tratto da le autonomie.it - a cura di Matteo Barbero

Quel pasticciaccio brutto delle addizionali Irpef

 

La riduzione da 4 a 3 degli scaglioni dell’Irpef non vincola Regioni e Comuni, che per tutto il 2024 potranno fare riferimento alle precedenti regole.

Lo ha sancito un accordo in Conferenza unificata, stabilendo che per il prossimo anno, ai soli fini delle addizionali comunale e regionale, si potrà mantenere l’articolazione sui 4 scaglioni attualmente in vigore.

Il tutto ha, in fondo, una sua coerenza, sia pure perversa, posto che il passaggio a 3 scaglioni è finanziato e coperto solo per un anno, poi si vedrà.

Ma, come ricorda Gianni Trovati su Il Sole 24ore nell’articolo Riforma Irpef, scaglioni ridotti ma calcoli moltiplicati dalle addizionali” la decisione assunta complica notevolmente i calcoli dei sostituti di imposta. Anche secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, una riforma fiscale a tempo “aumenta i costi sia di adempimenti sia amministrativi” e finisce per alimentare il rischio di “aumentare la complessità del sistema e peggiorare le criticità esistenti”.

Invero, un punto fermo della legislazione in materia dovrebbe essere rappresentato proprio dalla limitazione della facoltà degli enti territoriali di differenziare le aliquote dell’addizionale esclusivamente in relazione agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale. Tale limite mira proprio ad evitare che i singoli enti riformulino gli scaglioni per elementari ragioni di omogeneità, razionalità, semplicità applicativa, e per non aggravare la compliance dei contribuenti.

Il punto, però, ad avviso di chi scrive è un altro e riguarda la stortura ormai palese del sistema tributario degli enti locali, imperniato su un’imposta immobiliare (l’Imu) non manovrabile, parzialmente devoluta allo Stato e impropriamente utilizzata per alimentare la perequazione; e su una quota di imposta sui redditi che da sempre presenta rilevanti problemi anche in termini di capacità contributiva.

L’Imu dovrebbe essere riportata interamente ai comuni, sbloccando la leva fiscale e riformando il catasto. Mentre solo lo Stato dovrebbe tassare i redditi ed eventualmente attribuire agli enti territoriali una compartecipazione dinamica al relativo gettito, da distribuire anche in chiave di riequilibrio dei divari territoriali.

Invece, l’assetto attuale comporta inevitabilmente ad ogni minimo correttivo problemi applicativi che impongono soluzioni tampone francamente imbarazzanti, come quella sopra descritta. Con buona pace dei principi che la Costituzione definisce in materia.

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