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Decorrenza del termine del procedimento disciplinare

R. Squeglia (www.ilpersonale.it 20/11/2015)

Con la pronuncia che si segnala, la sezione lavoro della S.C. di Cassazione ha offerto un ulteriore contributo all’interpretazione del complicato sistema di termini e relative decadenze con cui il d.Lgs. n. 150/2009 (c.d. Decreto “Brunetta”) ha – per certi versi integrando la precedente disciplina contrattuale, per altri innovando – cadenzato il procedimento disciplinare nel pubblico impiego.1

In particolare la Corte ha scrutinato il problema relativo all’interpretazione dell’art. 55 bis comma 4 del d.Lgs. n. 165/2001, come modificato sul punto dal d.Lgs. n. 150/2009, con specifico riferimento al terzo periodo dell’articolata disposizione, ove si legge che “Il termine per la contestazione dell’addebito decorre dalla data di ricezione degli atti trasmessi ai sensi del comma 3 ovvero dalla data nella quale l’ufficio ha altrimenti acquisito notizia dell’infrazione, mentre la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento resta comunque fissata alla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora.”

La S.C., nella pronuncia n. 20733 del 14 ottobre 2015, esamina il ricorso di un comune che censura la sentenza della Corte territoriale di annullamento di un licenziamento disciplinare intimato in danno di proprio dipendente, rilevando la tardività dell’adozione del provvedimento espulsivo, che sarebbe stato emesso, secondo i giudici del merito, oltre i termini di scadenza stabiliti dalla norma appena citata.

Nell’addentrarsi nella disamina della questione di diritto, su cui la Corte dà atto non risultare precedenti editi in sede di legittimità, ne delimita i contorni, chiarendo che essa consiste “…nello stabilire se la norma suddetta, là dove parla di prima acquisizione “anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora”, si riferisca all’acquisizione della notizia da parte d’un qualsiasi ufficio dell’amministrazione o soltanto da parte dell’ufficio per i procedimenti disciplinari e/o del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora”.

Nel proprio iter logico giuridico, il Collegio valorizza in primo luogo il dato letterale della disposizione in esame – che invero, nella sua oggettività, già pare di per sé idoneo ad offrire sufficienti spunti interpretativi – al fine di stabilire quale sia il termine iniziale del procedimento disciplinare.

In particolare, lo colloca in coincidenza col giorno della prima acquisizione della notizia da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora, ovvero nel giorno della ricezione della notizia da parte dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari, chiaramente nel caso in cui quest’ultimo sia coinvolto nella procedura. Da una di tali date, quindi, deve computarsi il termine – lungo o breve, a seconda dei casi – per la definizione del procedimento con l’adozione del provvedimento, restando quindi irrilevante la ricezione della notizia da parte di una qualsiasi delle altre articolazione dell’ente.

Sul punto la motivazione appare particolarmente perspicua: “…si ritiene di dover aderire alla seconda ipotesi ricostruttiva, vuoi perché il dato letterale richiama soltanto l’ufficio per i procedimenti disciplinari e il responsabile della struttura in cui il dipendente lavora, vuoi perché la scansione del procedimento stesso e la decadenza dall’azione disciplinare prevista come sanzione per il mancato rispetto del termine entro il quale l’iter deve concludersi richiede necessariamente un’individuazione certa ed oggettiva del dies a quo, impossibile ove si ritenesse di agganciarlo ad una qualsiasi notizia pervenuta a qualunque ufficio dell’amministrazione, magari anche priva di veste formale e di protocollazione. La contraria opinione, inoltre, collide con la ratio della fissazione d’un termine finale entro cui concludere il procedimento, che è quella di far sì che il dipendente non vi resti assoggettato per un tempo indefinito.”

Appare del tutto evidente che, al di là del dato letterale già di per sé convincente, la rilevanza giuridica affidata alla ricezione della notizia solo ed esclusivamente ove pervenga all’Ufficio Procedimenti Disciplinari ovvero alla struttura ove è incardinato il dipendente incolpato, appare convincentemente legata ad esigenze di certezza giuridica che sarebbe difficile assicurare ove si tenesse conto anche della ricezione della notizia da parte di un qualsivoglia ufficio dell’ente procedente. Ciò massimamene in amministrazione di dimensioni rilevanti, in cui la circolazione delle informazioni non sempre è assicurabile in tempi certi e celeri.

Particolarmente condivisibile è poi una ulteriore argomentazione, legata all’esigenza di assicurare simmetria tra le prerogative difensive del dipendente sottoposto a procedimento disciplinare, alla cui tutela è apprestato il complesso e rigoroso sistema di termini e decadenze, che esitano nella nullità del provvedimento quante volte la P.A. sia incorsa in violazione dei termini, ma anche di garantire all’ente il pieno esercizio della potestà disciplinare, attraverso l’effettiva conoscenza delle circostanze che ne impongono l’avvio. Ciò, ovviamente, non trascurando le giuste esigenze di celerità che devono contraddistinguere l’attività sanzionatoria dell’ente pubblico. Richiamando a fondamento di tale posizione l’art. 97 della Costituzione, la Corte conclude osservando che non “...va trascurato che il valore costituzionale di regole che assicurino il buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) risulterebbe vulnerato da un’interpretazione che lasciasse nel vago il dies a quo del procedimento, rimettendolo – in ipotesi – anche a notizie informali o comunque pervenute ad uffici periferici di amministrazioni di grandi dimensioni.”

1Sulla disciplina procedimentale e i termini del procedimento disciplinare nel pubblico impiego dopo il d.lgs. n. 150/2009 vedasi Squeglia “L’esercizio del potere disciplinare nella pubblica amministrazione dopo il d. lgs. 150/2009. Parte seconda: le norme procedurali”, in questa Rivista, 11 giugno 2010.

 

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