tratto da quotidianopa.leggiditalia.it

Piani di riequilibrio economico finanziario: individuazione dei criteri di orientamento per la verifica

di Germano Marcelli – Funzionario della Corte dei conti
La deliberazione della Sezione delle autonomie preliminarmente evidenzia come la stessa costituisce espressione della funzione nomofilattica interna alla Corte dei conti, funzione che in origine era di esclusiva pertinenza delle Sezioni riunite della Corte dei conti. Questa è stata normativamente ripartita, ai sensi dell’art. 6, comma 4, D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito in L. 7 dicembre 2012, n. 213, tra le Sezioni riunite e la Sezione delle autonomie della Corte dei conti (“In presenza di interpretazioni discordanti delle norme rilevanti per l’attività di controllo o consultiva o per la risoluzione di questioni di massima di particolare rilevanza, la Sezione delle autonomie emana delibera di orientamento alla quale le Sezioni regionali di controllo si conformano. Resta salva l’applicazione dell’art. 17, comma 31, D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, nei casi riconosciuti dal Presidente della Corte dei conti di eccezionale rilevanza ai fini del coordinamento della finanza pubblica ovvero qualora si tratti di applicazione di norme che coinvolgono l’attività delle Sezioni centrali di controllo”).
La norma prevede che «al fine di prevenire o risolvere contrasti interpretativi rilevanti per l’attività di controllo o consultiva o per la risoluzione di questioni di massima di particolare rilevanza, la Sezione delle autonomie emana delibera di orientamento alla quale le Sezioni regionali di controllo si conformano». La Sezione delle autonomie quindi esplicita come l’art. 6, comma 4, D.L. n. 174 del 2012, nel far salva l’applicazione dell’art. 17, comma 31, D.L. n. 78 del 2009, ha inteso sia distinguere gli ambiti di operatività della funzione nomofilattica delle due Sezioni della Corte, sia fondarne l’esercizio in coerenza con l’unitaria attività svolta dalla Corte dei conti per le funzioni che ad essa spettano in materia di coordinamento della finanza pubblica. Viene ulteriormente evidenziato come tale norma ha superato anche il vaglio della Corte costituzionale, con la sentenza 26 febbraio-6 marzo 2014, n. 39, infatti, la Corte Costituzionale sottolinea come sia attribuita a tale Sezione una funzione nomofilattica in caso di interpretazioni discordanti tra Sezioni regionali della Corte dei conti e di conseguenza non risulta in alcun modo lesiva dell’autonomia regionale. La Corte costituzionale ha così affermato che la funzione nomofilattica è esercitabile anche dalla Sezione delle autonomie, rimuovendo, peraltro, il dubbio sulla riserva di tale funzione alle sole Sezioni riunite.
La deliberazione inoltre evidenzia come con una propria recentissima decisione Sezione n. 3/2019/INPR si è affermato che (punto 10) «un importante ausilio alla corretta gestione degli enti territoriali è assicurato dalla Sezione con l’esercizio della funzione nomofilattica prevista dall’art. 6, comma 4, D.L. n. 174 del 2012, attraverso cui si persegue l’obiettivo dell’uniforme attuazione della legge. Tale attività è esercitata su impulso delle Sezioni regionali, al fine di dirimere gli eventuali contrasti interpretativi insorti o risolvere questioni di massima di particolare rilevanza, oppure in via preventiva, per orientare l’attività degli enti territoriali e degli organi di controllo interno attraverso l’enunciazione di principi di diritto in ordine all’applicazione di istituti qualificanti della contabilità armonizzata o a situazioni o profili di particolare rilevanza nell’attività dei medesimi. La funzione ha assunto un ruolo di primo piano negli ultimi anni, per effetto della proliferazione normativa in atto. Di qui l’ampliamento della platea dei soggetti legittimati a richiedere pareri in materia di contabilità pubblica, dopo che l’art. 10-bisD.L. 24 giugno 2016, n. 113, convertito in L. 7 agosto 2016, n. 160, ha riconosciuto tale facoltà anche alle associazioni rappresentative degli enti territoriali (cfr. la deliberazione n. 32/SEZAUT/2016/INPR per una lettura logico-sistematica della predetta normativa). Le pronunce della Sezione delle autonomie producono un effetto conformativo nei confronti delle Sezioni regionali e, di conseguenza, costituiscono un orientamento anche per gli enti territoriali».
Dopo aver definito il quadro normativo la deliberazione in oggetto affronta nel merito la sentenza n. 18 del 14 febbraio 2019 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 714L. 28 dicembre 2015, n. 208 come sostituito dall’art. 1, comma 434L. 11 dicembre 2016, n. 232. In questa sentenza la sezione sottolinea come in premessa venga ribadito che «Appare evidente che i controlli […] del titolo VIII del TUEL […] consistono appunto in controlli di legittimità-regolarità se non addirittura in attribuzioni di natura giurisdizionale.
Appartengono alla prima categoria: a) la determinazione di misure correttive per gli enti in predissesto (art. 243-bis, comma 6, lettera a, del TUEL); b) l’approvazione o il diniego del piano di riequilibrio (art. 243-quater, comma 3, del TUEL); c) gli accertamenti propedeutici alla dichiarazione di dissesto (art. 243-quater, comma 7, del TUEL).
Riguardano funzioni di natura giurisdizionale: a) la giurisdizione delle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione avverso le delibere della sezione regionale di controllo (art. 243-quater, comma 5, del TUEL); b) l’attività requirente della Procura regionale sulle cause del dissesto (art. 246, comma 2, del TUEL); c) l’accertamento delle responsabilità degli amministratori e dei revisori dei conti ai fini dell’applicazione delle ulteriori sanzioni amministrative (art. 248, commi 5 e 5-bis, del TUEL). […]
Si tratta di funzioni – siano esse relative al controllo che alla giurisdizione – in cui l’attività della Corte dei conti risulta rigorosamente ancorata a parametri legali, tanto che la stessa attività di controllo è sottoponibile al sindacato giurisdizionale delle Sezioni riunite in speciale composizione, in conformità ai principi contenuti nella sentenza n. 39 del 2014 di questa Corte (sentenza n. 228 del 2017)».
Si tratta di una integrazione della funzione giurisdizionale e di quella di controllo, geneticamente riconducibile al dettato costituzionale (artt. 100 e 103 Cost.).
La Sezione sottolinea come l’istituto del riequilibrio finanziario pluriennale costituisce una fattispecie del tutto eccezionale e straordinaria, rappresentando un tertium genus che si aggiunge alle fattispecie di cui agli artt. 242 (Enti in condizioni strutturalmente deficitarie) e 244del TUEL (Enti in stato di dissesto) e privilegia l’affidamento agli organi ordinari dell’Ente della gestione delle iniziative di risanamento.
Viene offerta agli enti locali, impossibilitati a riequilibrare i propri bilanci attraverso le procedure ordinarie, una alternativa alla dichiarazione di dissesto e dall’altro ad assicurare le dovute garanzie, tanto nella fase procedurale, quanto in quella attuativa (Deliberazione SS.RR. in sede di controllo n. 2/SSRRCO/QMIG/2018).
La deliberazione inoltre specifica come rispetto alla norma dichiarata illegittima dalla Consulta non rientrano nell’oggetto della citata decisione le ulteriori, ma analoghe, ipotesi di riformulazione e/o rimodulazione dei piani di riequilibrio (in particolare quelle previste dall’art. 2, comma 5, D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito in L. 6 agosto 2015, n. 125 (facoltà di riformulazione/rimodulazione agli enti sperimentatori che avevano deliberato il ricorso alla procedura nel 2013 e 2014) e dall’art. 1, comma 849L. 27 dicembre 2017, n. 205(riformulazione e/o rimodulazione per gli enti che non hanno fatto il riaccertamento straordinario o che non abbiano correttamente accertato alla data del 1° gennaio 2015 i residui antecedenti il 2015).
Per gli enti che si sono avvalsi della facoltà di riformulazione o rimodulazione del piano di riequilibrio, la cui proposta di riformulazione o rimodulazione non ha ottenuto l’approvazione della competente Sezione regionale di controllo, la dichiarazione di incostituzionalità della specifica norma (art. 1, comma 714L. n. 208 del 2015) fa venir meno il fondamento di legittimità della riprogrammazione del piano, e quindi il piano stesso, per lo specifico profilo del più lungo tempo di copertura del “maggior disavanzo” al 1° gennaio 2015 rispetto al risultato di amministrazione al 31 dicembre 2014, secondo la disciplina e le finalità del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 2 aprile 2015 (oltre che per il più lungo tempo di restituzione delle anticipazioni di liquidità dal fondo di rotazione).
Per gli enti, invece, che prima della pronuncia di incostituzionalità avevano ottenuto l’approvazione della proposta di riformulazione del piano di riequilibrio e che detto piano stavano attuando, l’avvenuta conclusione del procedimento e la definitività della decisione adottata dalla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, viene in considerazione il solo profilo concernente i limiti e le modalità di conservazione della pianificazione in corso, non potendo crearsi, in via nomofilattica, l’effetto di una sostanziale rimessione nei termini.
La deliberazione della Sezione delle autonomie specifica inoltre come la caducazione dei piani già approvati, così come quella delle proposte di piani di riequilibrio rimodulati o riformulati in applicazione della richiamata norma dichiarata incostituzionale, non integra alcuna delle fattispecie elencate nell’art. 243-quater, comma 7, del TUEL, considerate “fattispecie legali tipiche di condizioni di dissesto” (13/SEZAUT/2013/QMIG) per cui ad essa non consegue l’obbligo di dichiarare il dissesto, obbligo che rimane definito dalle condizioni di cui all’art. 244 del TUEL, qualora sussistenti.
Va poi evidenziato, quanto agli enti che abbiano fatto applicazione della norma dichiarata incostituzionale, che la sentenza non travolge anche gli effetti consolidati negli esercizi già chiusi, nonché gli effetti che, rilevati contabilmente in detti esercizi, hanno già vincolato la programmazione degli esercizi futuri (ad esempio: determinazione del FPV, consistenza degli accantonamenti, utilizzo di sistemi di copertura per spese di investimento per gli anni successivi a quelli di assunzione delle determinazioni amministrative).
Al fine di salvaguardare la continuità dell’azione amministrativa, pertanto, si considerano intangibili le quote già ripianate negli esercizi chiusi, mentre l’extra disavanzo deve essere ammortizzato nel periodo che manca al raggiungimento del limite decennale. In tale ottica, i piani di riequilibrio trentennali non possono più considerarsi esistenti.
Con riguardo, invece, agli enti per i quali non sia intervenuta la decisione sulla proposta di rimodulazione/riformulazione, occorrerà provvedersi all’adeguamento del piano circa lo specifico profilo della pianificazione del recupero del residuo disavanzo esistente alla data della pronuncia di incostituzionalità facendo applicazione dell’ordinaria disciplina vigente al momento dell’adeguamento di cui sopra. Ai suddetti fini va considerato che l’art. 1, comma 888, della L. 27 dicembre 2017, n. 205 ha modificato la disciplina a regime dettata dall’art. 243-bis del TUEL sia per gli aspetti inerenti alla durata del piano di riequilibrio, sia per quel che attiene le condizioni che legittimano il ricorso allo strumento di risanamento, prevedendo quattro ipotesi di sviluppo temporale del percorso di riequilibrio in funzione del rapporto tra le passività da ripianare e l’ammontare degli impegni di cui al titolo I della spesa del rendiconto dell’anno precedente. Per i suddetti enti la sopravvenuta disapplicazione del meccanismo di scorporo dalla quota di disavanzo da ripianare di quella risultante dalla revisione straordinaria dei residui di cui all’art. 243-bis, comma 8, lett. e), limitatamente ai residui antecedenti al 1° gennaio 2015, comporta il consolidamento in un unico valore del “deficit” complessivo da ripianare che risulta dalla sommatoria di due valori: il primo, corrispondente al disavanzo da revisione straordinaria dei residui ai sensi dell’art. 243-bis comma 8 lett. e), il secondo, corrispondente al “maggior disavanzo” da riaccertamento straordinario ex art. 3, comma 7, lettere da a) ad e), D.Lgs. n. 118 del 2011 e dal primo accantonamento a FCDE. Le passività che integrano il disavanzo così determinato devono essere ripianate secondo la disciplina di cui all’art. 1, comma 888L. n. 205 del 2017, vigente al momento della rinnovazione dell’atto.
Ne deriva conclusivamente che in relazione all’individuazione di criteri di orientamento per la verifica da parte delle Sezioni regionali di controllo della corretta attuazione degli effetti conseguenti alla sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 14 febbraio 2019, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 714L. 28 dicembre 2015, n. 208, come sostituito dall’art. 1, comma 434L. 11 dicembre 2016, n. 232, questi vengono stabiliti nei seguenti termini.
1. I piani di riequilibrio finanziario pluriennali di cui all’art. 243-bis del TUEL riformulati ai sensi dell’art. 1, comma 714L. n. 208 del 2015, norma dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 18 del 14 febbraio 2019, approvati dalla competente Sezione regionale di controllo, sono intangibili relativamente alle sole quote di disavanzo riferite alle annualità il cui ciclo di bilancio si sia chiuso con l’approvazione del rendiconto. Il disavanzo residuo deve essere ripianato considerando il piano originario dell’ente, approvato prima della rimodulazione conseguente all’entrata in vigore dell’art. 1, comma 714L. n. 208 del 2015.
2. Gli enti locali che hanno proposto la rimodulazione o la riformulazione del predetto piano ma non hanno ottenuto l’approvazione entro la data di deposito della sentenza n. 18 del 2019 della Corte costituzionale, adeguano il piano di riequilibrio alla legislazione vigente. Provvedono, quindi, alla rideterminazione del disavanzo da ripianare che risulta dalla sommatoria di due valori: il primo, corrispondente al disavanzo da revisione straordinaria dei residui ai sensi dell’art. 243-bis, comma 8, lett. e); il secondo, corrispondente al “maggior disavanzo” da riaccertamento straordinario ex art. 3, comma 7, lett. da a) ad e), D.Lgs. n. 118 del 2011 e dal primo accantonamento al FCDE. Le passività che integrano il disavanzo così rideterminato devono essere ripianate secondo la disciplina di cui all’art. 1, comma 888L. n. 205 del 2017. Ai fini della durata massima del piano deve essere computato il tempo già trascorso dalla data di approvazione dell’originario strumento di risanamento e, ai fini del monitoraggio semestrale ex art. 243-quater, comma 6, del TUEL, resta ferma la periodicità dei semestri computata tenendo conto dei periodi già maturati.

Nessun tag inserito.

Torna in alto