diritti di rogito a segretari assimilati a dirigenti
di LUIGI OLIVERI
Italia OggiMartedì, 24 Maggio 2016
Ai segretari comunali assimilati ai dirigenti spettano i diritti di rogito se siano preposti a sedi di segreteria di comuni privi di dirigenti. La sentenza del tribunale di Milano in sede di giudice del lavoro (18/05/2016 n. 1539/2016) interpreta in maniera assolutamente tranciante la questione connessa alla percezione dei diritti di rogito, ponendosi in contrasto apertissimo con le indicazioni della Corte dei conti. La sentenza del tribunale non dà spazio a dubbi. L’ articolo 10, comma 2-bis, del dl 90/2014, convertito in legge 114/2014 dispone che: «Negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale, una quota del provento annuale spettante al comune ai sensi dell’ art. 30, secondo comma, della legge 15 novembre 1973, n. 734, come sostituito dal comma 2 del presente articolo, per gli atti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 della tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604, e successive modificazioni, è attribuita al segretario comunale rogante, un quinto dello stipendio in godimento». La disposizione, a parere del tribunale «sembra chiara nell’ individuare, quali destinatari del beneficio di cui all’ art. 30 legge n. 734/73, due categorie di segretari comunali, ovvero: quelli che operano presso enti locali privi di dirigenti con qualifica dirigenziale e quelli che non hanno qualifica dirigenziale». Secondo la sentenza vi è una razionale scelta alla base della chiave di lettura proposta, fondata su due elementi. Il primo discende dal fine della norma, la quale riconosce i diritti di rogito ai segretari di fascia C (non assimilabili ai dirigenti) per sopperire «una situazione stipendiale che, rispetto ai colleghi appartenenti alle altre due categorie, è meno favorevole e garantista»; ma riconosce la percezione dei diritti di rogito anche ai segretari delle fasce B e A quando «i medesimi operano all’ interno di un ente in cui non vi sono dipendenti con funzioni dirigenziali». In secondo luogo, il tribunale, sulla base della propria connotazione di giudice del lavoro, non può fare a meno di constatare che, inoltre, l’ articolo 10, comma 2-bis, del dl 90/2014 «risulta perfettamente aderente al disposto dell’ art. 37 Ccnl dei segretari comunali che, nel novero inserisce anche i diritti di segreteria». Osservazione, questa, che da sola potrebbe considerarsi dirimente, anche alla luce dell’ articolo 36 della Costituzione. Il contenuto più rilevante e, al contempo, delicato della pronuncia del tribunale, però, sta nella critica molto forte alle opposte interpretazioni fornite, in particolare dalla Corte dei conti, Sezione Autonomie, col parere 24 giugno 2015, n. 21. Secondo tale delibera, il diritto di rogito competa esclusivamente ai segretari di comuni di piccole dimensioni collocati in fascia C, ma non spetta ai segretari che godono di equiparazione alla dirigenza, sia essa assicurata dalla appartenenza alle fasce A e B o un effetto del galleggiamento in ipotesi di titolarità di enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, anche perché l’ articolo 10-bis è da considerare come norma posta alla salvaguardia della finanza pubblica e volta a ridurre i casi di deroga al principio di onnicomprensività della retribuzione dei dipendenti pubblici. Il tribunale di Milano rigetta totalmente la visione proposta dalla magistratura contabile, perché se da un lato è vero che la norma ha lo scopo di meglio amministrare la spesa pubblica, tuttavia l’ interpretazione data dalla Sezione Autonomie «nell’ intento di salvaguardare beni pur meritevoli di tutela, finisce per restringere il campo di applicazione della norma compiendo un’ operazione di chirurgia giuridica non consentito nemmeno in nome della res pubblica». Sicché, il tribunale conclude: «La letterale applicazione della norma che, nella sua chiarezza non necessita di alcuna interpretazione», tanto da portarlo a decidere per la spettanza dei diritti di rogito al segretario di fascia A o B che operi in sedi privi di dirigenti. La sentenza mette infine in ulteriore luce un problema di sistema: l’ influenza dei pareri della Corte dei conti (ma anche di soggetti come Aran, Ispettorato del Mef e Dipartimenti dei ministeri in sede di pareri interpretativi) nell’ ambito della gestione del personale.
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