In merito alla quantificazione del danno erariale, determinato in via equitativa dal giudice contabile, esso corrisponde alla differenza tra il valore medio dei ribassi di aggiudicazione per tipologia di stazione appaltante, con riferimento ai Comuni, come risultante dai dati forniti dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nella Relazione annuale al Parlamento (nel caso di specie pari al 16,8% dell’importo a base d’asta) e il ribasso ottenuto in sede di affidamento diretto (pari al 5%).
Queste sono le conclusioni cui è giunta la Corte dei conti, Sezione prima giurisdizionale centrale d’appello, con la sentenza n. 175/2019 che ha riformato la sentenza dei giudici di primo grado che ha mandato assolti i convenuti (sindaco, segretario e funzionario tecnico), in quanto a suo dire, pur in presenza della violazione di legge e in mancanza degli effettivi presupposti di urgenza normativamente richiesti per l’affidamento diretto, non è stato comprovato che altra impresa, magari selezionata nel rispetto della normativa prevista dal codice degli appalti, avrebbe accettato l’affidamento dei lavori ed eseguito gli stessi ad un costo minore di quello praticato dall’impresa affidataria.
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