24/05/2019 – Le differenze tra concessione ed autorizzazione nel sistema delle liberalizzazioni delle attività economiche

Le differenze tra concessione ed autorizzazione nel sistema delle liberalizzazioni delle attività economiche

di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale
Una società di costruzioni aveva presentato al competente Comune una domanda per l’apertura un impianto di distribuzione carburanti e ad essa è seguito il diniego dell’autorizzazione petrolifera emesso dal SUAP comunale. Sotto altro profilo, lo Sportello Unico ha invece autorizzato il trasferimento e l’esercizio di un impianto di distribuzione carburanti in fregio alla medesima sede stradale, a distanza di poche centinaia di metri dall’area individuata dalla società di costruzioni per il proprio impianto. Contro tali atti, di diniego della propria istanza e di autorizzazione al trasferimento di altro impianto, la società di costruzioni ha presentato due ricorsi al competente T.A.R., che li ha accolti entrambi.
Il giudizio davanti al T.A.R.
In sostanza, il Giudice di primo grado ha così argomentato:
– il diniego di autorizzazione formulato contro la società ricorrente era illegittimo, in quanto motivato sulla sola base del contingentamento numerico degli impianti di distribuzione dei carburanti imputabile ad una legge regionale ormai superata in forza delle liberalizzazioni introdotte nel settore economico dei carburanti dal D.Lgs. n. 32 del 1998;
– l’autorizzazione al trasferimento dell’impianto esistente era viziata da difetto di motivazione e di istruttoria in ordine alle possibili criticità dal punto di vista idrogeologico della zona su cui l’impianto della controinteressata dovrebbe essere realizzato, per mancanza del parere di competenza dell’Autorità di Bacino.
L’appello al Consiglio di Stato: concessione vs autorizzazione
Contro la sentenza di primo grado, è insorta la società di distribuzione carburanti, rimasta soccombente, e i soggetti intervenuti ad opponendum nel giudizio di primo grado, proprietari del terreno su cui sorge l’impianto dell’appellante principale. La società di costruzioni, che ha incassato l’accoglimento dei ricorsi in primo grado, ha presentato due appelli incidentali.
In sede cautelare, il Collegio d’appello ha concesso la sospensione dell’esecutività della sentenza del T.A.R., disponendo tuttavia che in forza della disposizione introdotta dall’art. 83-bisD.L. n. 112 del 2008 è eliminato ogni limite numerico o vincolo di distanze per l’installazione e l’esercizio di impianti di distribuzione di carburanti, pertanto la presenza dell’altra attività, quella intenzionata a trasferirsi, non costituisce un ostacolo assoluto alla favorevole definizione del procedimento autorizzatorio.
Nel merito, il Consiglio di Stato ha accolto gli appelli con la sentenza n. 3061 del 13 maggio 2019.
Per quanto riguarda la prospettata liberalizzazione del settore economico della distribuzione carburanti, il Collegio d’appello ha ritenuto corretta la ricostruzione svolta in primo grado circa l’evoluzione del contesto normativo in tema di programmazione degli impianti, prima soggetti a contingentamento numerico, e poi liberalizzati quanto ai limiti di distanza. Nel previgente regime, l’apertura di nuovi punti vendita era subordinata al rilascio di una concessione, e cioè su una tipologia provvedimentale con la quale l’amministrazione trasferiva o costituiva in capo al privato un diritto, una facoltà o un potere di cui in precedenza egli non era titolare. Con l’autorizzazione invece, non si costituisce un diritto in capo al richiedente, ma ci si limita a consentire l’esercizio di un’attività di impresa già riconosciuta al privato quale diretta esplicazione del principio costituzionale di libera iniziativa economica privata. In tali casi, il provvedimento autoritativo si pone pertanto in funzione regolatoria e di contemperamento di tale preesistente facoltà con la cura degli interessi pubblici affidati alla cura dell’amministrazione. Sulla base di questi assunti, il Tribunale ha concluso che in forza del sistema incentrato sul rilascio di un provvedimento autorizzatorio doveva ritenersi superato il previgente regime concessorio, a cui ancora faceva riferimento la normativa regionale. A sostegno, la disposizione dell’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 32 del 1998 subordina l’autorizzazione all’apertura di nuovi impianti di distribuzione di carburanti esclusivamente alla verifica della conformità alle disposizioni del piano regolatore, alle prescrizioni fiscali e a quelle concernenti la sicurezza sanitaria, ambientale e stradale, alle disposizioni per la tutela dei beni storici e artistici, nonché alle norme di indirizzo programmatico delle regioni. A quest’ultimo riguardo, secondo l’interpretazione del T.A.R., che ha trovato conferma nella sentenza n. 3061 del 2019 del Consiglio di Stato, non sono compresi i contingenti numerici, ma la sola definizione dei bacini di utenza, delle superfici e delle distanze minime obbligatorie tra gli impianti, a norma del Piano nazionale per l’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti, a cui si aggiungono le norme che prevedono requisiti e caratteristiche delle aree idonee all’installazione degli impianti, contenute nel decreto nazionale n. 32 del 1998. In conclusione, il Collegio ha ritenuto che la normativa regionale relativa ai contingenti numerici degli impianti di distribuzione di carburante sia stata abrogata dalla legge statale recante i principi fondamentali in materia. Il riferimento normativo su cui si basa questa lettura si trova nell’art. 10L. n. 62 del 1953, a mente del quale le leggi della Repubblica che modificano i principi fondamentali delle materie di legislazione concorrente abrogano le norme regionali che siano in contrasto con esse. Dunque, si è concluso che i contingenti numerici sono stati eliminati dalla programmazione del settore dei carburanti ben prima dell’avvento della liberalizzazione introdotta dal D.L. n. 112 del 2008, proprio in forza dell’introduzione del regime autorizzatorio in luogo di quello concessorio, come sopra meglio illustrato. Con la riforma da ultimo citata, si è piuttosto portato a completamento il processo di liberalizzazione, eliminando il limite delle distanze minime tra impianti ed ogni altra restrizione di carattere commerciale.
Titoli abilitativi e regime di liberalizzazione
Viene da domandarsi se in un vero sistema di liberalizzazione degli accessi al mercato non sia più opportuno sottoporre le nuove aperture di impianti di distribuzione carburanti a regime di Scia, così come si è pensato di fare con gli esercizi di vicinato e con i pubblici esercizi in zone non vincolate. In realtà, perché questo accada occorre che, oltre a ricadere nell’ambito della fattispecie delineata dall’art. 19L. n. 241 del 1990, la presenza di interessi generali potenzialmente confliggenti non sia tale da ritenere più opportuno mantenere il meccanismo istanza-autorizzazione, basato sullo svolgimento di un’istruttoria che condiziona l’avvio dell’attività al positivo rilascio di un provvedimento espresso. Nel settore dei carburanti, è proprio quest’ultima l’opzione prescelta. Stante la quantità e rilevanza degli interessi generali da tutelare, in tema di ambiente, sicurezza e assetto urbano, l’apertura dell’attività è sottoposta ad autorizzazione. Come si è visto nell’analisi della sentenza in commento, la presenza del regime autorizzatorio espresso non inficia la titolarità del diritto sul privato, che a differenza dei regimi concessori, necessita solo di essere “regolato” nel suo esercizio con minor pregiudizio per gli altri interessi, ma non si risolve nell’attribuzione di posizioni nuove. Questa valutazione sul regime abilitativo da applicare ad una determinata attività è compiuta a priori dal Legislatore, attraverso l’applicazione del metodo delineato dal D.Lgs. n. 59 del 2010, attuativo della direttiva Servizi n. 2006/123/CE, successivamente messo a sistema mediante la Tabella A allegata al decreto legislativo Scia2 (D.Lgs. n. 222 del 2016).

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