23.05.2015 – Verbalizzazione e verbali delle sedute degli organi e degli organismi collegiali negli enti locali

Verbalizzazione e verbali delle sedute degli organi e degli organismi collegiali negli enti locali

di Riccardo Nobile

 

La materia di cui ci occupiamo oggi sulle pagine di questa Gazzetta può apparire prima facie ovvia e scontata. Ad un attento esame dei suoi contenuti, così non è. Innanzi tutto non è chiaro quale sia la differenza fra la verbalizzazione, il processo verbale, l’estratto del verbale e deliberazione. Ed ancóra, è evidente che fra verbalizzazione e documentazione e fra verbale e documento vi è una perfetta simmetria, il che deve indurre a trattare i termini che abbiamo introdotto in piena e sinergica sintonia. Il tutto non senza sottacere che la verbalizzazione è un’attività, mentre il verbale ne è il prodotto, così come pure il verbale è una rappresentazione di accadimenti lato sensu intesi, mentre la deliberazione è un atto di volontà, la quale può avere, a seconda dei casi, direzioni differenti, ma non irrelate e dunque atteggiarsi in una manifestazione di volontà, conoscenza o giudizio. A queste premesse si aggiunge che non è immediatamente evidente quali siano le conseguenze che il verbale genera sulla deliberazione, soprattutto quando il primo presenta degli elementi di irregolarità o comunque dei vizî.

Un buon modo per affrontare la problematica in questione è distinguere in via preliminare fra verbale-attività, verbale prodotto e deliberazione, rimarcando in via preliminare, che il cosiddetto “processo verbale” è entità parossistica che rileva solo per accrescimento, giacché il primo coincide nella forma e nella sostanza col secondo.

Cosa sia il verbale si ricava dalla sua natura giuridica di documento; cosa sia la verbalizzazione, dalla sua natura di attività preordinata alla produzione di un prodotto: il verbale, per l’appunto. Quale sia la caratterizzazione logico-funzionale del verbale deriva direttamente dal combinato disposto degli artt. 2699 e 2700 c.c.: il verbale è un documento dotato di una particolare e tutt’affatto specifica e peculiare forza rappresentativa, definita in funzione della sua provenienza e forza probatoria.

Il verbale è un atto giuridico, ed in quanto proveniente da una pubblica amministrazione, è un atto pubblico. Piú in dettaglio, il verbale è  un documento dotato di pubblica fede descrittivo di atti o fatti compiuti alla presenza di un soggetto verbalizzante appositamente incaricato piuttosto che da quest’ultimo. Vale a questo proposito quanto sancito dalle due norme appena richiamate, per la prima delle quali “l’atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, […] da [… un] pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo in cui l’atto è formato, mentre per la seconda“l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.

Dalla formulazione delle due disposizioni normative se ne evince la natura giuridica. Il verbale non è tanto la forma della verbalizzazione, che è altro, ma il contenuto certificativo che caratterizza il documento che in esso si sostanzia. Per contro, come già ricordato, la verbalizzazione è l’attività di documentazione che determina la produzione di un verbale. Quanto alla relazione fra verbale e connotazione dell’organo la cui attività è oggetto di verbalizzazione, il primo è l’atto con cui viene conferita forza rappresentativa operazioni compiute dagli organi collegiali, per le quali esso è previsto per principio generale, senza, peraltro, che in singole e circostanziate ipotesi, la sua predisposizione possa essere prevista anche per le attività degli organi monocratici.

Quanto agli elementi costitutivi del verbale, va qui rammemorato che essi sono il soggetto, l’oggetto, la forma e la sottoscrizione. Dire ciò significa rimarcare che esso darne conto quo ad existentiam.

Quanto al soggetto, valgono le seguenti annotazioni. In primo luogo, deve trattarsi di un dipendente pubblico a cui sia stato demandato il compito specifico di redigere il verbale (arg. ex  art. 2699 c.c.). In secondo luogo, le condizioni di capacità e di volontà del verbalizzante non rilevano ai fini della validità dell’atto predisposto proprio in quanto atti di certificazione. In terzo luogo, i verbalizzanti possono essere più di uno. Ed ancóra, in via generale, il verbalizzante è il Segretario Generale, ma l’estensore ben può essere un componente del collegio, cosí come pure possono essere previsti sostituti ed ausiliarî del Segretario generale, fermo che ad essi si applicano le disposizioni sull’incompatibilità  previste per i componenti del collegio.

Quanto all’oggetto, e dunque al suo contenuto necessario, i relativi elementi sono gli estremi della convocazione con menzione dell’ordine del giorno, il giorno, l’ora ed il luogo della riunione, l’appello nominale, la dettagliata presenza dei soggetti comunque presenti, degli assenti, giustificati e non, del presidente e del Segretario generale o di chi legittimamente lo sostituisce in forza di uno specifico titolo legittimante, la menzione degli allontanementi dall’aula, l’indicazione delle eventuali cause di astensione obbligatoria, l’inizio e la fine delle operazioni, le modalità con cui esse si sono svolte, i contenuti della proposta di deliberazione, i pareri espressi dai funzionarî, i termini essenziali della discussione, fermo che non è necessaria la descrizione minuta di tutti gli accadimenti occorsi, le opinioni e i giudizî espressi, l’eventuale sospensione e ripresa della seduta, la relazione del presidente o del relatore, gli eventuali emendamenti ed i termini della loro discussione e, in caso di votazione, i voti manifestati distinti in favorevoli, contrarî ed astenuti nonché degli eventuali non partecipanti al voto ancorché presenti, il suo esito nonché le relative modalità in forma palese o segreta e le modalità della seduta, se pubblica o in forma segreta.

In relazione al contenuto del verbale deve essere prestata particolare attenzione alle modalità della sua ostentazione e diffusione. Ciò deriva dalla circostanza che mentre la redazione del verbale deve essere completa ed esaustiva, la diffusione del suo contenuto deve tener conto della natura dei dati che in esso compaiono. È questo il tema del trattamento dei dati personali, giudiziarî, sensibili e supersensibili che vi comparissero menzionati, per i quali valgono le usuali regole che presiedono ai rapporti  fra pubblicità, trasparenza e privacy, valorizzando con dovizia il contemperamento fra opposti principi: conoscenza v.s. riservatezza (art. 2 Cost.), di cui va tenuto anche in relazione ai principî di trasparenza e privacy, entrambi a rilevanza costituzionale. A questo proposito, rilevano gli usuali criterî elaborati dalla giurisprudenza e dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali ai fini della predispozione degli atti della pubblica amministrazione: pertinenza, inerenza, proporzionalità e non eccedenza in relazione alla tipologia dei dati (personali, giudiziarî, sensibili e supersensibili), per i quali si rimanda alla sua deliberazione 15.5.2014, n. 243.

Quanto alla forma, è necessaria la forma scritta ad substantiam actus, con l’avvertenza che il contenuto del verbale deve essere permanente e riproducibile in ogni momento. Per contro, non è necessario che il verbalizzante proceda personalmente alla redazione dell’atto. Il tutto con l’avvertenza che la redazione del verbale dovrebbe essere contestuale in attuazione del principio di buon andamento e tempestività dell’azione amministrativa, anche se nella prassi essa avviene successivamente allo svolgimento dell’attività verbalizzata, durante la quale l’ufficiale verbalizzante si limita alla cosiddetta minutazione, che è utile anche per l’eventuale ricostruzione degli accadimenti omessi e per la sua ricostruzione ex post.

Quanto alla sottoscrizione, il verbale viene ad esistenza solo con la sottoscrizione dell’ufficiale verbalizzante o dei verbalizzanti e del presidente della seduta o di chi legittimamente lo sostituisce, con l’avvertenza che in caso di rifiuto alla sottoscrizione, coloro che lo sottoscrivono devono dare atto del rifiuto opposto dal dissenziente con indicazione delle eventuali ragioni addotte.

Infine, in relazione ai rapporti fra verbale e deliberazione, occorre tenere presente la loro differente natura giuridica, rammemorando che il primo è di atto di certificazione, mentre la seconda è atto di manifestazione di atto di volontà e dunque un vero e proprio provvedimento amministrativo. Talché i vizî del verbale si riverberano in vizî della deliberazione solo nel caso in cui vi sia coincidenza simmetrica, come accade nel caso della votazione, del mancato rispetto delle cause di astensione obbligatoria, della carenza di legittimazione dell’ufficiale verbalizzanteet ceteris paribus. In tutte le altre ipotesi, la deliberazione è salva e dunque produttiva degli effetti che ad essa sono proprî.

Specifiche regole valgono non solo per il verbale, ma anche per l’attività di verbalizzazione. Cosí, se la redazione del verbale è successiva allo svolgimento della seduta, allora occorre la lettura e l’approvazione del verbale nella prima seduta utile del collegio, con l’avvertenza che la formalità della lettura è omessa, salvo richiesta di un componente del collegio, sempre che sia stato precedentemente posto a disposizione di tutti i componenti. L’approvazione è intesa come semplice verifica: il componente dissenziente ha soltanto facoltà di far inserire  non nel, ma a verbale il suo motivato dissenso o il suo punto di vista o le ragioni delle  sue osservazioni. A questo proposito, non occorre che la composizione del collegio la cui attività è stata verbalizzata sia identica a quella che ne approva il verbale: l’approvazione va riferita al collegio inteso nel suo complesso e non  già ai suoi singoli componenti. L’approvazione del verbale è atto proprio del collegio la cui attività è stata verbalizzata, sicché non è possibile delegarla ad altro organo. Il tutto con l’avvertenza che la non corrispondenza al vero del verbale può essere attuata solo con l’azione di querela di falso (arg. ex art. 2700 c.c.).

 

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