22/08/2016 – In attesa della riforma della dirigenza pubblica, la Corte dei Conti certifica la riduzione del numero dei segretari comunali ed il dimezzamento dei direttori generali

In attesa della riforma della dirigenza pubblica, la Corte dei Conti certifica la riduzione del numero dei segretari comunali ed il dimezzamento dei direttori generali

A. Scarsella (La Gazzetta degli Enti Locali 18/8/2016)

Il mese di agosto è un mese “caldo” per la dirigenza pubblica in generale e per i segretari comunali in particolare. Scade, infatti, il 28 agosto la delega contenuta nella Riforma Madia che prevede l’abolizione della figura del segretario comunale e la sua sostituzione con quella del dirigente apicale. L’art. 11, comma 1, lett. b), n. 4), della legge 124/2015 dispone che il legislatore delegato dovrà procedere all’abolizione della figura del segretario comunale e prevedere l’obbligo per tutti gli enti locali di nominare un dirigente apicale; per le città metropolitane e i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, la normativa delegata dovrà prevedere la facoltà di nominare, in alternativa al dirigente apicale,  un direttore generale, attribuendo in tal caso ad altro dirigente di ruolo la funzione di controllo della legalità dell’azione amministrativa. All’abolizione dei segretari comunali ed alla soppressione dell’albo dei segretari comunali e provinciali segue l’inserimento degli attuali segretari nel ruolo unico della dirigenza degli enti locali. Sistema della dirigenza che sarà tutto riformato mediante l’istituzione di un sistema articolato ruoli unificati e coordinati, accomunati da requisiti omogenei di accesso e da procedure analoghe di reclutamento, basati sul principio del merito e della formazione continua nonché su quello della piena mobilità tra i ruoli. La principale novità della riforma della dirigenza sarà che i dirigenti non saranno più dipendenti dell’Amministrazione presso la quale prestano servizio, bensì saranno legati da un rapporto a tempo indeterminato con la PA e da un rapporto a termine presso l’Amministrazione nella quale saranno chiamati a prestare servizio. 

Seppur con le grandi difficoltà connesse a tale riforma, sembra che il Governo eserciterà la delega entro il termine previsto, nonostante che sull’intero impianto della legge n. 124 del 2015, anche con riferimento ad alcune norme contenute nell’art. 11 di riforma della dirigenza pubblica, pende una questione di costituzionalità, sollevata in via principale dalla Regione Veneto con ricorso n. 94, depositato il 19.10.2015 avanti alla Corte costituzionale (pubblicato sulla G.U. 1a Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 50 del 16.12.2015). Il Consiglio di Stato con il parere relativo alla riforma della dirigenza sanitaria (Commissione Speciale n. 1113 del 5 maggio 2016) aveva segnalato al Governo che “sulla tenuta complessiva della riforma, anche per quanto attiene alla dirigenza sanitaria, influisce indubbiamente l’esito del giudizio di costituzionalità, di cui questa Commissione speciale non può non segnalare al Governo la pregiudizialità”. Il Governo ha ritenuto di non accogliere questo invito, che prudenzialmente avrebbe consigliato un rinvio nell’approvazione della riforma, approvando la scorsa settimana in via definitiva il decreto legislativo di riforma della disciplina di nomina dei dirigenti sanitari.

I dati contenuti nel Referto su “La spesa per il personale degli enti territoriali” riguardanti i segretari comunali ed i direttori generali

Nel referto su “La spesa per il personale degli enti territoriali”, approvato dalla Corte dei Conti con deliberazione della Sezione Autonomie n. 25 del 26 luglio 2016, si esamina anche l’andamento degli organici dei segretari comunali e la consistenza dei direttori generali nei comuni. In linea con la politica di contenimento della spesa di personale in relazione al settore considerato, anche per il triennio 2012-2014, l’analisi dei dati ha sottolineato come, in continuità con quanto già emerso nell’analisi effettuata in relazione al precedente periodo, sia proseguita l’azione di progressivo assottigliamento degli organici dei segretari comunali e dei direttori generali. Complessivamente, nel triennio 2012/2014 la consistenza numerica dei segretari comunali passa da 3.452 a 3.301 unità, con una flessione del 4,37%.

Quanto ai direttori generali, l’analisi dei dati fa emergere un trend di riduzione ancor più sensibile. La variazione percentuale nel triennio considerato si attesta a -50,22%, passando da n. 75 unità totali nel 2012 a n. 37 unità nel 2014.

La nuova figura del dirigente apicale prevista nella legge delega

Come accennato l’art. 11, comma 1, lett. b), n. 4), della legge 124/2015 dispone che il legislatore delegato dovrà procedere all’abolizione della figura del segretario comunale e prevedere l’obbligo per tutti gli enti locali di nominare un dirigente apicale; per le città metropolitane e i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, la normativa delegata dovrà prevedere la facoltà di nominare, in alternativa al dirigente apicale, un direttore generale, attribuendo in tal caso ad altro dirigente di ruolo la funzione di controllo della legalità dell’azione amministrativa. 

Il dirigente apicale è l’unica figura dirigenziale prevista come obbligatoria nella legge delega, che tenta di determinarne anche le funzioni. La norma prevede, infatti, l’obbligo per gli enti locali di nominare comunque un dirigente apicale e tipizza, soltanto per tale figura, le funzioni essenziali consistenti nell’attuazione dell’indirizzo politico, nel coordinamento dell’attività amministrativa e nel controllo della legalità dell’azione amministrativa. Dalla lettura della norma appare evidente che le funzioni precedentemente svolte dal segretario comunale siano ricomprese tra quelle del dirigente apicale, ma nell’ottica della creazione di un’unica figura di vertice amministrativo dell’ente, viene attribuita anche la funzione di attuazione dell’indirizzo politico, funzione tipica del direttore generale.

Chi potrà ricoprire l’incarico di dirigente apicale? La norma, contenuta nella legge delega, prevede una disciplina transitoria, in base alla quale in sede di prima applicazione e per un periodo non superiore a tre anni dall’entrata in vigore del decreto legislativo adottato in attuazione della delega, è previsto l’obbligo per i Comuni di conferire l’incarico di direzione apicale agli ex Segretari, confluiti nel ruolo unico della dirigenza locale. A regime il decreto delegato nulla prevede, per cui occorre fare riferimento alle norme generali in materia di conferimento degli incarichi dirigenziali. Il legislatore delegato all’art. 11, comma 1, lett. g), della L. 124/2015, dopo aver premesso la piena fungibilità dei ruoli, prevede che:

• siano definiti, per ciascun incarico dirigenziale, i requisiti necessari in termini di competenze ed esperienze professionali, tenendo conto della complessità, delle responsabilità organizzative e delle risorse umane e strumentali;

• gli incarichi siano conferiti a dirigenti di ruolo mediante procedura comparativa con avviso pubblico, sulla base di requisiti e criteri definiti dall’amministrazione in base ai criteri generali definiti dalle Commissioni di cui alla lettera b) dell’art. 11, comma 1, della legge n. 124/2015; 

• assumano rilevanza le attitudini e le competenze del singolo dirigente, i precedenti incarichi e la relativa valutazione, le specifiche competenze organizzative possedute, nonché le esperienze di direzione eventualmente maturate all’estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche, purché attinenti all’incarico da conferire;

• per gli incarichi relativi ad uffici di vertice e per gli incarichi corrispondenti ad uffici di livello dirigenziale generale preselezione di un numero predeterminato di candidati, in possesso dei requisiti richiesti, da parte delle Commissioni di cui alla lettera b), e successiva scelta da parte del soggetto nominante” (art. 11, comma 1, lett. g), della L. 124/2015).

La gestione degli incarichi secondo criteri di razionalità, efficienza e trasparenza, e nel rispetto dei principi direttivi contenuti nell’art. 11, comma 1, lett. a), della L. 124/2015 porta a prevedere, che sia creato, dal decreto legislativo di riforma, all’interno della dirigenza una divisione in base alle esperienze e competenze professionali. L’ANCI nel documento approvato dal Consiglio Nazionale dello scorso 21 gennaio sulla riforma della dirigenza pubblica sottolinea “la necessità che il ruolo unico debba essere articolato in aree professionali collegate anche alle fasce demografiche degli Enti (Area giuridico-ammìnistrativa; Area tecnica; Area economico finanziaria; Area socio-culturale), e che le modalità di reclutamento dei dirigenti del ruolo unico dovranno logicamente tenere conto di tale articolazione con aggiornamento periodico della composizione delle aree ai fini dei singoli procedimenti di nomina, in attuazione di quanto previsto dall’art. 11, comma 1, lettera g) della legge delega. I dirigenti apicali potranno appartenere ad una o più di tali Aree. L’articolazione del ruolo in aree consente di definire in modo “organizzato” anche i fabbisogni annuali di dirigenti da assumere. Individuare aree professionali consente, infatti, di rilevare il fabbisogno in modo quantitativo e qualitativo, e consente anche di gestire il corso concorso distinguendo prove e materie di insegnamento e valutazione differenziate”. 

Ciò posto, la scelta del dirigente apicale verrà fatta dopo un avviso predisposto dall’amministrazione comunale, sulla base di requisiti e criteri definiti dall’amministrazione stessa, in base ai criteri generali definiti dalla Commissione per la dirigenza locale. A seguito delle dichiarazioni di disponibilità da parte dei dirigenti il decreto legislativo dovrà chiarire se, trattandosi di incarico relativo ad ufficio di vertice, la Commissione per la dirigenza locale, effettuerà la preselezione di un numero predeterminato di candidati in possesso dei requisiti richiesti, tra i quali verrà effettuata la scelta da parte del “soggetto nominante” ovvero se il sindaco potrà scegliere il dirigente apicale senza alcun preventivo “filtro” della Commissione, come richiesto nel citato documento ANCI sulla riforma della dirigenza pubblica.

Nel sistema vigente la scelta del segretario compete al sindaco. La nomina ha durata corrispondente con il mandato amministrativo. Il sindaco neoeletto, non prima di sessanta giorni e non oltre centoventi giorni dalla data di insediamento, può nominare un nuovo segretario; decorso il termine di centoventi giorni dalla data di insediamento del Sindaco, senza che lo stesso abbia proceduto alla sostituzione del segretario, l’incarico in essere viene automaticamente confermato.

La legge delega, invece, prevede “che gli incarichi di funzione dirigenziale apicale cessano se non rinnovati entro novanta giorni dalla data di insediamento degli organi esecutivi”. Il sistema cambia per quel che riguarda non soltanto i termini, non più centoventi giorni dalla data di insediamento ma novanta, ma soprattutto per quel che riguarda la necessità di un provvedimento espresso di conferma del dirigente apicale. Mentre in precedenza il “silenzio” comportava la conferma del segretario, il legislatore delegato dovrà prevedere per il dirigente apicale la cessazione dell’incarico alla scadenza del mandato amministrativo in mancanza di provvedimento espresso di conferma. 

Altro aspetto che il decreto legislativo dovrà chiarire è quello riguardante la durata degli incarichi di funzione dirigenziale apicale. Infatti, per quel che riguarda gli incarichi dirigenziali, la legge delega prevede (art. 11, comma 1, lett. h), della L. n. 124/2015):

• un termine di durata degli incarichi di quattro anni, rinnovabili previa partecipazione alla procedura di avviso pubblico; 

• la facoltà di rinnovo degli incarichi per ulteriori due anni senza procedura selettiva per una sola volta, purché motivato e nei soli casi nei quali il dirigente abbia ottenuto una valutazione positiva;

• la possibilità di proroga dell’incarico dirigenziale in essere, per il periodo strettamente necessario al completamento delle procedure per il conferimento del nuovo incarico.

La citata previsione appare non conciliabile con la disciplina specifica dettata per il dirigente apicale, per il quale, come scritto in precedenza, si prevede la cessazione se non rinnovati entro novanta giorni dalla data di insediamento degli organi esecutivi. Deve ritenersi, per quel che riguarda la durata degli incarichi, che la disciplina introdotta per il dirigente apicale sia derogatoria rispetto a quella ordinaria. Pertanto, il legislatore delegato dovrà prevedere un termine di durata che sia coerente con la cessazione automatica e con la possibilità di rinnovo al momento dell’insediamento della nuova amministrazione. Ad avviso dello scrivente la disciplina non potrà che prevedere, al pari di quanto avviene oggi per il segretario comunale, che la nomina abbia durata corrispondente a quella del mandato amministrativo, pena l’assoluta precarietà di un incarico che, invece, per le competenze attribuite anche in termini di legittimità, impone un certo grado di “stabilità” per garantire al dirigente apicale la necessaria autonomia ed indipendenza.

La figura del direttore generale nella legge delega

Come accennato in precedenza, la l. 124/2015 sancisce che il legislatore delegato dovrà prevedere la possibilità, per le città metropolitane e i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, di nominare, in alternativa al dirigente apicale, un direttore generale ai sensi dell’articolo 108 del d.lgs. 267/2000 e prevedere, in tale ipotesi, l’affidamento della funzione di controllo della legalità dell’azione amministrativa ad un altro dirigente di ruolo.

La scelta del legislatore delegante, pertanto, è quella di prevedere per le città metropolitane e i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti e solo per tali enti locali la possibilità di nominare in alternativa al dirigente apicale il direttore generale. Le funzioni attribuire al direttore generale sono sostanzialmente quelle attribuite al dirigente apicale (al quale la legge delega ha previsto siano assegnati i compiti di attuazione dell’indirizzo politico), tranne quelle relative al controllo della legalità dell’azione amministrativa ed alla funzione rogante. L’incarico di direttore generale potrà essere conferito a soggetti non iscritti nel ruolo dei dirigenti degli enti locali, con contratto a tempo determinato. La scelta del direttore generale verrà effettuata presumibilmente all’esito di un avviso fatto dall’amministrazione comunale, sulla base di requisiti e criteri definiti dall’amministrazione stessa. Rimane da capire se anche per la nomina del direttore generale entrerà in campo la Commissione per la dirigenza locale. Il dubbio è dato dal fatto che il direttore generale può essere nominato al di fuori del ruolo dei dirigenti, ma comunque si tratta di incarico di vertice dell’amministrazione; per tali incarichi abbiamo visto in precedenza che la Commissione per la dirigenza locale sarà chiamata a svolgere la preselezione di un numero predeterminato di candidati in possesso dei requisiti richiesti, tra i quali viene effettuata la scelta da parte del “soggetto nominante”. Appare presumibile ipotizzare che rispetto a tali incarichi l’intervento della Commissione per la dirigenza locale non sarà previsto. La scelta di nominare un direttore generale o un dirigente apicale assume carattere organizzativo ed appare prevedibile che la scelta in merito all’opzione sarà attribuita alla competenza della giunta comunale. Per il soggetto competente alla nomina, anche se sulla base dell’attuale formulazione dell’art. 108 del d.lgs 267/2000, può presumersi che l’incarico sarà attribuito dal sindaco. La durata massima dell’incarico deve presumersi sarà quella del mandato amministrativo del sindaco.

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