Da provincia a ente di area vasta: il degrado sta anche nelle parole
Il linguaggio è un importante indice del grado di chiarezza con la quale un Paese si esprime ed il lessico, cioè la raccolta delle parole proprie di un certo tipo di linguaggio, è altrettanto importante.
Che la riforma delle province sia un degrado desolante, lo dimostra anche l’elemento non certamente marginale della modifica della denominazione di questi enti. In modo del tutto confuso e per altro non costante, le varie disposizioni normative che da oltre un anno e mezzo si accaniscono in una riforma deficitaria e devastante hanno sostituito alla semplicissima ed unica parola “provincia”, la cacofonica, lunga e sfuggente perifrasi “ente di area vasta”.
Quattro parole al posto di una. Un giro di parole per esprimere un concetto, proprio perché il concetto espresso è stato svilito e degradato da una sciagurata riforma.
L’ordinamento italiano, così, rinuncia ad una definizione, un lemma, “provincia” antichissimo, risalente a quasi 2700 anni da, da quando l’antica Roma iniziò ad ampliare il proprio territorio, conquistando altre terre ed altre nazioni.
Provincia, secondo alcuni, deriva dalle due parole latine “pro”, che è una preposizione dai molti significati, tra i quali anche “davanti a”, ad indicare anche ciò che era prima, nel passato; e dal participio passato “victa” del verbo “vincere”. Letteralmente, dunque, provincia significa terra o nazione precedentemente sconfitta e poi annessa amministrativamente. Altri ritengono che la desinenza –vincia possa derivare dal verbo “vincire”, che significa legare, obbligare. Il significato sarebbe, dunque, di terra legata all’amministrazione di Roma (le province erano governate infatti da proconsoli).
Secondo altri ancora potrebbe essere la fusione di un’antichissima radice indoeuropea “prav”, che vuol dire governo, e la parola “longinqua” che significa terre lontane, sicchè provincia significherebbe governo di terre lontane.
L’affascinante mondo dell’etimologia e della filologia rivela, comunque, lo sforzo dei romani di trovare un lemma univoco, secco, semplice, aulico, per definire i territori conquistati.
Le riforme di questi mesi sostituiscono a questo formidabile esempio linguistico un decadente giro di parole, complicato, sfuggente “ente di area vasta”, incapace di fornire l’esatto concetto al quale si riferisce: quale ente? Quanto vasta è l’area? E come si fa a tradurre una simile perifrasi in un’altra lingua in modo da essere comprensibile? Nell’inglese maccheronico public authority of extended land?
Anche la sola osservazione linguistica conferma che la riforma delle province ha prodotto un mostro
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