tratto da Italiaoggi del 28.07.2017

 

 

 

Lettera a raffaele cantone

Provi Lei, presidente, a fare il Rup

  di Vito Mario Burgio consulente Anpci 

Illustrissimo presidente Raffaele Cantone,

Le scrivo, senza alcuna vena polemica, dopo aver letto sulla stampa un articolo in cui Lei sostiene che la colpa del caos appalti sia da attribuire agli amministratori pubblici che si lavano le mani o addirittura che boicottano la Sua riforma.

Facile scaricare, come sempre alla parte più debole del Paese, responsabilità di una classe politica e dirigente centrale che vive lontano mille anni luce dalla realtà dei comuni, in specie quelli piccoli e piccolissimi.

Non sembra possibile che ogni volta che il parlamento e il governo mettono mano a una riforma dimenticano che esiste questa parte sana, forte e virtuosa della nazione imponendole norme e procedure impossibili da applicare integralmente e, soprattutto, dannose.

Partiamo dal codice appalti: 220 articoli, 50 decreti attuativi, 172 refusi individuati e corretti. A un anno dall’entrata in vigore del Codice, con il dlgs correttivo vengono apportate altre 441 modifiche e viene stabilita l’approvazione di altri 60 decreti attuativi. A tutto ciò si aggiungono 1.388 delibere Anac nel 2016 (4 delibere al giorno compresi sabati e domeniche). Evidentemente a Roma nessuno sa cosa sia esattamente un’analisi d’impatto normativo. Il Codice appalti ha promesso semplificazione, ma solo a parole. La realtà è ben diversa. E vediamo perché.

Per i lavori sotto i 40.000 euro, per esempio, prima si dice che è escluso l’obbligo di motivazione per affidare direttamente un lavoro o un servizio ma poi si ritiene necessario garantire i seguenti principi enunciati dall’articolo 30: libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, economicità, efficacia, tempestività e correttezza. Gli amministratori locali si chiedono come si possano rispettare questi principi se si procede con affidamento diretto.

Caos assoluto anche per quanto riguarda gli incentivi per funzioni tecniche. Per corrisponderli si dovrebbero tagliare gli incentivi a tutti gli altri istituti finanziati dal fondo della contrattazione decentrata. E veniamo al costo della manodopera. Si rende sempre e comunque obbligatoria la verifica della congruità dei costi. L’impresa è tutt’altro che agevole perché sul piano tecnico le tabelle ministeriali sul costo del lavoro riportano costi medi che non possono tenere conto di particolari agevolazioni o sgravi di cui si avvantaggi di volta in volta il singolo operatore economico. Dunque non difficilmente il costo della manodopera indicato dall’appaltatore può rivelarsi inferiore a quello delle tabelle. Dal Suo scranno, presidente Cantone, tutto sembra facile. Provi Lei almeno una volta a fare il Responsabile unico del procedimento (Rup) in un piccolo comune e capirebbe le difficoltà che quotidianamente incontrano gli amministratori locali. E ancora, per predisporre i progetti di fattibilità si richiedono indagini obbligatorie (geologiche, idrogeologiche, sismiche, storiche, paesaggistiche, urbanistiche), verifiche preventive dell’interesse archeologico, studi preliminari sull’impatto ambientale, diagnosi energetiche, misure per la produzione e recupero di energia con riferimento all’impatto sul piano economico-finanziario dell’opera. A questo punto non siamo in un progetto di fattibilità, ma davanti a un vero e proprio strumento di progettazione completo. Ma quale amministrazione rischierà di buttare migliaia e migliaia di euro per pagare un progettista senza avere la certezza del finanziamento? Siamo al diluvio burocratico, generato da burocrazie distanti, non in grado di interpretare desideri, passioni, interessi, aspettative, bisogni di amministratori pubblici che cercano di garantire i servizi malgrado la legge. Tanto che mi chiedo: è la corruzione che ostacola la crescita o l’anticorruzione? Con osservanza

 

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