24/01/2017 – Sezione delle autonomie: questione di massima sulla limitazione delle spese di personale negli enti locali

Sezione delle autonomie: questione di massima sulla limitazione delle spese di personale negli enti locali
di Germano Marcelli – Funzionario della Corte dei conti

 

La questione posta trae origine da una richiesta di parere formulata dal Comune di Caldogno (VI) e si articola in due quesiti. Con un primo quesito si chiede se l’ente può effettuare assunzioni a tempo determinato per ovviare alla grave scopertura d’organico determinatasi a seguito di alcune cessazioni dal servizio. Il quesito fa riferimento in particolare al regime operativo da applicarsi in base ai limiti previsti, dall’art. 9, comma 28, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, nell’ipotesi in cui l’ente locale non abbia effettuato assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato né nel 2009, né nel triennio 2007-2009.

Con un secondo quesito l’amministrazione chiede di sapere se può procedere ad effettuare un’integrazione stipendiale in caso di ampliamento dell’orario di un lavoratore socialmente utile che, attualmente, presta la propria attività presso il Comune.

A seguito di tale richiesta di parere, con deliberazione n. 357/2016/QMIG, la Sezione regionale di controllo per il Veneto ha sollevato una questione di massima ai sensi dell’art. 6, comma 4, D.L. n. 174 del 2012 in ordine all’individuazione del limite di spesa rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 9, comma 28, D.L. n. 78 del 2010, conv. in L. n. 122 del 2010, nell’ipotesi in cui l’ente locale non abbia fatto ricorso alle tipologie contrattuali di tipo flessibile ivi contemplate nel triennio 2007-2009.

La norma ha il principale obiettivo di pervenire ad un contenimento della spesa pubblica in un settore rilevante, quale quello del personale. Risulta evidente come tali limiti quantitativi della spesa, introdotti dall’art. 9, comma 28, D.L. n. 78 del 2010, si inseriscono in un contesto volto ad arginare l’utilizzo indiscriminato di contratti di tipo flessibile, allo scopo di evitare elusioni dei vincoli introdotti per le spese di personale a tempo indeterminato. Si deve altresì tenere presente che l’art. 36, D.Lgs. n. 165 del 2001 introduce un evidente favore per i contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, da utilizzare per dare risposta ai fabbisogni ordinari ed alle esigenze di carattere duraturo, nel rispetto delle norme contrattuali e della disciplina di settore. Le forme contrattuali flessibili sono invece indirizzate all’esclusivo soddisfacimento di esigenze di carattere temporaneo o eccezionale.

Richiamando questi principi di contenimento della spesa pubblica e di soddisfacimento dei bisogni degli enti, le Sezioni riunite in sede di controllo, al fine di salvaguardarne la funzionalità di detti enti, con la delibera n. 11/2012, hanno ammesso la possibilità di utilizzare specifici adattamenti per gli enti di minori dimensioni. Tale facoltà comunque, deve essere idonea a contenere efficacemente la spesa per le assunzioni a tempo determinato, riportandola nei limiti fisiologici connessi alla temporaneità del rapporto ed alla eccezionalità delle esigenze a cui fare fronte.

La questione in oggetto trae origine proprio dalla mancanza, per l’ente, di una spesa storica di riferimento, non avendo sostenuto, in nessuno dei due periodi considerati dalla norma, alcun esborso per contratti di lavoro a tempo determinato o di tipo flessibile. Il Comune risulta inoltre essere in regola con gli obblighi di riduzione della spesa di personale di cui all’art. 1, comma 557, e assume, quale limite di spesa imposto dall’art. 9, comma 28, D.L. n. 78 del 2010, quello del 100 per cento dell’analoga spesa sostenuta nel 2009 o, in difetto, nel triennio 2007/2009.

Questa ipotesi non risulta contemplata dalla normativa attualmente vigente e, inoltre, sulla problematica più volte affrontata dalla giurisprudenza contabile non si registra un orientamento unanime. Da qui è derivata la rimessione effettuata dalla Sezione regionale di controllo alla Sezione delle autonomie, per cercare di stabilire un principio di diritto coerente con la ratio della norma e con la disciplina generale della materia.

Gli orientamenti in relazione a tale problematica sono essenzialmente due. Secondo un primo orientamento seguito dalla Sezione regionale di controllo per la Campania (delibera n. 245/2014/PAR), in mancanza di una spesa storica nei periodi richiamati dalla legge, gli enti dovrebbero necessariamente adoperarsi per azzerare la spesa relativa alle tipologie contrattuali ivi contemplate.

Il contrapposto orientamento, invece, prende le mosse dalla constatazione dell’esistenza, nella fattispecie, di una lacuna normativa e dalla conseguente necessità, come rilevato dalla Sezione remittente, di “colmare il vuoto mediante gli ordinari strumenti ermeneutici che la legge assegna all’interprete” (cfr. Sez. reg. contr. Lombardia n. 227/2011/PAR e n. 1/2015/PAR).

Il primo orientamento, ad avviso della Sezione delle autonomie rappresenta una interpretazione eccessivamente restrittiva della norma, imponendo l’azzeramento di un aggregato di spesa in luogo della sua semplice riduzione. Tale interpretazione inoltre risulta lesiva dell’autonomia degli enti locali in quanto vanificherebbe quei margini di scelta, tra le varie tipologie di spesa, sempre nel rispetto del limite complessivo, che la Consulta, nella Sent. n. 173 del 2012, ha ritenuto indefettibili, con il concreto rischio di limitare fortemente le concrete modalità organizzatorie degli enti.

Il secondo orientamento, viceversa, nell’ipotesi in cui non sia stata sostenuta alcuna spesa nell’anno 2009, ovvero nel triennio 2007/2009, ritiene possibile consentire le assunzioni che si siano rese necessarie per far fronte ad un servizio essenziale per l’ente (cfr. Sez. reg. contr. Lombardia, delibera n. 29/2012/PAR, Sez. reg. contr. Puglia, delibera n. 149/2016/PAR). Questa nuova soglia di spesa, nella misura strettamente necessaria a far fronte ad esigenze eccezionali, costituirà, a sua volta, il parametro finanziario da prendere a riferimento per gli anni successivi. Vi sarebbe quindi la possibilità di individuare una nuova base di spesa, nei termini anzidetti, previa idonea motivazione in ordine alla sussistenza delle circostanze eccezionali e temporanee, nonché ai servizi indispensabili da garantire. Una simile ricostruzione risulta anche maggiormente in linea con la logica di sistema, orientata verso criteri premiali per i comuni più virtuosi.

Particolare attenzione, in questo contesto, meritano gli enti di minori dimensioni, che, per l’esiguità delle risorse umane a disposizione, risultano particolarmente esposti a contingenze di natura straordinaria e non prevedibile. Resta fermo, in ogni caso, l’imprescindibile rispetto dei presupposti di tipo “qualitativo” stabiliti dall’art. 36, commi 2 ss.D.Lgs. n. 165 del 2001 e dei vincoli generali previsti dall’ordinamento.

Per quanto riguarda la seconda questione rimessa, relativa alla possibilità, per l’ente, di procedere ad effettuare un’integrazione stipendiale in caso di ampliamento dell’orario di un lavoratore socialmente utile attualmente in servizio presso il comune con orario ridotto, è da ritenere che nella nozione di “spesa del personale” rientrino le spese sostenute per l’acquisizione di prestazioni lavorative, di varia specie ed a vario titolo, rese a favore dell’ente, e, pertanto, anche le spese riconducibili ai lavoratori socialmente utili. Con specifico riferimento ai limiti di spesa, tuttavia, il predetto comma 28 del D.L. n. 78 del 2010 ha espressamente assoggettato i contratti relativi a lavoratori socialmente utili, di pubblica utilità e a cantieri di lavoro, alle restrizioni ivi previste solamente per la quota di costo gravante sul bilancio dell’ente. Alla luce di queste considerazioni, la Sezione ritiene che la spesa sostenuta per l’incremento dell’orario di un lavoratore socialmente utile, ove a carico dell’ente e finalizzata a garantire funzioni o servizi di quest’ultimo, rientri pienamente nei limiti legislativi imposti dall’art. 9, comma 28, D.L. n. 78 del 2010, ove sostenuta per acquisire prestazioni da utilizzare nell’organizzazione delle funzioni e dei servizi dell’ente.

La soluzione prospettata, pertanto, ponendosi sulla scia di principi già richiamati dalla stessa Sezione delle autonomie, va quindi considerata in sede nomofilattica, secondo i dettami previsti dall’art. 6, comma 4, del sopravvenuto D.L. n. 174 del 2012.

In definitiva la Sezione delle autonomie della Corte dei conti, pronunciandosi sulla questione di massima posta dalla Sezione regionale di controllo per il Veneto con la deliberazione n. 357/2016/QMIG, enuncia i seguenti principi di diritto:

1. “Ai fini della determinazione del limite di spesa previsto dall’art. 9, comma 28, D.L. n. 78 del 2010 e s.m.i., l’ente locale che non abbia fatto ricorso alle tipologie contrattuali ivi contemplate né nel 2009, né nel triennio 2007-2009, può, con motivato provvedimento, individuare un nuovo parametro di riferimento, costituito dalla spesa strettamente necessaria per far fronte ad un servizio essenziale per l’ente. Resta fermo il rispetto dei presupposti stabiliti dall’art. 36, commi 2 ss.D.Lgs. n. 165 del 2001 e della normativa – anche contrattuale – ivi richiamata, nonché dei vincoli generali previsti dall’ordinamento”.

2. “La spesa per l’integrazione salariale dei lavoratori socialmente utili rientra nell’ambito delle limitazioni imposte dall’art. 9, comma 28, D.L. n. 78 del 2010, nei termini ivi previsti, ove sostenuta per acquisire prestazioni da utilizzare nell’organizzazione delle funzioni e dei servizi dell’ente”.

Art. 9, comma 28, D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (G.U. 31 maggio 2010, n. 125, S.O.)

Art. 36, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (G.U 9 maggio 2001, n. 106, S.O.)

Corte dei Conti, Sez. Autonomie, Delib., n. 1/SEZAUT/2017/QMIG

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto