tratto da Italia Oggi del 24.10.2020
Consulta sull’art. 159 Tuel: non mira a proteggere i creditori qualificati
Enti, niente pignoramenti
Lo scudo tutela la funzionalità dei comuni
di Francesco Cerisano
 
Non è costituzionalmente illegittimo l’art. 159 del Tuel (dlgs n.267/2000) nella parte in cui non consente la pignorabilità delle somme di competenza degli enti locali da parte di chi vanta crediti riconducibili al pagamento degli stipendi, al pagamento delle rate dei mutui e all’esercizio di servizi indispensabili. Lo ha deciso la Corte costituzionale con la sentenza n. 223/2020 depositata ieri in cancelleria. A sollevare la questione di legittimità dinanzi alla Consulta è stato il giudice dell’esecuzione del Tribunale ordinario di Napoli Nord, secondo cui la norma del Tuel sarebbe stata in contrasto con gli articoli 3, 24 e 117 primo comma della Costituzione. Il giudice a quo ha puntato il dito in particolare contro il secondo comma dell’art. 159 nella parte in cui appunto non prevede che che l’impignorabilità sia inopponibile a coloro che vantano crediti riconducibili a una delle finalità da essa stessa prese in considerazione. Secondo il tribunale di Napoli l’omessa previsione normativa lederebbe, in primo luogo, l’art. 3 Cost., sotto i profili della ragionevolezza e dell’eguaglianza. La norma sarebbe irragionevole in quanto contraddittoria perché da un lato punta a tutelare i creditori «qualificati» e dall’altro sembrerebbe tradire questa finalità opponendo l’impignorabilità anche a tali creditori. Sotto il profilo della lesione del principio di uguaglianza, la norma determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento, sottoponendo alla stessa disciplina creditori protetti e ordinari. Nella sentenza, redatta dal giudice Luca Antonini, la Corte ha giudicato non fondata la questione sollevata ritenendo che il tribunale di Napoli sia partito da un erroneo presupposto quando lamentava l’intrinseca irragionevolezza dell’articolo 159 comma 2 Tuel, in quanto pregiudicherebbe proprio quei creditori alla cui protezione sarebbe preordinato. Secondo la Corte lo scopo dell’impignorabilità prevista dalla norma non sarebbe quello di tutelare i creditori «qualificati» quanto piuttosto quello di garantire la funzionalità dell’ente locale. «In quest’ottica, essa è diretta a evitare che l’aggressione, da qualsiasi creditore provenga, di una riserva essenziale di denaro possa giungere a impedire, fino in ipotesi a determinarne la paralisi, l’espletamento di determinate funzioni istituzionali ritenute dal legislatore essenziali alla vita stessa dell’ente», osserva la Consulta. «L’impignorabilità», spiega la sentenza, «è in sostanza destinata a operare allorquando il saldo attivo presso l’istituto tesoriere sia di ammontare inferiore o eguale all’entità delle somme quantificate con la delibera semestrale dell’ente locale. In siffatto contesto, è evidente come l’aggressione individuale, ancorché basata su un credito qualificato potrebbe comunque condurre alla decurtazione anche significativa o, addirittura, all’azzeramento delle risorse finanziarie dell’ente stesso, così compromettendone la funzionalità». Una tesi condivisa anche dalla Cassazione che in una sentenza del 2018 (n. 31661) aveva affermato lo stesso principio, ossia che il vincolo di impignorabilità di cui all’art. 159, comma 2, del Tuel è «finalizzato ad evidenti esigenze pubblicistiche di tutela della funzionalità degli enti locali». L’infondatezza della censura dal punto di vista della violazione del principio di ragionevolezza conduce a respingere anche quella relativa alla presunta discriminazione tra creditori protetti e ordinari. «Si è chiarito», ha concluso la Corte, «che i pignoramenti, tanto da parte degli uni, quanto da parte degli altri, potrebbero minare la funzionalità della pubblica amministrazione locale, con la conseguenza che l’equiparazione operata dalla norma trova adeguata giustificazione nell’esigenza di non vanificare lo scopo che essa persegue».

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