tratto da ildirittoamministrativo.it
Interpretazione del provvedimento amministrativo nelle ipotesi dubbie.
Secondo il Consiglio di Stato in ipotesi dubbie deve essere privilegiata l’esegesi che, nel rispetto della latitudine semantica consentita dalla formulazione letterale dell’atto amministrativo, ne preservi la legittimità: milita in tal senso il principio generale di conservazione dei valori giuridici; inoltre, una tale interpretazione meglio si conforma con il principio speciale, proprio del diritto amministrativo, dell’economicità dell’azione amministrativa, di cui costituisce, per così dire, un riflesso ermeneutico.
L’interpretazione attribuita ad un atto amministrativo rientra nelle mere difese che, ai sensi del C.P.A., non scontano limiti né preclusioni, argomentandosi, a contrario, ex art. 104 C.P.A. . Peraltro, l’Amministrazione interessata a difendere la legittimità di un provvedimento può anche mutare, nel corso del giudizio, le proprie prospettazioni difensive, ove queste non integrino eccezioni in senso tecnico-giuridico. Le considerazioni in punto di mutatio libelli, infatti, attengono alla formulazione della domanda di giustizia, mentre l’Amministrazione interessata alla reiezione dell’istanza demolitoria svolta dal ricorrente può ottenere il proprio obiettivo processuale, ossia il rigetto dell’iniziativa giurisdizionale avanzata ex adverso, anche modificando le proprie (mere) difese, senza con ciò incorrere in preclusioni, limitazioni o divieti di nova.
Allorché, infatti, l’Amministrazione tende alla mera conferma dello status quo e non sollecita, quindi, la modificazione per via giudiziaria dell’assetto degli interessi delineato nel provvedimento, la modulazione delle (mere) difese in corso di causa non determina un mutamento dell’oggetto del giudizio, rappresentato dallo scrutinio dei vizi di illegittimità, come delineati nel ricorso.
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