24/01/2020 – Appalti pubblici e gravi illeciti professionali: anche se diversi da quelli che comportano l’esclusione rilevano se non sono dichiarati

Appalti pubblici e gravi illeciti professionali: anche se diversi da quelli che comportano l’esclusione rilevano se non sono dichiarati
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 70, del 7 gennaio 2020, ha confermato il principio per cui qualsiasi condotta che vada contro la normativa, ove collegata all’esercizio dell’attività professionale, è di per sé potenzialmente idonea ad incidere con il processo decisionale rimesso alle stazioni appaltanti sull’accreditamento dei concorrenti come operatori complessivamente affidabili.
Il contenzioso amministrativo
Con ricorso al Tribunale amministrativo la mandataria e mandante di un costituendo raggruppamento di imprese risultato aggiudicatario della procedura aperta per l’affidamento dei lavori di restauro e risanamento conservativo per la rifunzionalizzazione del complesso immobiliare impugnavano la determinazione di revoca dell’aggiudicazione ex art. 80, comma 5, D.Lgs. n. 50/2016 – Codice dei contratti pubblici – , per dichiarazioni non veritiere, nonché l’aggiudicazione successivamente disposta in favore del secondo classificato in graduatoria (si trattava di una società cooperativa).
Le ricorrenti contestavano diversi profili di violazione di legge e di eccesso di potere, assumendo in particolare il presunto difetto delle garanzie partecipative di legge, di motivazione e di istruttoria nella decisione di revoca, nonché l’omessa valutazione, in concreto, della rilevanza dei precedenti pregiudizi penali ai fini dell’integrità ed affidabilità dell’operatore economico, essendo i provvedimenti giudiziali riconducibili esclusivamente alla pregressa attività imprenditoriale del legale rappresentante della società – ora dimessosi – comunque risalenti e non indicati nel casellario giudiziale poiché estinti e non rientranti tra le ipotesi di cui all’art. 80, comma 5 lett. a) e c) del Codice dei contratti pubblici.
Il TAR con sentenza dell’aprile 2019 respingeva il ricorso, sul presupposto che se è vero siano risalenti le condotte criminose (anni 2001-2010), ciò non toglie che esse debbano comunque essere dichiarate, per poi essere valutate dall’amministrazione nella loro rilevanza, anche in ragione della loro risalenza temporale.
Avverso tale decisione le ricorrenti proponevano appello al Consiglio di Stato.
L’analisi del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato osserva che, con uno dei motivi di ricorso, si eccepisce l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui, ha affermato che “risulta infondato il motivo di difetto di motivazione essendo chiaramente esplicitati nel provvedimento le ragioni di fatto (omessa dichiarazione dei precedenti del legale rappresentante del consorzio) ed il disposto normativo (art. 80 comma 5 lett. f bis) fondanti l’esclusione”.
Ad avviso delle appellanti, invece, il provvedimento impugnato sarebbe stato del tutto generico e carente nell’indicare le esatte ragioni dell’esclusione.
L’amministrazione, invece, una volta presa conoscenza dei precedenti in questione, avrebbe dovuto valutarne l’effettiva rilevanza in ordine all’affidabilità, nel caso in esame, dell’operatore economico e comunque motivare puntualmente al riguardo (nel caso in cui si fosse in ipotesi determinata per l’esclusione dalla procedura); ciò anche in ossequio ai principi evincibili dalle linee-guida ANAC n. 6, adottate con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016.
Per il Consiglio di Stato il motivo non è fondato.
Va innanzitutto ricordato che, secondo giurisprudenza consolidata, la previsione dell’art. 80, comma 5 lett. c) del D.Lgs. n. 50 del 2016 non ha carattere tassativo: non contempla cioè un numero chiuso di illeciti professionali, bensì un’elencazione di natura esemplificativa, comprendente ogni vicenda oggettivamente riconducibile alla fattispecie astratta del grave illecito professionale.
In particolare, nell’ambito di applicazione della lett. c) rientrano sicuramente le condanne per reati diversi da quelli che comportano l’automatica esclusione ai sensi del comma 1, dell’art. 80 (cfr. Cons. Stato, V, 5 marzo 2019, n. 6443; V, 12 marzo 2019, n. 1649), laddove nel caso di specie i precedenti non dichiarati consistevano, tra l’altro, in una condanna per truffa e tre per violazione della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il Consiglio di Stato ritiene che vada confermato l’orientamento, dal quale non vi è ragione di discostarsi, nel caso di specie, per cui, l’esclusione della concorrente dalla gara trova la propria causa non nella ritenuta rilevanza, ai fini dell’art. 80, comma 5, lettera c) del D.Lgs. n. 50/2016, della condanna penale irrogata, bensì nella mancata indicazione di detta condanna, costituente di per sé autonoma causa di esclusione, comportando l’impossibilità della stazione appaltante di valutare consapevolmente l’affidabilità del concorrente.
Va, quindi, confermato il principio per cui qualsiasi condotta contra legem, ove collegata all’esercizio dell’attività professionale, è di per sé potenzialmente idonea ad incidere con il processo decisionale rimesso alle stazioni appaltanti sull’accreditamento dei concorrenti come operatori complessivamente affidabili.
Per i giudici amministrativi di Palazzo Spada deve infatti riconoscersi, in capo alla stazione appaltante, un potere di apprezzamento discrezionale in ordine alla sussistenza dei requisiti di “integrità o affidabilità” dei concorrenti: per l’effetto, proprio al fine di rendere possibile il corretto esercizio di tale potere, questi ultimi sono tenuti a dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’amministrazione.
In termini, sempre di recente il Consiglio di Stato (cfr. Cons. St. n. 6443 del 2019) ha precisato che una dichiarazione inaffidabile, in virtù del fatto che – al di là dell’elemento soggettivo sottostante – è falsa o incompleta, deve ritenersi di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma, a prescindere dal fatto che l’impresa meriti sostanzialmente di partecipare. Invero, “l’omessa dichiarazione da parte del concorrente […] ne comporta senz’altro l’esclusione dalla gara, essendo impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità. La valutazione circa la sussistenza dei gravi illeciti professionali rilevanti ai fini dell’esclusione dalla gara è infatti interamente rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante, chiamata ad analizzare in concreto l’incidenza dei singoli fatti indicati dall’operatore economico: a tal fine, la stessa deve essere posta nella condizione di conoscere tutti i comportamenti astrattamente idonei ad integrare la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016, che devono essere pertanto indicati in sede di dichiarazione”.
Contrariamente a quanto dedotto dalle appellanti, nel caso di omessa dichiarazione è legittimo il provvedimento di esclusione, non sussistendo in capo alla stazione appaltante l’ulteriore obbligo di vagliare la gravità del precedente di cui è stata omessa la dichiarazione, conseguendo il provvedimento espulsivo all’omissione della prescritta dichiarazione, che invece deve essere resa completa ai fini dell’attestazione del possesso dei requisiti di ordine generale e deve contenere tutte le sentenze di condanna subite, a prescindere dalla gravità del reato e dalla sua connessione con il requisito della moralità professionale, la cui valutazione compete esclusivamente alla stazione appaltante.
Deve quindi concludersi, alla luce dei rilievi che precedono, che siano state adeguatamente indicate, nel provvedimento impugnato, le ragioni di fatto alla base dell’esclusione, consistenti nell’omessa dichiarazione dei precedenti penali di un legale rappresentante del Consorzio, nonché le ragioni di diritto di cui all’art. 80, comma 5 lett. f-bis) cit. poste a fondamento della determinazione avversata.
Risulta infatti dagli atti che, all’esito delle doverose verifiche ex art. 80 D.Lgs. n. 50/2016, erano emersi sei provvedimenti definitivi di condanna non dichiarati da uno dei soggetti apicali (mandante del raggruppamento ricorrente), che viceversa avrebbero dovuto senz’altro essere indicati per consentire alla stazione appaltante di svolgere una completa valutazione sull’affidabilità professionale del raggruppamento aggiudicatario.
Le conclusioni
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale definitivamente pronunciando sull’appello del costituendo raggruppamento di imprese, lo respinge.

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