Nullo l’accordo con la Pa che inquadra il dipendente nelle mansioni superiori «svolte di fatto»
di Paola Rossi
Nell’ambito del pubblico impiego lo svolgimento di mansioni superiori non dà diritto a ottenere il corrispondente inquadramento. Di conseguenza è nulla la conciliazione tra Pa e dipendente che preveda tale riconoscimento. Come dice la Corte di cassazione con la sentenza n. 25018/2017 depositata ieri, nonostante la privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, non scatta il diritto all’inquadramento superiore sia perché ciò determina esborso di risorse erariali sia perché nella pubblica amministrazione vige come regola aurea quella della procedura concorsuale per ricoprire le posizioni lavorative.
Autotutela non esercitabile
L’Office regional du tourisme di Cogne aveva annullato in autotutela i verbali di conciliazione che riconoscevano ad alcuni lavoratori l’inquadramento superiore a partire dal 1° gennaio 2017. Tribunale e Corte d’appello avevano accolto il ricorso dei dipendenti interessati al salto di carriera, sul presupposto che l’autotutela non si può esercitare quando la Pa è in posizione di parte contrattuale, ma solo quando esercita il proprio potere amministrativo. La Cassazione nel dar torto ai giudici di merito precisa che questi avrebbero comunque dovuto riconoscere la nullità dell’accordo conciliativo intercorso tra la preesistente Azienda autonoma di soggiorno e turismo di Cogne e i dipendenti cui erano state affidate mansioni superiori. Infatti, tali accordi violano le norme imperative che governano il pubblico impiego e non sono previsti dalle norme dei contratti collettivi di lavoro.
Rilevanza della nullità
Dunque, secondo la Cassazione, la gestione ormai privatistica del rapporto di lavoro pubblico non consente però alle pubbliche amministrazioni di sorvolare sull’applicazione di norme imperative. Anzi, in tali situazioni, la Pa al pari del datore di lavoro privato non fa che prendere atto della nullità di un accordo negoziale cui legittimamente non dà seguito non adempiendo alla prestazione contra legem. Quindi il vero thema decidendum in tal caso non è se la Pa poteva annullare degli atti negoziali seppure nulli. Potere che non ha. Ma andava semplicemente indagata e affermata la nullità di tali accordi per violazione del testo unico del pubblico impiego, cioè l’articolo 52 del Dlgs 165/2001, dove si afferma che l’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione.
Le mansioni superiori nella Pa
Quindi nella Pa il datore non può attribuire inquadramenti in violazione del contratto collettivo e del testo unico che pone al centro delle assunzioni nella Pa la procedura concorsuale. È quindi nullo qualsiasi atto in deroga anche in melius. Cosicché il dipendente pubblico che di fatto abbia svolto mansioni di qualifica superiore ha diritto a vedersi riconoscere la differenza retributiva per il periodo corrispondente a quello in cui ha rivestito il diverso ruolo. Non a caso il Legislatore, come confermato dalla giurisprudenza di legittimità, ha previsto anche la responsabilità personale del dirigente che abbia dato causa ai maggiori esborsi in maniera colpevole o dolosa.
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