La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, 15 gennaio 2024, n. 503 torna, in modo poco convincente, sulla questione sempre aperta del modo di condurre gli affidamenti diretti.
La questione è quella nota: far precedere un affidamento diretto da un sistema di acquisizione di preventivi strutturato come in una gara, con la predisposizone di criteri predeterminati per valutarli, comporta nella sostanza una gara vera e propria anche se informale.
Palazzo Spada, si ribadisce in modo tutt’altro che convincente e approfondito, ritiene di no, almeno per il caso di specie.
Scrive il Consiglio di Stato: “Così argomentando, tuttavia, l’appellante non ha fatto altro che riproporre gli argomenti già prospettati al TAR, ai quali il primo giudice ha già offerto motivata risposta, non adeguatamente considerata, né efficacemente contrastata. La stessa prospettiva che vorrebbe prediligere le caratteristiche del “procedimento in concreto posto in essere” non giova all’appellante, in quanto essa, a ben vedere, prova troppo: la procedura in concreto posta in essere, infatti, era proprio quella dell’affidamento diretto, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. a), del d.l. n. 76 del 2020, come convertito, le cui caratteristiche erano ben delineate dal disciplinare che, come rimarcato dal TAR, escludeva in radice la natura comparativa della valutazione. In tale prospettiva, la motivazione finale è del tutto adeguata e sufficiente, in quanto doveva limitarsi ad un giudizio di rispondenza dell’offerta alle esigenze dell’amministrazione”.
L’argomentazione del “provare troppo” è fantasmagorica: un metodo per dire tutto, ma non dire nulla e non entrare assolutamente nel merito della critica, evidenziando quale sarebbe il concreto vizio dell’argomentazione che “prova troppo”.
La sentenza del Consiglio di Stato appare sommaria ed apodittica. Si limita a constatare che l’amministrazione ha gestito l’affidamento così come formalmente prescritto dal bando.
Tuttavia, non spiega se effettivamente il bando sia risultato conforme alla disciplina normativa, regolando la procedura.
Il problema è sempre lo stesso: se la PA proceduralizza l’acquisizione di preventivi, trattandoli come fossero offerte da acquisire entro termini specifici e da valutare con modalità predeterminate, comparandole tra loro entro una procedura una e sincrona, si tratta di una gara e non c’è da provare nè troppo, nè poco.
Nel caso di specie, sembra, dal tono della sentenza, che il bando non abbia previsto la comparazione, anche se ha trattato l’acquisizione dei preventivi come fosse un invito a presentare offerte.
Anche questo è un errore procedimentale: come si nota, può produrre un contenzioso facilmente evitabile se la stazione appaltante comprendesse che i preventivi sono da acquisire nell’ambito di un’istruttoria tecnica, al di fuori della formalizzazione di modalità di “gara”.
I preventivi si acquisiscono singolarmente ed autonomamente, e li si valuta senza raffrontarli l’uno con l’altro, ma dando conto delle ragioni per le quali uno tra essi venga ritenuto più conveniente. E non c’è ragione alcuna di pre-determinare criteri valutativi.
Il vero problema è tutto lì: se l’amministrazione si autovincola a valutare i preventivi, allora si priva della discrezionalità propria del sistema dell’affidamento diretto, perchè si obbliga a seguire quei criteri, sicchè se la loro applicazione conduce verso una decisione, non è legittimo adottarne un’altra.
Nessun tag inserito.