tratto da giustizia-amministrativa.it

Beni culturali, paesaggistici e ambientali – Locali storici – Potere ministeriale di tutela – Vincolo di destinazione d’uso del bene culturale – Manifestazione culturale immateriale di cui la cosa costituisce testimonianza

 

Ai sensi degli articoli 7 bis, 10, comma 3, lettera d), 18, comma 1, 20, comma 1, 21, comma 4, e 29, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004, il “vincolo di destinazione d’uso del bene culturale” può essere imposto a tutela di beni che sono espressione di identità culturale collettiva, non solo per disporne la conservazione sotto il profilo materiale, ma anche per consentire che perduri nel tempo la condivisione e la trasmissione della manifestazione culturale immateriale, di cui la cosa contribuisce a costituirne la testimonianza; ferma restando la necessità di rispettare il principio di proporzionalità (1).

 

 

(1) Conformi: Cons. Stato, Ad. Plen., n. 5 del 2023;

Difformi: Cons. Stato, sez. V, n. 1933 del 2019.

 

La questione all’esame del Consiglio di Stato riguarda l’apposizione di un vincolo di natura storico culturale (non sull’edificio, già vincolato, ma) sull’attività di ristorazione in quanto tale, per come esercitata da decenni in quel particolare, storico, ristorante di Roma.

La società che nelle more aveva acquistato la proprietà dell’immobile aveva, tenuto conto del mancato spontaneo rilascio – alla scadenza del rapporto contrattuale – dell’unità immobiliare detenuta dal gestore, intimato alla conduttrice lo sfratto per finita locazione.

Successivamente alla sentenza del Tribunale di Roma (che aveva respinto il ricorso della conduttrice, cioè di colui che gestiva l’attività di ristorazione, condannando la conduttrice al rilascio dell’unità immobiliare detenuta) il Ministero aveva apposto il vincolo, riconoscendo l’interesse culturale “nella continuità ininterrotta dell’unione tra locale ristorante, arredi ed opere artistiche, tradizione enogastronomica e sociabilità che, dai primi anni cinquanta ad oggi, hanno reso il ristorante uno spazio fisico e simbolico di accoglienza e di incontro di “mondi” e individui dalla provenienza geografica e sociale estremamente diversificata; un teatro di frequentazioni e di eventi pubblici e privati significativi da parte di personaggi illustri italiani e stranieri e di gente comune”.

Secondo quanto ritenuto dall’Amministrazione statale, la frequentazione del locale da parte di soggetti e gruppi sociali tra i più diversificati, ha dato vita ad un insieme estremamente ricco e composito di storie e di memorie – tramandate dalle narrazioni e dai gesti di camerieri, cuochi e gestori – la cui preservazione consente uno sguardo inedito sul costume e sulla vita della città di Roma, a partire dal dopoguerra, passando per gli anni della “Dolce Vita” fino ai recenti sviluppi del turismo internazionale e di massa, nonché su aspetti peculiari della costruzione dell’immaginario dell’italianità all’estero, in particolare negli Stati Uniti e in America Latina.

La società proprietaria dell’immobile aveva impugnato il decreto di apposizione del vincolo dinanzi al T.a.r. per il Lazio, e quest’ultimo aveva accolto il ricorso; sull’appello, proposto dall’Amministrazione e dalla controinteressata, il Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione se sia ammissibile l’imposizione di un vincolo di destinazione d’uso del bene culturale, e se sia ammissibile a garanzia non solo della sua conservazione, ma pure della continua ricreazione, condivisione e trasmissione della manifestazione culturale immateriale di cui la cosa costituisce testimonianza.

L’Adunanza plenaria, con sentenza n. 5 del 2023 (News n. 30 del 7 marzo 2023), ha risposto affermativamente al quesito; e, sulla base dei principi affermati dall’Adunanza plenaria, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello, ritenendo che, nel caso di specie, la p.a. avesse imposto il vincolo all’esito di un’adeguata istruttoria e rispettando il principio di proporzionalità.

Cons. Stato, sez. VI, 10 luglio 2023, n. 6752 – Pres. Volpe, Est. Gallone

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