25/04/2023 – Eccidio di Rodengo Saiano

Il 26 aprile 1945 un gruppo di SS italiane dislocate presso l’abbazia di Rodengo venne disarmato dagli insorti del luogo.

Nel paese aveva la propria sede anche l’Unità di Riserva delle Unità Armate della SS, circa 400 uomini, al comando di Alois Thaler, dal quale dipendeva anche il Gruppo pronto impiego dell’82° Reggimento SS Italien, composto da circa 200 uomini.

Gli insorti si trovavano dunque di fronte ad un’unità molto compatta, numerosa e ben armata. Per questo Giovanni Battista Vighenzi, comandante del gruppo partigiano, si recò a Rovato la sera stessa del 26 per chiedere rinforzi. Egli sperava, tuttavia, che la situazione si sarebbe risolta con la resa delle SS senza uno scontro armato, dal momento che ormai gli Alleati erano giunti nei pressi di Brescia.

A tarda sera, durante il ritorno da Rovato, Vighenzi fu catturato dagli uomini di Thaler che avevano nel frattempo ripreso il controllo della situazione, riconquistata l’Abbazia e liberato le SS fatte prigioniere. Vighenzi fu portato nella sede del Comando, a Villa Fenaroli di Corneto. Interrogato e torturato, venne rinchiuso insieme agli altri prigionieri in un locale della villa.

L’ordine di giustiziare il gruppo di partigiani guidati dal segretario comunale dell’epoca Giambattista Vighenzi, fu impartito dal maggiore delle Ss Luis Thaler comandante delle Unità armate di riserva Italiane.

La notte del 27 aprile, prima sei giovani (Mario Andreis, Gastone Tiego, Giovanni Pezzetti, Angelo Franchini, Giovanni Felappi e Gaetano Lumini) e poi altri tre (Giuseppe Malvezzi, Giuseppe Caravello e Giovanni Ceretti) vennero fucilati insieme a Vighenzi. I loro corpi furono ritrovati il 28 aprile, dopo che le SS alle prime ore del mattino si erano date alla fuga.

Secondo il referto medico stilato dal dott. Carlo Guidarini i cadaveri presentavano “varie ferite di armi da fuoco, alcuni presentavano ecchimosi varie, altri la frattura della scatola cranica, delle mascelle, altri tumefazioni alle labbra e agli occhi o contusioni agli arti inferiori e all’addome. Tutte tali contusioni o fratture sono in diretta conseguenza a percosse con corpo contundente. Vighenzi presentava ecchimosi varie per tutto il dorso, dovute certamente alle staffilate di Thaler”.

Bibliografia e approfondimenti:

  • Rolando Anni, Dizionario della Resistenza bresciana, 2 voll., Editrice Morcelliana, Brescia 2008.

 

Gian Battista VIGHENZI Ostiano (Cr), 14 febbraio 1909 – Rodengo Saiano (Bs), 27 aprile 1945

Diplomatosi in ragioneria a Cremona, svolto il servizio militare a Firenze in qualità di ufficiale di complemento, sostiene gli esami di segretario comunale, attività che inizia presso il comune di Padenghe. Nel 1940 si laurea in scienze economiche a Bologna e alla fine dell’anno è segretario comunale a Rovato. Ottiene poi la sistemazione a Rodengo Saiano.

Conosciuto per la passione alla cultura e ai problemi sociali, pubblica un solo articolo su una rivista giovanile francese, ma accumula appunti su appunti. Dopo l’8 settembre 1943 passa all’azione. Accattivatosi la simpatia di tedeschi e fascisti può prestare efficace attività nell’organizzazione e nell’assistenza delle formazioni partigiane della zona; è membro del Comitato di Liberazione Nazionale, si unisce quindi a formazioni armate e partecipa a combattimenti in uno dei quali, il 26 aprile 1945, disarma con i suoi uomini 72 SS tedesche.

Catturato alle ore 21,30 di quello stesso giorno dalle SS tedesche mentre si recava a chiedere rinforzi, venne seviziato e poi fucilato nella notte in località Villa Fenaroli a Saiano, per ordine del maggiore tedesco Thaller, a sua volta fucilato il 2 maggio.

A Gian Battista Vighenzi è stata assegnata la croce di guerra al Valore Militare. Gli è dedicata una via a Brescia. E’ inoltre ricordato con una lapide all’interno dell’abbazia di Rodengo.

Alla sua memoria e al suo nome è intitolata una Fondazione promossa dalla Cisl di Brescia nel 1976, “con l’obiettivo di approfondire, realizzare e mettere continuamente in discussione i valori del movimento dei lavoratori”.

da ENCICLOPEDIA BRESCIANA, Vol. XXI, pag. 65

Gian Battista Vighenzi, la sera prima di morire, scrive una lettera alla moglie che conclude …. “Muoio contento per essermi sacrificato per un’idea di libertà che ho sempre tanto auspicata.

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