tratto da segretaridellazio.blogspot.it
Alla Corte costituzionale la legittimità della pubblicazione dei redditi dei dirigenti sul sito web dell’Amministrazione (Tar Lazio, ord., 19 settembre 2017, n. 9828)
Fece notizia qualche mese fa l’ordinanza cautelare del TAR Lazio che sospese l’obbligo di provvedere alla pubblicazione dei dati patrimoniali dei dirigenti di cui all’art. 14 comma 1, lett. c) ed f) del medesimo decreto legislativo anche per i titolari di incarichi dirigenziali. In quell’occasione il Tar del Lazio, occupandosi di un ricorso presentato da alcuni dirigenti del Garante per la protezione dei dati personali che si opponevano alla pubblicazione dei dati (Ord. n. 1030 del 2 marzo 2017).
Con quel provvedimento il Tar, nell’ambito della fase cautelare, ha ritenuto sussistenti i presupposti per la concessione della sospensiva, valutando come “consistenti” le “questioni di costituzionalità e di compatibilità con le norme di diritto comunitario sollevate in ricorso” e “irreparabile” il “danno paventato dai ricorrenti, discendente dalla pubblicazione online, anche temporanea, dei dati per cui è causa”.
Ora con ordinanza n. 9828 del 19 settembre 2017, il Tar Lazio, sez. I quater, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma ritenendo che “è rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1 bis e comma 1 ter, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, inseriti dall’art. 13, comma 1, lett. c), d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, nella parte in cui prevedono che le Pubbliche amministrazioni pubblichino i dati di cui all’art. 14, comma 1, lett. c) ed f) dello stesso decreto legislativo anche per i titolari di incarichi dirigenziali, per contrasto con gli artt. 117, comma 1, 3, 2 e 13 Cost.”.
Il Tar ha ritenuto, in altri termini, la questione non manifestamente infondata secondo il seguente iter motivazionale.
Ha premesso che i principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza costituiscono il canone complessivo che governa l’equilibrio del rapporto tra esigenza, privata, di protezione dei dati personali, ed esigenza, pubblica, di trasparenza.
Ha ritenuto, quanto alla equiparazione dei dirigenti pubblici con i titolari di incarichi politici, originari destinatari della prescrizione di cui all’art. 14, comma 1, d.lgs. n. 33 del 2013, che i rapporti e le responsabilità che correlano, da un lato, i titolari di incarichi politici, dall’altro, i dirigenti pubblici, allo Stato e, indi, ai cittadini, si collocano su piani non comunicanti, in un insieme che rende del tutto implausibile la loro riconduzione, agli esclusivi fini della trasparenza, nell’ambito di un identico regime.
La differenza di status tra le considerate categorie per genesi, struttura, funzioni esercitate e poteri statali di riferimento è talmente marcata da non richiedere, per la sua illustrazione, molte parole.
La comune soggezione dei titolari di incarichi politici e dei dirigenti a identici obblighi di pubblicità, stante la diversa durata temporale che, di norma, caratterizza lo svolgimento delle relative funzioni, sia particolarmente pervasiva per i secondi, esposti, ai sensi del comma 2 dell’art. 14 in esame, all’assoggettamento alla disciplina in contestazione per un periodo corrispondente all’intera durata del rapporto di lavoro, che si atteggia pertanto, nei loro confronti, diversamente che per i titolari di incarichi politici, alla stregua di una “condizione della vita”.
“Ha aggiunto, quanto alla legittimità della prescrizione imposta ai dirigenti di pubblicare i dati in contestazione, invece che, a tutela della proporzionalità della misura, una loro ragionata elaborazione, atta a scongiurare incontrovertibilmente la diffusione di dati sensibili o di dati, per un verso, superflui ai fini perseguiti dalla norma, per altro verso, suscettibili di interpretazioni distorte. La disposizione di cui trattasi comporta la divulgazione online di dati reddituali e patrimoniali relativi ai dirigenti, ai coniugi e ai parenti entro il secondo grado, ove essi acconsentano. E’ prevista anche, pel caso di mancato consenso del coniuge o del parente entro il secondo grado, la menzione dello stesso. I dati in parola, essendo desunti dalla dichiarazione dei redditi, si collocano a un livello di notevole dettaglio. Le caratteristiche di una siffatta pubblicazione la rendono indubbiamente foriera di usi da parte del pubblico che possono trasmodare dalla finalità della trasparenza, sino a giungere alla messa a rischio della sicurezza degli interessati”.
Il Tar ha infine escluso che la disposizione cointestata sia suscettibile di essere disapplicata per contrasto con normative comunitarie, posto che non è individuabile una disciplina self-executing di tale matrice direttamente applicabile alla fattispecie oggetto di giudizio.
In argomento si veda il precedente post Ulteriore comunicato ANAC: Chiarimenti per la pubblicazione degli emolumenti a carico della finanza pubblica percepiti dai dirigenti.
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