamento «della superficie di somministrazione autorizzata» oltrepasserebbe la funzione del potere comunale in materia di vigilanza edilizia;
(IV) indeterminatezza e difetto di motivazione, poiché il provvedimento ometterebbe di qualificare giuridicamente gli abusi e assegnerebbe un termine (pari a 60 giorni) eccessivamente ristretto per procedere alla demolizione.
1.2. La ricorrente formula altresì domanda di risarcimento dei danni discendenti dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa.
2. Resiste il Comune di Oleggio eccependo l’inammissibilità dell’impugnazione rivolta alla previsione del P.R.G. per omessa notifica del ricorso alla Regione, nonché argomentando in ordine all’infondatezza delle doglianze.
3. Il ricorso, trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 22 marzo 2022, è fondato con riferimento alla recinzione (opera A), mentre è infondato rispetto al dehor (opera B).
4. L’opera A è stata sanzionata poiché la sostituzione della rete con delle doghe costituirebbe una variazione essenziale del permesso di costruire che l’aveva assentita, in quanto contrastante con il parametro edilizio sancito dall’art. 24, comma 2, delle N.T.A., in forza del quale «nelle Zone residenziali le delimitazioni delle proprietà dovranno essere a siepi o con strutture decorose e trasparenti montate su zoccolo dell’altezza massima di m 1,00, e con altezza massima totale di m 2,50».
4.1. Ad avviso del Collegio, tuttavia, il criterio di trasparenza deve essere inteso non come integrale visibilità della zona recintata, bensì come idoneità della recinzione a consentire il passaggio di aria e luce e a permettere di intravedere il cortile. Una diversa ricostruzione ermeneutica renderebbe la norma irragionevole, poiché non sarebbe comprensibile il riferimento alle siepi, che notoriamente non sono trasparenti, e impedirebbe alla recinzione di svolgere la sua naturale funzione di assicurare la riservatezza delle aree interne. La medesima interpretazione, del resto, è stata seguita dal Comune nella delibera consiliare n. 19/2021, che ha attestato la compatibilità con l’art. 24, comma 2, delle N.T.A. delle «strutture che presentano aperture che siano almeno 1/5 delle parti piene (ossia che rispettino il rapporto geometrico di 1 a 5 del manufatto: 1 spazio vuoto/trasparente e 5 spazi pieni/opachi/non trasparenti)». Sebbene l’amministrazione non possa addivenire a una “interpretazione autentica” delle fonti secondarie, l’interpretazione essendo rimessa al giudice, la delibera in questione costituisce pur sempre un indice ermeneutico idoneo a rintracciare la ratio della disposizione, la quale non è e non può essere quella di consentire a terzi di guardare all’interno delle proprietà private, bensì di assicurare l’omogeneità e il decoro delle recinzioni.
4.2. Ebbene, essendo le doghe in questione posizionate in modo da lasciare tra l’una e l’altra delle aperture di circa 3 cm ed essendovi, nella parte superiore e inferiore della recinzione, ulteriori spazi vuoti determinati dall’inserzione di barre sottili, la recinzione della ricorrente permette, oltre al passaggio di luce e aria, di intravedere gli spazi interni e viene pertanto giudicata conforme alla prescrizione edilizia. Va dunque esclusa la ricorrenza di una variazione essenziale dal permesso di costruire ex art. 32, comma 1, lett. c), d.p.r. 380/2001.
4.3. Può, di conseguenza, soprassedersi all’eccezione d’inammissibilità sollevata dal Comune in relazione all’impugnazione della norma edilizia.
5. L’opera B è stata invece sanzionata perché il dehor, che avrebbe dovuto essere riparato – in base a S.C.I.A. in variante del permesso di costruire – da una pergotenda retrattile con struttura in alluminio, è stato poi chiuso con pannelli in vetro scorrevoli e amovibili e vi sono stati posizionati due impianti termici. Il manufatto avrebbe perciò perso il carattere della stagionalità dando vita a una nuova costruzione in ampliamento dell’edificio, assoggettata al rilascio di permesso di costruire.
5.1. Secondo la ricorrente il posizionamento dei pannelli non snaturerebbe l’opera, che rimarrebbe una pergotenda funzionale ad una migliore fruizione dello spazio ristorativo esterno, stante l’inidoneità della copertura a sorreggere il carico della neve e la circostanza che i pannelli sono amovibili e non termoisolanti. Non sarebbe poi rilevante la segnalata presenza degli impianti termici, trattandosi di apparecchiature mobili, di scarso ingombro, semplicemente appese alla struttura e collegate al sistema elettrico con una comune spina.
5.2. La tesi sostenuta non è convincente.
5.3. La giurisprudenza ha perimetrato l’ambito dell’attività edilizia libera con riferimento ai manufatti leggeri diretti a soddisfare esigenze temporanee, affermando che la tenda munita di una struttura di supporto (c.d. pergotenda) in tanto vi rientra, in quanto l’opera principale sia costituita, appunto, dalla “tenda” quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata a una migliore fruizione dello spazio esterno, rispetto alla quale la struttura rappresenti un mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della stessa. È infatti in ragione dell’inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato che l’insieme non è qualificabile come organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie (Cons. Stato, Sez. VI, 27 aprile 2016, n. 1619; Id., Sez. VI, 14 ottobre 2019, n. 6979; Id., Sez. VI, 12 marzo 2020, n. 1783; Id., Sez. II, 28 gennaio 2021, n. 840).
5.4. Permane, invero, il dubbio se l’apposizione di tamponature laterali amovibili possa modificare la natura dell’opera. All’interrogativo ha risposto negativamente parte della giurisprudenza osservando che «la copertura e la chiusura perimetrale che essa realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e permanenza, per il carattere retrattile della tenda e dei pannelli, onde, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie» (Cons. Stato, Sez. VI, 14 ottobre 2019, n. 6979). Per converso, altra parte della giurisprudenza ha ritenuto che «la presenza, quali elementi di chiusura, di lastre di vetro determina il venir meno del richiamato carattere di mera struttura di sostegno di tende retrattili. La natura e la consistenza del materiale utilizzato (il vetro viene comunemente usato per la realizzazione di pareti esterne delle costruzioni) fa sì che la struttura di alluminio anodizzato si configuri, in questo caso, non più come mero elemento di supporto di una tenda, ma venga piuttosto a costituire la componente portante di un manufatto, che assume consistenza di vera e propria opera edilizia, connotandosi per la presenza di elementi di chiusura che, realizzati in vetro, costituiscono vere e proprie tamponature laterali. Sicché il manufatto in questo caso costituisce “nuova costruzione”, risultando idoneo a determinare una trasformazione urbanistico ed edilizia del territorio. Né in contrario riveste rilievo la circostanza che le suddette lastre di vetro siano installate “a pacchetto” e, dunque, apribili, considerandosi che la possibilità di apertura attribuisce a tale sistema la stessa portata e consistenza di una finestra o di un balcone, ma non modifica la natura del manufatto che, una volta chiuso, è vera e propria opera edilizia, come tale soggetta al rilascio del previo titolo abilitativo» (Cons. Stato, Sez. VI, 27 aprile 2016, n. 1619).
5.5. Tra i due orientamenti il Collegio predilige il secondo poiché conforme al rapporto di prevalenza della tenda rispetto alla struttura, che deve rimanere accessoria e valere quale mero sostegno della tenda stessa, nonché alla funzione della pergotenda, che è quella di assicurare la migliore vivibilità dello spazio esterno dell’immobile. Ne consegue che l’apposizione, come nel caso di specie, di vetrate scorrevoli non destinate a sorreggere la tenda, bensì a chiudere lo spazio esterno, snatura l’opera ingenerando un ampliamento dei locali del ristorante e la creazione di un nuovo volume o superficie (in senso conforme, cfr. T.A.R. Genova, Sez. II, 5 maggio 2021, n. 408; Id., 23 giugno 2021, n. 571). Anche l’apposizione degli impianti termici (indipendentemente dalla circostanza che in sede di sopralluogo essi risultassero staccati dalla spina) denota la diversa modalità di fruizione del locale, destinato a un uso continuativo anche a fronte di condizioni climatiche non compatibili con la permanenza all’esterno.
5.6. Ne consegue l’assoggettamento dell’opera al permesso di costruire ex artt. 3, comma 1, lett. e), e 10, comma 1, lett. a), d.p.r. 380/2001.
5.7. A diverse conclusioni non può giungersi per il fatto che nel provvedimento si sia contestato l’ampliamento «della superficie di somministrazione autorizzata», trattandosi di un rilievo accessorio e, come tale, inidoneo a denotare uno sviamento del potere di repressione degli abusi edilizi.
5.8. Né può ritenersi, come auspicato in subordine dalla ricorrente, che il dehor sia una “pertinenza urbanistica” dell’edificio principale ex art. 3, comma 1, lett. e.6), d.p.r. 380/2001. Esulano, infatti, dal predetto concetto gli interventi consistenti in ampliamenti, in termini di volumetria, sagoma o superficie, di parti integranti dei fabbricati, poiché le pertinenze urbanistiche sono manufatti accessori privi di autonomia funzionale e preordinati a soddisfare un’esigenza oggettiva del fabbricato principale (Cons. Stato, Sez. VI, 5 agosto 2013, n. 4086; T.A.R. Napoli, Sez. VII, 10 gennaio 2019, n. 143; T.A.R. Potenza, Sez. I, 10 luglio 2019, n. 575; T.A.R. Roma, Sez. II, 4 giugno 2021, n. 6665).
6. Sempre con riferimento all’opera B sono infondati gli ulteriori motivi di ricorso.
6.1. Costituisce difatti ius receptum che l’ordine di demolizione, essendo atto rigidamente vincolato alla sussistenza di opere abusive, non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, in quanto non è prevista, in capo all’amministrazione, la possibilità di effettuare valutazioni di interesse pubblico influenzabili da una fattiva partecipazione del soggetto destinatario (Cons. Stato, Sez. VI, 30 gennaio 2020, n. 775; Id., Sez. II, 3 novembre 2021, n. 7353; Id., 1 settembre 2021, n. 6181; Id., 26 marzo 2021, n. 2550).
6.2. Dal carattere vincolato dell’atto discende altresì che, ai fini della sua legittimità, è sufficiente la compiuta descrizione delle opere e l’attestazione della loro abusività, elementi entrambi presenti nel provvedimento in esame.
6.3. Infine, la fissazione del termine dilatorio ai fini della demolizione in misura inferiore a quella legale costituisce una mera irregolarità, poiché opera comunque ex lege il termine di 90 giorni previsto dall’art. 31, comma 3, d.p.r. 380/2001 (T.A.R. Torino, Sez. II, 19 dicembre 2014, n. 2035).
7. In conclusione, l’ordinanza deve essere annullata nella parte in cui dispone la riduzione in pristino della recinzione. Viceversa, essa è legittima con riferimento al dehor, sicché le vetrate, non assentite e idonee – per quanto esposto – a ingenerare una trasformazione edilizia rilevante, devono essere rimosse, fermo il mantenimento della pergotenda.
8. Deve essere, infine, rigettata la domanda risarcitoria (anche rispetto all’opera A) poiché del tutto sfornita di prova.
9. In ragione della soccombenza reciproca, le spese di giudizio vengono compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto annulla il provvedimento impugnato nella sola parte in cui ordina la riduzione in pristino della recinzione, mentre nel resto lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2022 con l’intervento dei magistrati:
Gianluca Bellucci, Presidente
Marcello Faviere, Referendario
Martina Arrivi, Referendario, Estensore
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