un articolo tratto da Il Messaggero di ieri 23/08/2016
A pochi giorni dal consiglio dei ministri che dovrà scrivere la riforma della dirigenza pubblica, si infiamma il fronte sindacale. A far discutere maggiormente è l’intenzione del governo di far decadere dopo sei mesi dall’entrata in vigore della riforma, tutti gli incarichi dirigenziali di prima e seconda fascia, creando però una clausola di salvaguardia per i direttori generali, che vedrebbero i loro incarichi rinnovati in automatico. «Nulla di più errato di creare divisioni come riportato in alcune indiscrezioni con certe fasce di colleghi che starebbero cercando di sottrarsi dall’azzeramento degli incarichi», spiega Barbara Casagrande, segretario generale di Unadis (sindacato dei dirigenti di Stato) e Cordip. «In una riforma che già non comprende tutta la dirigenza della Repubblica, perché esclude prefetti e diplomatici, professori universitari e presidi», prosegue, «vogliamo creare ulteriori divisioni?». Il concetto, insoma, è niente scappatoie per alcuni. La riforma, dice ancora il segretario generale di Unadis, «deve partire, in tutta la sua forza innovatrice. E per farlo occorre che sia varato un sistema unico di valutazione dei dirigenti della Repubblica e istituita un’alta commissione imparziale per il conferimento degli incarichi dirigenziali». Secondo la sindacalista «senza questi presupposti (sistema unico oggettivo di valutazione, criteri di conferimento incarichi, commissione imparziale, retribuzioni omogenee a parità di funzioni) la riforma sa tanto di precarizzazione iniqua e di lottizzazione». In questo caso il sindacato sarebbe pronto ad impugnarla.
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