26/08/2016 – PA, riforma dei dirigenti: via libera dal Consiglio dei ministri

PA, riforma dei dirigenti: via libera dal Consiglio dei ministri

Per gli incarichi dei dirigenti si prevede un tetto di quattro anni prolungabile al massimo a sei. Arriva il ruolo unico, con una corsia preferenziale per salvare gli attuali direttori generali. Stipendi a calare per chi resta senza incarico. Approvate anche le nuove norme sulle camere di commercio

25 agosto 2016

 
Il Consiglio dei Ministri che affronta l’emergenza legata alterremoto che ha sconvolto il Centro Italia è anche il luogo per far passare il decreto attuativo della riforma Madia sulla Pubblica amministrazione che riguarda il tema spinoso della dirigenza pubblica. Un argomento affrontato già prima della pausa ferragostana, durante la quale l’esecutivo aveva deciso di prendersi un supplemento di spazio di riflessione. Il  via libera è arrivato mentre c’è stato un rinvio per il provvedimento di proroga del pensionamento dei magistrati che compiono 70 anni. In  tutto i decreti che hanno avuto il primo sì stati quattro: oltre al riordino della dirigenza pubblica, ci sono anche i provvedimenti sulle camere di commercio, sugli enti di ricerca e sullo scorporo del comitato paralimpico dal Coni.

 

SETTORE DIRIGENTI PRIMA FASCIA
La fotografia dei dirigenti pubblici
MINISTERI 3.016 244
PRESIDENZA CDM 282 107
AGENZIE FISCALI 1.571 62
ENTI PUBBLICI NON COMMERCIALI 826 89
ENTI DI RICERCA 106 22
REGIONI E AUTONOMIE LOCALI 10.384  
SANITA’ 19.090  
UNIVERSITA’ 238  
AUTORITA’ INDIPENDENTI 249  
ALTRO 279  
TOTALE 36.041 524

Fonte: Ansa

Il decreto sulla dirigenza della Pa si sposa con la necessità di portare risultati concreti di riforma sul tavolo europeo per giustificare la nuova richiesta di flessibilità in vista della scrittura della legge di Bilancio per il prossimo anno (si parla di uno spazio ulteriore sul deficit nell’ordine di una decina di miliardi). Come ricostruiva Repubblica in edicola, è stato lo stesso premier Matteo Renzi ad accentrare la decisione finale sulla questione più difficile, cioè l’effetto del ruolo unico (la scomparsa dei dirigenti di prima e seconda fascia) che andrà ad azzerare anzianità, titoli ed esperienza dell’attuale alta dirigenza centrale. Il decreto dovrà seguire in ogni caso il percorso per ottenere i pareri di Camera e Senato, nonché quelli del Consiglio di Stato e della Conferenza Stato Regioni, con possibili correttivi da attuare in corsa.

Per tamponare le criticità sollevate dai dirigenti, una soluzione ponte è stata individuata nel dare una “via preferenziale” ai direttori generali che hanno già un incarico in corso e un’anzianità di cinque anni, che li salvi per ora dal rientrare nel calderone del ruolo unico. A riforma a regime, ognuno sarà invece chiamato a conquistare l’incarico passando per una selezione, con tre Commissioni a vigilare (una per ogni livello: statale, regionale, locale). La riforma nel complesso prevede poi un tetto alla durata degli incarichi: quattro anni rinnovabili una sola volta per due anni, dietro valutazione positiva: niente più automatismi per gli oltre 30mila dirigenti interessati.

Si arricchisce infine il capitolo sulla valutazione e su tutte le fattispecie che determinano il mancato raggiungimento degli obiettivi (si fa riferimento a rilevazioni  esterne, alla differenziazione delle pagelle del personale sottoposto e anche al mancato controllo sulle presenze). Pena la possibile revoca dell’incarico. E in questi casi si decade, se non si riesce a ottenere un nuovo affidamento in un anno. In generale, chi resta senza ufficio riceve per il primo anno una paga base, dopo di che c’è un progressivo decalage nel triennio successivo. Per evitare la fuoriuscita si può fare domanda per un posto di fascia più bassa o la stessa amministrazione può di fatto ‘degradare’ il dirigente a funzionario. Il decreto poi fissa dei paletti per il trattamento accessorio collegato ai risultati (di norma deve costituire almeno il 30% della retribuzione complessiva).

Per quanto riguarda le camere di commercio, il decreto le riduce da 105 a 60 e taglia del 50% l’importo annuale a carico degli imprenditori, oltre a diminuire del 30% il numero dei consiglieri. Prevista anche la gratuità per tutti gli incarichi degli organi diversi dai collegi dei revisori; una razionalizzazione complessiva del sistema attraverso l’accorpamento di tutte le aziende speciali che svolgono

 

compiti simili, la limitazione del numero delle Unioni regionali e una nuova disciplina delle partecipazioni in portafoglio. “Il Mise rafforzerà in modo significativo la vigilanza e la valutazione delle performance”, ha detto il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda.

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