25/08/2016 – Pa, corsia preferenziale per i dirigenti esperti esperti

Pa, corsia preferenziale per i dirigenti esperti esperti

  • –di Gianni Trovati – 23 agosto 2016

 

Una “corsia preferenziale” per i dirigenti di prima fascia nei bandi pubblicati dalla loro amministrazione di provenienza e un sistema puntuale di valutazione dei processi per misurare le performance dei dirigenti. Con il lavoro tecnico di questi giorni sta prendendo forma il testo del decreto legislativo sulla dirigenza pubblica, spinoso capitolo attuativo della delega sulla pubblica amministrazione, in vista del consiglio dei ministri atteso per domani, dove le nuove regole sulla dirigenza dovrebbero sbarcare insieme alla riforma delle camere di commercio e ai decreti su enti di ricerca e comitato paralimpico.

 

La questione più delicata è quella dell’attuale dirigenza di prima fascia, e in particolare dei direttori generali, su cui si era accesa la resistenza dell’alta burocrazia che il 10 agosto ha spinto il governo a darsi due settimane in più per il varo ufficiale del provvedimento. Ad accendere le proteste dei dirigenti apicali è la prospettiva, con la riforma, di partecipare insieme a tutti gli altri al meccanismo dei bandi per gli incarichi quadriennali previsto dal ruolo unico, che non contempla più la distinzione fra prima e seconda fascia e quindi mette tutti allo stesso livello. L’ipotesi, come anticipato sul Sole 24 Ore di ieri, è quella di aprire una corsia preferenziale per i bandi delle amministrazioni di provenienza, da strutturare all’interno dei meccanismi di selezione: in pratica, si tratterebbe di tener conto della carriera già svolta in posizioni apicali, soprattutto quando ha avuto una durata superiore a una certa soglia (per esempo 5 anni), nella selezione per i futuri incarichi.

In questo meccanismo, comunque, i dirigenti attuali entrerebbero dopo aver portato a scadenza i loro contratti attuali, il cui arrivo fino al traguardo indicato dal contratto non è mai stato in discussione. In ogni caso, il compito delle riunioni tecniche tra ieri e oggi è quello di ipotizzare un ventaglio di soluzioni, in cui potrebbe rientrare anche una deroga a tempo indeterminato (improbabile) per chi ha già maturato un certo numero di anni in posizioni apicali, ma sarà la politica, cioè il consiglio dei ministri, a pescare la carta che ritiene più corretta e più utile a portare la riforma al traguardo senza troppe resistenze. Il percorso del decreto, poi, passa dal Parlamento, dove non è difficile prevedere una discussione “approfondita” sugli snodi più delicati.

Nel provvedimento dovrebbe trovare spazio inoltre un sistema di valutazione delle prestazioni dei dirigenti più puntuale della classica misurazione dei risultati, che finora ha promosso praticamente tutti ed è stata giudicata inefficace da più fonti, da ultimo un report dedicato al tema da Banca d’Italia. L’idea è quella di mettere in campo una griglia di indicatori in grado di valutare tutti gli aspetti dell’attività del dirigente, che troverà declinazioni operative diverse a seconda dell’amministrazione.

Dall’efficacia reale di questo meccanismo, che sarà affidato prima di tutto agli organismi indipendenti di valutazione delle diverse strutture, dipendono del resto una serie di regole che nelle bozze di decreto provano ad ancorare ai risultati la retribuzione del dirigente e le sue prospettive nel “mercato” degli incarichi. Le performance dovranno infatti essere riportate nel censimento online del ruolo unico, insieme a curriculum e incarichi già svolti, e sempre secondo la riforma nei casi più “gravi” la retribuzione di risultato andrà tagliata pesantemente: una riduzione dell’80%, per esempio, è la minaccia per i dirigenti che “colpevolmente” non vigilano sul rispetto degli standard qualitativi e quantitativi da parte dei loro uffici.

 

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