tratto da quotidianogiuridico.it
I provvedimenti sanzionatori degli abusi edilizi
venerdì 21 agosto 2020
a cura della Redazione Wolters Kluwer
 
Il procedimento di repressione degli abusi edilizi non è caratterizzato da termini perentori e il potere repressivo da parte del Comune non si consuma al decorrere del termine di conclusione del procedimento ex art. 2 della 1egge n. 241/1990. il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare. L’onere di fornire la prova dell’epoca di realizzazione di un abuso edilizio incombe sull’interessato, e non sull’Amministrazione, la quale, in presenza di un’opera edilizia non assistita da un titolo che la legittimi, ha solo il potere-dovere di sanzionarla ai sensi di legge e di adottare, ove ricorrano i presupposti, il provvedimento di demolizione. Il Comune di Napoli prima del 1942, pur in assenza di una norma primaria che imponesse ai proprietari di munirsi di titolo abilitativo per effettuare interventi edificatori, aveva adottato un regolamento edilizio, approvato appunto nel 1935, con cui aveva previsto l’obbligo di munirsi di licenza edilizia per gli interventi da effettuarsi sull’intero territorio comunale. Nel vagliare un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere deve operarsi una valutazione globale delle stesse, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere l’effettiva portata dell’operazione. Lo stabilisce il Tar Campania, sez. IV, sentenza 15 luglio 2020, n. 3110.
 
QUI Tar Campania, sez. IV, sentenza 15 luglio 2020, n. 3110

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