23.02.2015 – #JobsAct Intervista a Taddei: lezione di giornalismo #propaganda

#JobsAct Intervista a Taddei: lezione di giornalismo #propaganda

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Il Sole 24 Ore del 22 febbraio sul Jobs Act fornisce una lezione insuperabile di come si conduce un’intervista falsa. Cioè, quel genere di informazione di propaganda nell’ambito della quale il cosiddetto intervistatore non approfondisce nulla con le domande, ma semplicemente porge graziosamente all’interlocutore spunti per magnificare idee ed iniziative dell’interlocutore stesso. Una falsa intervista, nella quale le domande vere e proprie sono pochine e nella quale il cosiddetto intervistatore a stento trattiene il “Bravo! Bene! Ancora, ancora!”.

Nella specie, l’intervistato (per così dire) è il responsabile economico del PD, Filippo Taddei.

Vediamo la ridda di domande. La prima non lascia scampo: “Nella versione finale delDlgs con le nuove norme sulle tutele crescenti è rimasta la disposizione sui licenziamenti collettivi…”. Come si nota, non è affatto una domanda, ma solo un assist. Infatti, la risposta esordisce con un “sì”, seguito da inevitabile esaltazione della scelta inevitabile ed equa.

La seconda interlocuzione è una vera e propria domanda, che rivela il compito dell’intervistatore: lavora legittimamente per Confindustria e altrettanto legittimamente pone la questione a Taddei: “Il restyling dell’articolo 18 varrà per i nuovi assunti. Non sarebbe stato meglio ricomprendere anche i “vecchi”?” Ma è solo un falso rimbrotto. Perché fornisce il destro a Taddei per sembrare davvero di sinistra: “L’esigenza del Governo è quella di recuperare l’occupazione. Non dimentichiamoci che dal 2008 a oggi sono stati persi oltre un milione di posti. Per questo motivo si è scelto di semplificare le norme per consentire ai disoccupati di rientrare nel mercato. Ma, subito Taddei spiega e rassicura: “A regime le nuove regole varranno per tutti i lavoratori. Per i disoccupati, da maggio, intanto cambierà il sussidio”. In effetti, col ritmo dei licenziamenti e dei cambi di lavoro, stimato nel 9-10% annuo, in 10 anni la riforma interesserà tutti. Basta aspettare.

A proposito del sussidio, ecco la terza interlocuzione dell’intervistatore: “Ma la durata fino a 24 mesi dell’assegno è garantita fino al2016…”. Segniamocela, perché è l’unica vera timida critica, pentita e penitente, al Jobs Act di tutta l’intervista. Infatti, a seguito di questa flebile critichino d’è il dilagare di Taddei: “Per ora la Naspi nel 20i7 è limitata ai 18 mesi, pari a 78 settimane. Abbiamo dovuto ridurre la tutela per via di stime eccessivamente conservatrici da parte del ministero dell’Economia sul tasso di disoccupazione atteso nei prossimi tre anni. Servono altri 2-300 milioni. Sono certo che nel 2017 il numero di disoccupati calerà e quindi troveremo le economie per uniformare la durata della Naspi a 24mesi. Se non succederà, l’Esecutivo ha già garantito che troverà comunque i fondi. L’obiettivo è rendere il nuovo sussidio strutturale, e in questo ci aiuterà la ripresa economica. Certo. E l’auspicio è che servirà anche a far ripartire l’occupazione… La scommessa è far decollare il contratto a tempo indeterminato, anche grazie ai forti incentivi messi nella legge di Stabilità. Oggi le nuove assunzioni stabili sono appena il 15% del totale, contro circa il 70% di attivazione di rapporti precari. Se riusciremo a far salire la prima percentuale, il Jobs act avrà raggiunto il suo scopo. Anche l’Ocse e le principali istituzioni internazionali danno valutazioni positive delle riforme fatte dal Governo Renzi, soprattutto sul fronte occupazionale”.

A seguito di questa dichiarazione, si potevano fare tantissime domande incisive, come ad esempio:

  • – ma se la Naspi è limitata a 18 mesi e sostituisce la mobilità, che arrivava anche a 36, come fate a dire che le tutele sono state estese?;

  • – scusi, ha parlato di stime troppo conservatrici del Mef; vi sono, dunque, contrasti tra voi e Padoan sulla riforma?

  • – in che misura le stime del Mef sarebbero troppo conservatrici?

  • – Se l’obiettivo è rendere il nuovo sussidio strutturale, vuol dire che attualmente non lo è. E’ questo il modo di costruire la tutela “dei lavoratori” invece che “del posto”?;

  • – Per rendere il sussidio strutturale ha detto che occorrerà la ripresa economica. Se va bene, secondo Ocse, nel 2015 il Pil crescerà dello 0,4%? Non è evidente che non basta?;

  • – Se raggiungete l’obiettivo di far aumentare i contratti a tempo determinato rispetto a quelli flessibili, ciò vuol dire che non c’è da aspettarsi alcun aumento dell’occupazione, ma solo la modifica delle tipologie contrattuali utilizzate?

Sì, si potevano fare davvero moltissime domande. Ma, non era luogo e sede. Dunque, l’intervistatore si produce in una considerazione: mostra di sapere, di aver capito e dà di gomito a Taddei: “Per questo avete varato, m prima lettura, il riordino delle tipologie contrattuali. A partire dai cocopro che spariranno, assieme all’associazione in partecipazione con apporto di lavoro e al job sharing…”. E naturalmente, anche dopo questa presunta domanda, parte la fanfara di Taddei: “La filosofia dell’intervento è questa. Basta vizi ideologici. La vera lotta alla precarietà si fa “pesando” i singoli contratti e non “contando” quanti sono. E così abbiamo prosciugato quella forma ibrida che è rappresentata dalla parasubordinazione. A partire dall’entrata in vigore del decreto non potranno essere attivati nuovi cocopro. Quelli già in essere potranno proseguire fino a scadenza. Dall’1 gennaio 2016 i rapporti di collaborazione personali con contenuto ripetitivo ed etero-organizzati dal datore anche su tempi e luogo di lavoro, quindi autonomi “fittizi”, saranno convertiti in lavoro subordinato. Si confermano le eccezioni regolate dai contratti collettivi, le collaborazioni prestate nell’esercizio di libere professioni, e per attività prestate in ambito sportivo o in organi di amministrazione e controllo di società, collegi e commissioni”.

Non vi pare che anche in questo caso si sarebbero potute rivolgere moltissime domande per cercare di capire meglio? Del tipo:

  • – cosa vuol dire i contratti si pesano e non si contano? Se vogliamo aumentare l’occupazione, i contratti non debbono aumentare di numero?

  • – Prosciugato la forma ibrida della parasubordinazione? Ma se consentite ai contratti collettivi di regolarla ancora, non vi pare che vi siate solo limitati a modificarne la fonte di disciplina?

  • – Per stabilite se i contratti autonomi sono “fittizi” quali strumenti avete pensato di usare?

Pensate, forse, che una sola di queste domande sia stata posta? Ovviamente, l’intervistatore non se l’è sognato nemmeno. Per consentire a Taddei di continuare nel monologo, sussurra: “E per le vere partite Iva?”. Così, Taddei può nuovamente dilagare, spiegando che un vero autonomo che disponga di un rapporto di lavoro aperto (ma che cosa vorrà dire?) godrà del trattamento di malattia e maternità, o la sospensione del rapporto. Pazienza che già con le collaborazioni a progetto sia così, ma non importa.

L’intervistatore prosegue con l’ennesimo assist per il comizio: “Ieri in Consiglio dei ministri la norma sulle collaborazioni ha fatto discutere. Che succede all’impresa che stabilizza un lavoratore autonomo?”. A parte che un’impresa che stabilizza un lavoratore autonomo rivela di aver condotto con esso solo un rapporto autonomo simulato, sicchè questa domanda forse non era il caso di porla, comunque Taddei non fa una piega e si lancia nuovamente a testa bassa nel peana: “Se lo fa entro dicembre 2015 avrà dei benefici. L’assunzione a tempo indeterminato, cioè, comporteràl’estinzione delle irregolarità contributive, assicurative e fiscali connesse all’eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro pregresso. Si fanno però salve le violazioni già accertate prima dell’assunzione. In altre parole, se c’è un accertamento degli ispettori del lavoro, si deve pagare la sanzione”. Ma va? Avrebbe considerato qualsiasi altro. Ma, non certamente nel corpo di un’intervista che deve incensare la riforma del lavoro.

Per cui, concluso il comizio sul lavoro autonomo, ecco partire la domanda che metterebbe in imbarazzo qualsiasi intervistato: “Sull’apprendistato si fa un primo passo verso il modello duale tedesco…”. Taddei deve aver perso salivazione, sudato freddo e sentito il cuore smettere di pulsare a questa domanda. Ma, per fortuna si è ripreso e ha spiegato che questa è effettivamente l’intenzione del Governo. Meno male.

Ma, l’intervistatore non è stato contento. E a costo di far rischiare a Taddei un infarto, lo incalza con la domanda delle domande, secca, terribile, imbarazzante, che inchioda l’intervistato alle sue responsabilità: “Sulle mansioni la norma è davvero innovativa…”. I collaboratori di Taddei chiamano il 118 e un’ambulanza gli presta soccorso, per aiutarlo a riprendersi. Per fortuna, anche in questo caso il professore riesce, a fatica, a riprendersi e risponde: “Vogliamo favorire le riorganizzazioni aziendali. Il punto fermo è il mantenimento dello stipendio base. Tranne le componenti accessorie. Se un lavoratore va spesso in Giappone e gode dell’indennità di trasferta, cambiando incarico perderà questo emolumento ma nulla più”. E meno male che ha risposto. Immaginiamo che tutti quelli che abitualmente vanno in Giappone in trasferta, ovviamente la grande maggioranza dei lavoratori, abbiano tratto un sospiro di sollievo, perderanno solo l’indennità di trasferta. Pazienza se con il demansionamento si riducono i valori dei premi di produzione e delle indennità connesse al livello retributivo. Tanto, chi è che produce? Vanno tutti in trasferta in Giappone, quindi il problema proprio non si pone. E, infatti, l’intervistatore non ci pensa proprio a provare a evidenziare che l’esempio pensato da Taddei non sia esattamente calzante.

Ma, può un’intervista del genere non concludersi con domande del tipo “quando andrete in tournee?” oppure “nonostante il successo che vi arride, rimanete coi piedi per terra, vero?”. E dunque, ecco la domanda inevitabile: “prossimi passi per l’attuazione del Jobs act sono il riordino della Cig e delle politiche attive?”. La legge 183/2014, cosiddetta appunto Jobs Act prevede esattamente quanto chiede l’intervistatore. Dunque, sorprendentemente, Taddei risponde: “sì”. Straordinario. L’intervista è riuscita ad estorcere a Taddei quello che tutti possono agevolmente già sapere, semplicemente leggendo quel che dice la legge. Grande giornalismo!

 

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